Un valzer tra gli scaffali (Film, 2018)

Un piccolo film che se fosse letteratura avrebbe le dimensioni di un racconto, uno di quei racconti che tanto cerco (e difficilmente trovo), dove non accadono molte cose, in compenso scorre vibrante la vita, freme la poesia, rigurgitano i sentimenti. Per apprezzare Thomas Stuber e il suo lavoro di regia aiuta non poco aver amato Bergman, Antonioni, persino Ferreri, altrimenti si corre il rischio di restare insoddisfatti; ma il problema è nostro, non del film che resta un piccolo gioiello della cinematografia europea.

Un valzer tra gli scaffali parla di rinascita (amore) e morte, affronta la nuova vita di un ragazzo che è stato in galera per piccoli furti e cerca di redimersi facendo un lavoro onesto (ma le ricadute sono sempre in agguato). Al tempo stesso fotografa il lento declino di un vecchio operaio rimasto solo al mondo, che pare un uomo forte e solido ma nonostante le apparenze è l’anello più debole della catena. Thomas Stuber racconta una piccola storia d’amore che sboccia tra gli scaffali di un ipermercato, tra un ragazzo in cerca di futuro e una donna insoddisfatta del presente, trattata male dal marito – così si mormora – e affascinata dalla nuova esperienza sentimentale. Il regista impagina con delicatezza riti del quotidiano, turni di lavoro, sguardi rubati, gelide campagne tedesche, albe e tramonti invernali, vuote feste natalizie, tracce di passato e sentimenti, miscelandoli con sapienza in una storia dolce e amara, languida e delicata, a tratti senza speranza ma con ambizioni di resurrezione.

Un film intriso di contraddizioni, notturno, intenso, commovente, a suo modo romantico, scritto con pennellate nervose, abbozzando appena la psicologia dei personaggi, approfondendo solo quanto serve alla piccola storia. Un racconto in prima persona, che si fa amare e coinvolge, tra momenti di intensa commozione e sequenze di sconfortante immedesimazione nel vuoto delle vite che scorrono nella monotonia della routine. Tecnica sopraffina, montaggio lento come tradizione del cinema tedesco, fotografia notturna che scolpisce panorami nordici, riprese che vanno dal primissimo piano al piano sequenza con soggettive e carrelli avvolgenti. Da vedere e meditare.

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Regia: Thomas Stuber. Soggetto e Sceneggiatura. Thomas Stuber, Clemence Meyer. Fotografia: Peter Matjasko. Montaggio: kaja Inan. Scenografia: Maria Klingner. Costumi: Juliane Maier. Interpreti: Franz Rogowski (Christian), Sandra Hüller (Marion), Peter Kurth (Bruno), Henning Peker (Wolfgang), Sacha Natan (Johnny), Ramona Kunze-Libnow (Irina), Andreas Leupold (Rudi), Michael Specht (Robert), Mathias Brenner (Jurgen), Carlo Ceder (apprendista), Gerdy Zint. Durata: 122’. Genere: Drammatico. Paese di Origine: Germania. Titolo Originale: In den Gangen.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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