Cronache dai Palazzi

Continua la guerra di trincea tra i due azionisti della maggioranza. Frecciate reciproche che aumentano dopo l’espulsione del sottosegretario leghista Armando Siri. Un atto dovuto, come ha voluto spiegare il premier Giuseppe Conte: “Io sono il presidente del Consiglio – ha detto Conte in Cdm – dirigo la politica generale del governo e ne sono responsabile. Tocca a me mantenere l’unità di indirizzo politico. E ogni atto di un membro del governo è compiuto anche in mio nome e deve essere condiviso. Per questo la decisione che vi propongo, revocare il sottosegretario Siri è una mia scelta. E quello che vi chiedo oggi è di confermare la vostra fiducia a me”, ha chiosato Conte.

Un governo quindi che va avanti e, nonostante la burrasca su diversi fronti, gli azionisti di maggioranza sembrano voler strutturare un tavolo delle buone intenzioni concentrando l’attenzione sullo “sviluppo” del Paese, al di là del risultato delle Europee del 26 maggio e lontani da una logica di poltrone. Sarebbero due i progetti chiave, uno caro ai pentastellati, ossia il salario minimo, e l’altro caro ai leghisti, ossia la flat tax. “Ho detto anche in Cdm che bisogna convocare subito un vertice su salario minimo e flat tax, e chi le propone porta anche le coperture”, ha dichiarato Di Maio specificando: “Il mio obiettivo è non aumentare Iva e abbassare le tasse agli italiani. Lotta all’evasione seria e spending review”. Ed inoltre: “Sono contento, abbiamo ribadito la fiducia politica a Conte, c’è la volontà di andare avanti per quattro anni”. Il premier Conte ha a sua volta definito la discussione del Cdm “non banale e molto franca, un passaggio politico e non meramente burocratico”.

Il vicepremier leghista ha comunque sottolineato che “i processi si fanno in tribunale, ci sono 60 milioni di presunti innocenti fino a prova contraria”, ha affermato Salvini prendendo però atto del fatto che “l’Italia ha bisogno di un governo”, ma anche puntualizzando che tra i Cinquestelle ci sono indagati che sono ancora al loro posto. Per quanto riguarda il voto del 26 maggio, “le Europee sono importanti per salvare l’Europa ed evitare muoia di fanatismo e disoccupazione”, ha affermato Matteo Salvini. “A me interessano per cambiare l’Europa, non per gli equilibri interni: per me non cambierà nulla, se tutti mantengono la parola data si va avanti”, ha dichiarato il leader della Lega. Mentre per i pentastellati “l’esecutivo è lo specchio dell’esito delle Politiche e un voto per un altro Parlamento non può cambiare gli assetti”. Quindi, comunque vada domenica 26 maggio, non si prevede alcun rimpasto di governo e, a detta dei pentastellati, questa “è una posizione ribadita più volte anche dalla Lega”.

“Si deve voltare pagina”, ha affermato Di Maio, ancor di più dopo la vicenda Siri. Occorre “tornare a riformare il Paese insieme, ce lo chiedono gli italiani che sono stanchi dei nostri continui battibecchi”, sembra aver ammesso Di Maio. E poi, in verità l’espulsione del sottosegretario leghista “non era una battaglia dei Cinque Stelle, ma un passo di trasparenza di tutto il governo”, ha puntualizzato il leader pentastellato. Ed ancora: “Chi fa parte di un governo ha il dovere di lavorare esclusivamente nell’interesse della collettività”, quasi a voler dichiarare “il dovere della tregua”, come lo definiscono i vertici di Palazzo Chigi. “Dobbiamo pensare all’economia, a far ripartire subito le nostre imprese. Raggiungiamo certi obiettivi se il governo lavora compatto”, sembra affermare il vicepremier pentastellato. E quindi export e investimenti, ad esempio. Occorre pensare ai “numeri”, in quanto “abbiamo una responsabilità di fronte agli italiani”, ha ribadito Di Maio. L’intenzione è quella di strutturare un tavolo delle priorità insieme alla Lega, anche se il dialogo tra i due fronti della maggioranza non è liscio come l’olio.

“Il lavoro è un’emergenza nazionale”, controbatte il vicepremier leghista in campagna elettorale nelle Marche. Nel frattempo si aspetta che il decreto Sblocca  cantieri approdi in Senato la prossima settimana, all’intermo del quale la Lega ha emendato il rifinanziamento alle Province, e poi la Tav (da annoverare tra le opere “da fare”) alla quale i Cinquestelle sono storicamente ostili. I pentastellati sembrano inoltre aver riproposto l’operazione Salva Roma ampiamente contestata dagli alleati leghisti in un furioso Cdm.

Salvini ha a sua volta sottolineato di voler “partire come un treno” già dalla settimana prossima, “su tutti i nostri temi”, ha ribadito il capo del Carroccio, “a partire dalla flat tax”. “Vedremo se vogliono abbassare le tasse come raccontano”, è il messaggio rivolto agli alleati pentastellati. All’interno degli ambienti leghisti si parla di  “cronoprogramma minato” ossia una serie di provvedimenti che esigono di essere realizzati, come il programma delle opere pubbliche e varie riforme, come la riforma della giustizia penale, e ovviamente la rinomata flat tax. In lista c’è anche un provvedimento antimafia denominato “spazza clan” nel decreto sicurezza (atto secondo), un altro sulla sicurezza urbana e, come è noto, l’autonomia regionale della quale la ministra degli Affari Regionali, Erika Stefani, ha discusso con il premier Conte, per ora però senza raggiungere un’intesa.

In questa turbinosa fase pre-elezioni il rischio più pericoloso  è “non trasmettere il senso di quello che stiamo facendo”, ha affermato Matteo Salvini. “Abbiamo esagerato tutti”, ha invece ammesso la ministra pentastellata Giulia Grillo ospite di #Corrierelive. A proposito della vicenda Siri la ministra della Salute ha comunque sottolineato la “capacità di mediazione e di ascolto” dimostrata in Cdm, al di là di “uno stato di tensione fisiologico”. Per quanto riguarda l’autonomia differenziata Grillo ha poi specificato: “Da tre mesi stiamo discutendo sulle condizioni con cui attuare questo progetto. Quello che non si dice mai è che abbiamo fatto un grande lavoro per trovare una mediazione”. Nello specifico, per una autonomia sulla farmaceutica, richiesta ad esempio dalla Regione Veneto, la ministra Grillo risponde: “No, la frammentazione delle competenze aumenterebbe, a mio parere, la diseguaglianza tra i cittadini, già presente”. Ad esempio, “per cercare di salvare la Calabria da uno scivolone spaventoso – ha affermato Grillo – è stato necessario un decreto ad hoc prevedendo superpoteri per il commissario”. La ministra ha inoltre preannunciato che “potrebbero entrare nella rimborsabilità classi di medicinali ora esclusi”.

Montecitorio ha infine approvato con 310 voti favorevoli – ossia senza la maggioranza assoluta che sarà necessaria alla terza e alla quarta lettura – il testo costituzionale che riduce di un terzo il numero dei parlamentari (i deputati passerebbero da 630 a 400, i senatori da 315 a 200, i parlamentari eletti all’estero da 18 a 12 e i senatori a vita di nomina presidenziale potranno essere massimo 5). Trattandosi di seconda lettura conforme, il testo non è più emendabile.

Una riforma voluta dai grillini – per i quali trattasi di riforma che potrebbe far risparmiare allo Stato circa 500 milioni – ma pienamente condivisa dai colleghi leghisti, tantoché Roberto Calderoli ne ha anche rivendicato la paternità. Il testo tornerà a Palazzo Madama e poi di nuovo alla Camera per gli ultimi due passaggi (presumibilmente a cavallo dell’estate). Nella terza e quarta lettura sarà necessaria la maggioranza assoluta, rispettivamente di 161 senatori e 316 deputati.

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