Desmond Tutu, l’altra metà di Madiba
L’Arcivescovo anglicano ha partecipato a tutte le lotte contro l’apartheid in Sudafrica, militante della non-violenza, premio Nobel per la Pace come Nelson Mandela, è stato lui a presiedere la Commissione per la verità e la riconciliazione: Desmond Tutu è l’altra grande voce nella lotta alla segregazione razziale.
Monsignor Desmond Tutu, 82 anni, alto prelato della Chiesa Anglicana, è nato vicino a Johannesburg da un padre nero cresciuto dai missionari, diventato maestro, poi direttore di una scuola metodista, e da una madre donna delle pulizie. Il giovane Desmond sogna di diventare medico, ma la sua modesta borsa non gli permette di andare lontano nei suoi studi. Si sposa nel 1955 con Leah, con la quale avrà tre figli ed entra in seminario dove verrà ordinato prete anglicano nel 1961 a 30 anni. Desmond Tutu riesce ad entrare a Fort Hare, la sola università di qualità per i neri del Sudafrica e dell’Africa australe, vivaio per i futuri leader neri. Completa la sua formazione in teologia al King’s College di Londra, dove scopre un Mondo senza discriminazioni razziali. Per lui è una vera rivelazione. Torna nel suo Paese dove diventa, nel 1975, il primo nero ad occupare un posto di decano nella Diocesi di Johannesburg. Ma con la sua famiglia, sceglie di vivere nel poverissimo quartiere di Soweto, dove scoppiano nel 1976 scontri violenti e sanguinari. Soweto si ribella alla legge segregazionista che limita l’insegnamento del bantu e contro l’uso dell’afrikaans, la lingua dell’oppressore. Per Nelson Mandela come per l’uomo di Chiesa, è l’inizio della guerra contro il sistema dell’apartheid, che Desmond Tutu definisce un “male pernicioso”, un’”invenzione diabolica”, il “sistema più deleterio dai tempi del nazismo”. E’ a capo del Consiglio delle Chiese sudafricane (SACC), uno dei rari organismi dove possono esprimersi i neri, che Desmond Tutu da prova della sua tenacia. Le Chiese nere e una parte delle Chiese bianche vengono coinvolte nella lotta contro il sistema segregazionista e Tutu diventa il loro portavoce. E’ qui che acquista la sua fama internazionale. E’ lui ad officiare i funerali di Steve Biko, il leader Nero assassinato nel 1977. Aderisce alla “black theology” (lotta per i marginalizzati e le ingiustizie razziali nei confronti dei neri in America e Sudafrica, mescolando Fede, diritti civili e movimenti di Black Power) e si appassiona per la teologia della liberazione cattolica arrivata dall’America Latina.
I sermoni di questo uomo di Chiesa, che non fa distinzioni fra Vangelo e lotta politica, attirano folle immense. “Niente ci impedirà di diventare liberi, né le pallottole della polizia, né i cani, né i gas lacrimogeni, né la morte” scandisce in tutte le Chiese del Paese. ” Nulla ci ferma perché Dio è con Noi”. Desmond Tutu guida le manifestazioni contro l’apartheid, organizza campagne di boicottaggio (del carbone), sostiene la lotta per avere scuole comuni, milita contro le politiche di esproprio dei Neri spogliati di tutte le loro terre. I suoi viaggi all’estero, in contesti religioso e politici, sono tante piccole scalfitture portate al Governo dei Bianchi del suo Paese. Attacca Ronald Reagan che rifiuta di porre sanzioni economiche contro il Sudafrica. Ma la sua lotta non è mai violenta. Denuncia sia l’apartheid che lo spirito di vendetta che monta tra la popolazione nera. In questi anni di battaglia pacifica, viene costantemente intimidito con annunci di un potenziale arresto, riceve ogni giorno minacce di morte, lettere di insulti, telefonate oscene. Nel 1984, Monsignore Tutu riceve il premio Nobel per la Pace. Due anni dopo viene eletto Arcivescovo del Capo, primo Nero ad occupare questo posto, il più elevato nella gerarchia Anglicana. La liberazione di Nelson Mandela, nel 1993, apre una nuova pagina che scriverà insieme a Desmond Tutu. L’Arcivescovo presiede, dal 1995, la Commissione per la verità e la riconciliazione. Tre anni di inchieste, 20mila audizioni, 5mila richieste di amnistia: il suo rapporto diventa la pietra miliare della democratizzazione in Sudafrica. Desmond Tutu predica la legge del perdono: “aprendo le ferite per pulirle, impediremo di farle infettare. La vera riconciliazione non è mai a buon mercato, perché si basa sul perdono che costa molto.”
Il suo lavoro prosegue incessante. Rinuncia alla sua carica di Arcivescovo del Capo, ma continua la sua guerra contro la corruzione politica e la vendita di armi nel suo Paese. Alle elezioni del 2009, prende le distanze da Jacob Zuma per protestare contro le derive dell’African National Congress (ANC) al potere. Sul piano internazionale, è presente in tutte le lotte per la giustizia e i Diritti Umani. Stigmatizza il regime dittatoriale di Robert Mugabe nel vicino Zimbabwe, protesta contro la politica di Israele nei confronti dei Palestinesi, denuncia la guerra di George Bush in Irak, sostiene il Dalai Lama, altro premio Nobel per la Pace, nella sua lotta contro la Cina, preside il “Consiglio di Anziani” (elders) creato da Nelson Mandela, e che vede riuniti, tra gli altri, Jimmy Carter, Kofi Annan e Mohammad Yanus (bengalese,“padre” del microcredito e premio Nobel per la Pace).
Questa grande personalità dell’anglicanesimo è presente in tutte le assemblee interreligiose del Mondo. Nonostante abbia annunciato il suo ritiro dalla vita pubblica nel 2010, Desmond Tutu, sempre pronto alla battuta, è radicato nei cuori dei sudafricani. Lo scorso 6 Dicembre, ha recitato una toccante preghiera in onore del suo amico Mandela, chiedendo a tutti di non crogiolarsi nelle lacrime: “Perché sì, è meraviglioso, ci è permesso di rendere grazia a Dio, per colui che fu a lungo tempo denigrato, questo terrorista. Grazie mio Dio di averci regalato Madiba, grazie per averci fatto capire ciò che potevamo diventare. Aiutaci a diventare quel tipo di nazione”. Le lotte di Mandela sono state e sono quelle di Tutu. Mandela se n’è andato, la sua eredità politica è rosa da guerre intestine all’ANC sempre più corrotto, ma la voce di Desmond Tutu è ancora forte per far cadere le ultime barriere mentali che ostacolano la strada verso una Democrazia reale e funzionante. L’ultimo “regalo” che Tutu vuol fare a Madiba.
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