Cronache dai Palazzi
A pochi giorni dal voto europeo (domenica 26 maggio) lo spread torna ai massimi dopo 5 mesi. Spread che anche il presidente della Repubblica monitora attentamente, tanto quanto le parole e gli interventi dei diversi esponenti della maggioranza.
Il premier Conte, invece, è intervenuto da Frascati da dove è partito il Giro d’Italia, tentando di dare una spiegazione ai fatti: “C’è evidentemente qualche segnale di agitazione che ricollego alla campagna elettorale: tutti i partiti stanno rimarcando il loro spazio politico per raggiungere dei successi ma confido che tutto verrà ricondotto nei binari il giorno dopo le elezioni”, ha dichiarato il presidente del Consiglio. Cercando di quietare gli animi Conte ha aggiunto: “Ai mercati, agli investitori e alle istituzioni finanziarie dico che non c’è nulla di cui preoccuparsi, e che il governo terrà i conti in ordine”; anche se, con i piedi per terra, Conte ha ammesso che “evitare il rincaro dell’Iva non sarà facile”. In questo contesto sono circa 23 i miliardi che l’esecutivo dovrebbe reperire in previsione della prossima manovra finanziaria, per evitare appunto l’aumento dell’imposta sui consumi che altrimenti verrebbe rincarata automaticamente. Nel frattempo, mentre Matteo Salvini afferma che “l’Iva non aumenterà nemmeno di un centesimo”, Giuseppe Conte ci tiene a precisare di “non aver mai messo in discussione il fatto che eviteremo gli aumenti”.
A proposito di spread, per Giovanni Tria “il nervosismo dei mercati è ingiustificato, ma comprensibile alla vigilia di queste importanti elezioni. Gli obiettivi di finanza pubblica sono quelli proposti dal governo e approvati dal Parlamento. Il governo è al lavoro perché questi obiettivi siano raggiunti nel quadro di una politica di sostegno a crescita e occupazione”.
Luigi Di Maio ridimensiona le preoccupazioni per un eventuale aumento della differenza di rendimento tra titoli italiani e tedeschi, in pratica lo spread troppo elevato, e espone il suo programma rimarcando la distanza dagli alleati, come vuole un clima da campagna elettorale. “Ci sono fribrillazioni per lo spread e per le dichiarazioni di Salvini, ma io voglio far aumentare il salario degli italiani, non lo spread e mi aspetto una risposta dalla Lega”, ha affermato il leader pentastellato per il quale occorre comunque “andare avanti ed essere collaborativi”.
“L’Iva non aumenta e non sono preoccupato per lo spread”, ha affermato a sua volta Matteo Salvini tenendo testa all’alleato di governo ma, nel contempo, rimarcando il proprio spazio politico. A proposito di occupazione “se per ridare lavoro agli italiani bisogna ridiscutere dei vincoli europei che non funzionano, è mio dovere farlo”, ha chiarito il leader della Lega, non temendo docce fredde sui conti pubblici a causa dello spread. Con lo sguardo rivolto all’Europa in vista del voto, Matteo Salvini definisce inoltre la sua visione di società, anche europea: “Il diritto alla vita, al lavoro e alla salute vengono prima di tutto e alcune regole europee vanno riviste. Con tutto il rispetto per lo spread viene prima il lavoro”, ha dichiarato il ministro dell’Interno. Il collega leghista Giorgetti, nonché sottosegretario di Stato a Palazzo Chigi, auspica a sua volta che “le vicende politiche italiane non siano condizionate dallo spread, che finisca la campagna elettorale e che le cose diventino più chiare per tutti”.
Il presidente di Confindustria raccomanda la dovuta accortezza “con il linguaggio”, in quanto “a volte solo il linguaggio aumenta lo spread” e auspica un “piano a medio termine per la riduzione del debito”. Dai sindacati, Annamaria Furlan della Cisl reclama “più serietà”.
Da Londra, dove è andato anche per rassicurare gli investitori, il direttore del Tesoro Alessandro Rivera ha a sua volta affermato che la recessione si può considerare alle spalle, e che il governo italiano sta lavorando ad una revisione del sistema fiscale. Per Rivera la Commissione Ue non sottoporrà l’Italia ad alcuna procedura d’infrazione a proposito di debito pubblico. Il Tesoro rileva inoltre un rafforzamento della quota di finanziatori del debito dall’estero, quota che nel 2018 era invece in discesa. Il quadro politico italiano ha comunque bisogno di sicurezza soprattutto per mettere mano al bilancio in autunno, e il voto europeo di domenica 26 maggio potrebbe esercitare un certo peso sulla situazione interna anche se gli azionisti della maggioranza scongiurano ogni genere di spaccatura.
Dal ministero dello Sviluppo economico preannunciano una svolta per l’Italia, sia per quanto riguarda l’aumento della spesa corrente sia per il taglio delle tasse e gli investimenti previsti. “C’è una leggera tensione, ma niente a che fare con episodi precedenti ai quali abbiamo assistito in Europa in passato”, ha affermato il sottosegretario allo Sviluppo economico delegato ai Rapporti internazionali, Michele Geraci (Lega). Molto è dovuto alla “dialettica della politica tipica di questa fase” preelettorale. A proposito delle parole del vicepremier Matteo Salvini per il superamento del limite europeo del disavanzo “dipende com’è composto il deficit” , ha dichiarato Geraci, spiegando che “se si fa per sostenere il potenziale di crescita con investimenti e tagli di tasse, il mercato si tranquillizzerà quando capirà”. In sostanza per il sottosegretario “un aumento di deficit ben distribuito non è negativo per la crescita. Si tratta di chiarirne la natura, se sono investimenti produttivi o spesa corrente”. Il vincolo del 3% di Pil non sembra essere vincolante per la Lega. “Se si guarda alla Francia o ad altri Paesi che non lo rispettano, evidentemente non lo è. Questo non significa che noi faremo altrettanto”, chiosa Geraci.
Nella pratica gli alleati sembrano lanciarsi innumerevoli frecciate vicendevoli ma in verità potrebbero essere impegnati nei preparativi di una trattativa preventiva per evitare il peggio. Nel frattempo il premier Conte auspica tagli alle spese inutili e preannuncia “una fase di rilancio”. Posizioni e parole spesso in conflitto inasprite da un clima preelettorale piuttosto acceso. I due vicepremier, inoltre, sono impegnati attivamente in questa campagna elettorale e, nel contempo, sono comunque due esponenti chiave dell’esecutivo, ciò che rappresenta un dettaglio non irrilevante.
È un dato di fatto che dopo la vicenda Siri tra i due azionisti della maggioranza sono aumentati i silenzi e gli attacchi, puntualmente smentiti e addebitati al clima da campagna elettorale. Liti tra M5S e Lega che però il premier Conte non smentisce bensì attribuisce a tali battibecchi un eventuale aumento dello spread schizzato a 290 punti. Il sottosegretario leghista a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, di fronte alle telecamere di Porta a Porta ha definito tale tasso di litigiosità “insostenibile”.
Lunedì della prossima settimana si prevede un Cdm alquanto denso di argomenti e soprattutto ci si dovrà parlare. I motivi di scontro tra Cinque Stelle e Lega sono diversi. Il decreto sicurezza, a proposito del quale Salvini afferma che dubbi non ce ne sono: “Il decreto Sicurezza bis è pronto, lunedì va in Consiglio”. Il decreto prevede inoltre sanzioni “da 20 a 50 mila euro” per le imbarcazioni che non dovessero rispettare le istruzioni dell’autorità dell’area in cui avviene il soccorso. Le autonomie regionali per le quali la ministra degli Affari Regionali, Erika Stefani, sembra si appresti “a portare in Consiglio una bozza di intesa”, ovviamente “affinché la si approvi”, anche se sembra improbabile prima delle Europee. Ed ancora la riforma della giustizia: i leghisti sembrano ritenere “manettara se non forcaiola” la bozza stellata, e Salvini rincara la dose affermando che “non si può certo pensare di diminuire i tempi dei processi, togliendone pezzi e margini di garanzia”.
Cinquestelle e Lega non sembrano avere lo stesso ordine delle priorità: “Abbiamo il dl crescita, lo Sbloccacantieri – ha affermato il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (M5S) – dopo le elezioni valuteremo con serenità, e stando attenti a tutti i livelli del diritto, anche il Sicurezza bis”. Palazzo Chigi intravede poi “criticità del testo” e Salvini apre ad eventuali modifiche. C’è anche la questione delle Province sulla quale Lega e Cinque Stelle hanno ampiamente dibattuto. il Carroccio – oltre a sostenere tav e flat tax – vorrebbe attribuire poteri e fondi ai territori (Province) al contrario dei pentastellati, che invece caldeggiano le misure a sostegno della famiglia, il conflitto di interessi e il salario minimo.
In definitiva del voto europeo “bisognerà tener conto”, come prevedono i vertici di Palazzo Chigi, quindi le decisioni dell’esecutivo giallo-verde per ora sembrano congelate.
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