Cronache dai Palazzi

Dopo un’ardua e conflittuale campagna elettorale i due vicepremier Salvini e Di Maio ripartono dal decreto Sblocca cantieri, a proposito del quale i Cinque Stelle ammettono più spazi per quanto riguarda le concessioni. Il decreto è stato approvato in prima lettura al Senato e ora passerà a Montecitorio dove dovrà essere convertito con un voto di fiducia entro il 16 giugno. Il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone, nella sua relazione annuale ha additato in particolare l’abbassamento della soglia (150 mila euro) sotto la quale le procedure di appalto risultano semplificate in quanto sarebbero sufficienti tre preventivi per la gara. Per l’anticorruzione si incrementerebbe “il rischio di scelte arbitrarie, se non di fatti corruttivi”. Per di più nel 2018 le interdittive antimafia emesse dalle prefetture per le aziende che sarebbero a rischio infiltrazione criminalità “segnano un più 56,5% rispetto all’anno precedente”.

Di fatto i due vicepremier difendono una manovra in deficit trascurando le conseguenze del debito pubblico e in sostanza sfidando le istituzioni di Bruxelles. L’Italia ha di fronte interlocutori che tengono “la porta aperta” ha assicurato il commissario europeo Pierre Moscovici ma, nel contempo, non hanno alcuna intenzione di concedere più spazi in materia di conti pubblici. Il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha inoltre ricordato che la spesa per interessi è “salita a 65 miliardi nel 2018” e che la quota del debito a carico di ogni italiano è “38.400 euro”. Per di più “il deficit aumenta” e la “crescita rallenta” e si avverte quindi “la necessità di correggere questa posizione di bilancio”.

Il governo M5S-Lega intende comunque rassicurare l’Ue per quanto riguarda il risanamento del bilancio. “Non è all’orizzonte una manovra correttiva. Dal monitoraggio dei conti pubblici, effettuato costantemente, emerge come si sta operando una sorta di autocorrezione naturale. Lo spiegheremo bene a Bruxelles, l’obiettivo programmato lo stiamo raggiungendo”, ha dichiarato il premier Conte.

Anche se “le condizioni attuali non sono paragonabili a quelle che avevamo sette anni fa”, ha dichiarato a sua volta il presidente Mario Draghi da Vilnius, “certamente dobbiamo essere preparati” nell’eventualità si presentino possibili eventi avversi. L’espressione che ha contraddistinto l’intervento di Mario Draghi a Vilnius è stata “adverse contingences”, ossia “eventualità negative”.

“Le incertezze geopolitiche, la crescente minaccia del protezionismo e le vulnerabilità dei mercati emergenti” mettono a dura prova l’intera zona condizionandone la crescita. Nel caso in cui sia necessario la Bce “è pronta ad agire e tutti gli strumenti sono nella cassetta degli attrezzi”. In questo contesto la Banca centrale europea manterrà per ora i tassi di interesse al minimo storico fino alla metà del 2020 e non più fino a dicembre. Si prevede inoltre un maxi prestito alle banche (Tltro) per sostenere la crescita economica dell’Eurozona. In definitiva la Bce non prevede una recessione nell’area euro quotando addirittura al rialzo la crescita nel 2019, con la consapevolezza però che il peggio potrebbe arrivare.

A ridosso delle parole di Mario Draghi il Financial Times ha riportato il commento del presidente della Commissione Finanze del Senato, Alberto Bagnai, che ha sottolineato l’inefficacia e l’inadeguatezza delle regole europee, ossia tetto del 3% per il deficit e debito inferiore al 60%, misure che risalgono al Trattato di Maastricht (1992), per cui occorre un “cambio radicale” nella politica economica.

Su un altro fronte l’agenzia Moody’s avverte dell’aria pesante che grava sull’intero sistema economico europeo nel 2019, ricordando che occorre non trascurare “la reazione dei mercati finanziari” e un certo “degradarsi della fiducia sui mercati” a causa di conti pubblici italiani sempre più sfasati. Potrebbero essere questi dei validi incentivi per il governo affinché “corregga la linea”, forse più di un’eventuale procedura europea.

Un calo repentino del rapporto debito/Pil appare alquanto improbabile, come ha ribadito anche il numero uno della Bce, ma ciò che si chiederà all’Italia è di certo “un piano a medio termine, che però dev’essere credibile”, ha spiegato Draghi. La credibilità del piano dipende “da come è disegnato, da com’è pianificato e dalle azioni che seguiranno”. Nella pratica la procedura richiederà eventualmente all’Italia una correzione per tappe, un piano realistico che il governo di Roma dovrà portare avanti anno per anno.

Le raccomandazioni della Commissione Ue (le “pagelle” sono state consegnate a tutti gli Stati membri come previsto dal Semestre europeo) si riferiscono in particolare a cinque ambiti: conti pubblici, lavoro, investimenti, giustizia e banche. “In Italia le prospettive di crescita e delle finanze pubbliche sono peggiorate, e le recenti misure politiche messe in atto costituiscono una marcia indietro su alcuni elementi di precedenti riforme, incluse quelle legate al sistema pensionistico”, ha ammonito Bruxelles.

All’Italia le istituzioni europee chiedono nello specifico una netta riduzione della spesa pubblica al netto degli interessi. Per abbattere il debito dovranno inoltre essere usate le entrate inattese; occorre spostare eventualmente la tassazione dal lavoro ai consumi; combattere l’evasione, in particolare la fatturazione omessa. Tutto ciò potenziando i pagamenti elettronici e abbassando la soglia per i pagamenti in contanti. Si invita il nostro Paese a rivedere anche il sistema pensionistico in quanto la spesa per le pensioni di vecchiaia risulta essere una delle più alte dell’Ue e, di fatto, occorrerà rivedere anche Quota 100  e la cosiddetta flat tax. Si chiede inoltre una riduzione della “tax expenditure”, ossia il sistema di agevolazioni fiscali, deduzioni e detrazioni.

Per quanto riguarda il lavoro viene chiesto all’Italia di portare a galla il lavoro nero, estendere le tutele per i giovani, favorire la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Per la Commissione europea occorre anche potenziare la preparazione scolastica e le competenze digitali. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, seppure non bocciato da Bruxelles, la Commissione ha esternato le proprie perplessità in quanto soprattutto al Sud potrebbe favorire il lavoro nero.

Ricerca, sviluppo e innovazione sono in sostanza settori che meritano più investimenti, per aumentare la produttività del Sistema Paese e per evitare di raggiungere livelli di arretratezza insostenibili. I fondi dovrebbero inoltre supportare un certo miglioramento delle infrastrutture: ferrovie, strade e un sistema di trasporti che sia al passo con i tempi in tutte le regioni. Le istituzioni europee non dimenticano inoltre un necessario potenziamento dell’infrastruttura digitale sia all’interno della Pubblica amministrazione sia per permettere a famiglie ed imprese di accedere alla banda ultra-larga.

Auspicato anche un rafforzamento delle misure anticorruzione e vanno ridotti e resi più semplici i tempi della giustizia. Per quanto riguarda il sistema del credito, che rimane “bancocentrico”, occorre continuare con la riduzione dei crediti deteriorati accelerando il processo di ristrutturazione dei diversi istituti.

A proposito di sanzioni l’Italia rischia una multa fino a 9 miliardi, in pratica lo 0,5% del Prodotto interno lordo. Ed ancora il congelamento dei fondi strutturali –  l’Italia dovrebbe ricevere 73 miliardi fino al 2020 – e un azzeramento dei prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti. Tutto ciò potrebbe essere accompagnato da una perdita di fiducia dei mercati – come rilevato da Moody’s-,  la necessità di mettere in atto misure restrittive, oltreché un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e quindi una maggiore spesa per interessi.

Palazzo Chigi risponde a Bruxelles chiarendo che la spesa per le pensioni con “quota 100”, il Reddito di cittadinanza e il bilancio complessivo stanno generando risparmi rispetto alle attese. Per di più a fine anno il deficit potrebbe essere al 2,2% del Prodotto, magari al 2,1%, e comunque al di sotto del 2,5% previsto dalla Commissione europea, quindi in lieve miglioramento “strutturale”. Tuttavia “quel che fa più impressione a tutti”, come avvertono da Bruxelles, non sono i decimali di deficit sull’anno in corso, bensì le prospettive future che dall’anno prossimo in poi non sembrano essere rosee. Da qui la necessità di una progettualità spalmata su un arco temporale pluriennale, come auspicato anche dal presidente della Bce, e la necessità di assicurare un impegno tangibile per far quadrare i conti, ossia per poter finanziare tutto ciò che è stato messo in programma, dai mancati aumenti dell’Iva (51 miliardi in due anni) alla flat tax.

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