Informarsi sul web?

Una volta l’informazione era sui libri, sulle enciclopedie e sui giornali. Quando stampare costava, gli editori non avrebbero certo accettato di pubblicare qualcosa senza prima avere accertato la bontà del prodotto. Era già una forma di garanzia sulla validità dei contenuti; forse non la certezza che quel libro contenesse la verità assoluta, ma perlomeno una certa affidabilità c’era.

Oggi sembra decisamente più facile ed economico informarsi e farsi una cultura. Abbiamo lo strumento in tasca e lo portiamo sempre con noi del resto. Vogliamo provare e fare un esempio? Prendiamo un argomento (non) a caso e seguiamo quello che è il metodo usato oggi dai più. Digitiamo il nostro tema su Google e, ovviamente, troviamo la pagina di Wikipedia su cui trasferirsi. Abbiamo scelto la “tassa sul celibato”, un’imposta che, ben si capisce, grava sugli uomini che non sono sposati.

Wikipedia in una paginetta molto scarna, niente a confronto dei poemi di dimensioni bibliche destinati a qualche calciatore, ci informa che si tratta di un tributo che fu in vigore in Italia durante il periodo fascista. Nello striminzito prosieguo si forniscono pochi dettagli salvo ribadire che venne voluta per perseguire gli scopi dell’ideologia fascista. L’ultima delle ben dodici righe, ci riferisce che, nel 1999, il sindaco di Vastogirardi (IS) propose di reintrodurla a livello locale come soluzione al calo demografico.

Diciamo che potrebbe essere sufficiente per avere un’idea di questa tassa che viene bollata come un retrogrado provvedimento emanato in un tristissimo periodo per aumentare la natalità, avere più soldati e ridurre le donne al ruolo di fattrici. La curiosità del navigatore in rete è soddisfatta.

Poi ci accorgiamo che la tassa sul celibato è presente anche in lingua inglese e, per puro caso, un navigatore più curioso può fare un click e trovarsi su una pagina che è il doppio di quella in italiano e scoprire che la “bachelor tax” venne istituita dalla Lex Papia Poppea emanata sotto Augusto nel 9 D.C. La pagina in inglese ci fa poi sapere che questa legge ha trovato applicazioni in altri luoghi e altri momenti storici: Impero Ottomano, Inghilterra, Stati Uniti, Sud Africa, Polonia e, ultima, la Romania.

Wikipedia è un’enciclopedia libera, sulla quale chiunque può dare il proprio contributo, e non è certo pensabile che si dedichino a questa attività, salvo validissime eccezioni, docenti universitari o specialisti di ogni possibile argomento dello scibile umano ma, allo stesso tempo, non vengono richiesti requisiti di particolare competenza ai contributori che, ce ne rendiamo conto leggendo, sono spesso portati a farsi influenzare da opinioni personali. Chi tra i molti altri ne fa le spese, ad esempio, è Giorgio Bocca, che nella versione in inglese a lui dedicata, trova una particolare enfasi sul suo asserito antisionismo che non viene menzionato nella pagina in italiano.

Diciamo che questi due piccoli esempi sono la punta dell’iceberg di un problema di Wikipedia che, a sua volta è solo una minuscola punta di un altro iceberg che è l’informazione e le notizie che corrono in rete. Se è impossibile controllare Wikipedia, che ogni tanto effettua dei controlli e ripulisce i contenuti, oltre ad avvertire quando le fonti non sono certe, come è possibile pensare che sia controllabile la rete? E il rischio, purtroppo, non si limita solo alla circolazione di informazioni lacunose o non corrette; in questo caso si può ancora sperare che si voglia approfondire e cercare conferme. Il vero pericolo è quello delle informazioni palesemente false, strumentali, provocatorie. Dalle fake news fino alla diffusione incontrollata di teorie pseudo scientifiche che possono portare a conseguenze assurde ma anche a chiederci se, senza internet, sentiremmo oggi parlare di terrapiattisti o se esistessero stregoni che vogliono guarire dal cancro con clisteri di caffè.

Il terrore è da un lato sapere che esistono persone che possono riempire la rete su siti e social di simili notizie, ma la parte peggiore è solo immaginare le conseguenze che possono determinarsi su chi legge queste colossali fandonie prendendole per buone senza neppure controllarne la fonte né verificare. Basti pensare alle reazioni scomposte sul web quando è circolata la notizia che un qualche iman o muftì aveva chiesto l’introduzione in Italia dei numeri arabi per agevolare l’integrazione o il numero incredibile di condivisioni e commenti che aveva avuto una foto del concerto dei Pink Floyd a Venezia, spacciato per quella di un porto con oltre un milione di persone pronte a salpare per le nostre coste.

Il passo successivo? Già fatto. Basta un rapido giro in internet e digitare qualsiasi argomento per trovare forum a tema cui partecipa chiunque e trovare domande del tipo “Mio figlio ha macchioline rosse, chi mi sa dire da cosa possono venire?” oppure “Il medico ha prescritto antibiotici e vaccini, ma io sono vegana e no vax; chi mi può consigliare un rimedio sano-naturale-ecologico-biocompatibile-non crudele?”. Stuoli di esperti sono pronti a dare preziosi consigli, finalmente pronti a dimostrare la loro competenza.

Fermiamoci per una riflessione e integriamo uno dei più preziosi aforismi di Mark Twain permettendoci di integrarlo. Se non leggi i giornali sei disinformato; se leggi i giornali sei malinformato. E se vuoi informarti su internet che cosa sei?

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