Legge elettorale, quali soluzioni
Proporzionale o non proporzionale? Questo è il problema. In questo caso il rischio è quello di non capirci più nulla. La bocciatura del Porcellum da parte della Corte Costituzionale ha riportato al centro del dibattito politico l’eterna lotta sulla riforma della Legge Elettorale. Se la Prima Repubblica si è retta per 50 anni sulla stessa legge elettorale, la Seconda ha visto il sistema subire due riforme nella metà del tempo.
Ora il Governo sembra concentrato esclusivamente sulla stesura del nuovo testo che, per esigenze tecniche (il testo della sentenza renderà inefficace la presente legge reintroducendo la precedente) che per esigenze di tempo (il governo non gode certo di una buona stabilità).
Ora in aula si prospetta una lunga bagarre su quale modello basare la futura legge. Il braccio di ferro che si prospetta è paradossalmente tra governo e parlamento. Infatti sembrerebbe che il Nuovo Centro Destra voglia allungare i tempi per tornare addirittura al sistema elettorale pre mattarellum. Il maggioritario con scorporo ha ovviamente come vantaggio quello di agevolare il frazionamento degli schieramenti favorendo la formazione di piccoli partiti.
Dall’altra parte ci sono Forza Italia, Grillo e parrebbe anche Renzi che spingono verso soluzioni a base proporzionale. E qui comincia il caos: doppio turno alla francese o proporzionale con correzione alla tedesca? Preferenze e premio di maggioranza o proporzionale puro con premio su base regionale? Insomma come al solito in Italia a regnare è l’incertezza. Sta di fatto che con questa impalcatura istituzionale, ossia il bicameralismo perfetto, ogni azione per creare stabilità viene di fatto vanificato. Se si volesse mantenere la natura regionale del Senato rischieremmo di trovarci nuovamente con due maggioranze differenti nei due rami del Parlamento. Nonostante che nel 2006 l’attuale legge elettorale abbia comunque fornito una buona maggioranza all’allora premier Berlusconi, nella situazione attuale il rischio è di trovarsi in una situazione non dissimile da quella attuale. Ci sono poi i sostenitori del doppio turno alla francese, che peró è osteggiato dal centrodestra, storicamente penalizzato negli enti locali al ballottaggio.
In sostanza siamo, al momento, ad un punto morto. L’attuale divisione non produrrà di sicuro una risposta significativa in tempi brevi, rischiando soltanto di innalzare le tensioni politiche e sociali.
Certo per poter concedere stabilità all’azione dei futuri governi sarebbe necessario uniformare la legge tra Camera e Senato, concedere il voto di preferenza ai cittadini e quantomeno premiare non le coalizioni, ma i singoli partiti, innalzando (magari su modello francese) la soglia di sbarramento.
Per ora, ciò che si prospetta è quella che Benigni, in un famoso monologo del ’95, illustrava come una complessa e “molto italica” legge elettorale.
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