Il pacchetto europeo

Il pacchetto di nomine deciso martedì dal Consiglio Europeo straordinario di Bruxelles rappresenta, sotto ogni aspetto, un’ottima notizia. Innanzitutto perché i 27 (dico 27 perché penso che la May non abbia svolto alcun ruolo) sono riusciti a trovare una difficile quadratura del cerchio, un equilibrio che sembrava quasi impossibile tra gruppi politici, Nord e Sud, uomini e donne. Segno che alla fine hanno prevalso buon senso e, sì, spirito europeo. Poi perché sono state scelte, per i due posti chiave, Commissione e BCE, due donne di alto profilo e provata capacità. La cosa notevole è che in apparenza ha prevalso l’asse franco-tedesco, come in fondo ci si aspettava, ma il metodo usato, anche grazie alla posizione italiana, è stato ben diverso da un tentativo d’imposizione.

Ursula von der Leyen ha dietro di sé una lunga e prestigiosa traiettoria in posti di governo nei quali ha dimostrato una spiccata sensibilità sociale. Non è una ragioniera. Speriamo che sappia dare all’UE un volto diverso, più gradito e umano, e che nella sostanza capisca che l’Europa, se vuol sopravvivere, deve tornare a parlare al cuore e ai sogni della gente. Christine Lagarde ha mostrato, alla testa dell’FMI, le sue straordinarie capacità. Era difficile sostituire Mario Draghi, verso il quale l’economia europea, e quella italiana in particolare, hanno un debito immenso (a proposito, che farà alla scadenza del suo mandato? Tornerà al settore privato? Io sommessamente penso che il Presidente Mattarella dovrebbe trovare il modo di nominarlo Senatore a vita. È il minimo che merita, il mio vecchio amico Mario). Ma la Lagarde è la persona più qualificata a succedergli ed, essendo francese, ha probabilmente la stessa sensibilità di Draghi per le esigenze dello sviluppo reale.

Le altre scelte hanno minore importanza, ma sono comunque buone. Il premier belga Charles Michel rappresenta il paese più sicuramente (e necessariamente) europeo di tutti e saprà certo presiedere il Consiglio europeo con efficacia. Il nuovo Alto Responsabile della politica estera è lo spagnolo Josep Borrell Fontelles, forse un po’ poco per rappresentare la “quota sud”, ma certo persona di notevoli capacità ed esperienza. Spero che, come un suo compatriota e predecessore (il mio carissimo Javier Solana) dimostrerà speciale sensibilità per l’America Latina, ma anche equilibrio nei dossier più complessi, come i rapporti con la Russia, gli Stati Uniti e l’Iran.

Dal pacchetto, l’Italia è uscita questa volta, a differenza di 5 anni fa, a mani vuote. Era da aspettarselo, dato l’isolamento in cui certe sparate governative avevano costretto il Paese e dato l’isolamento delle due forze politiche di maggioranza, appartenenti a gruppi minoritari che sono rimasti tagliati fuori (l’aveva già largamente ammonito Mario Monti e con lui Sergio Romano). A me sembra tuttavia che da questa vicenda esca bene il Premier Conte. Si è mosso con moderazione ma anche con decisione e ritengo che sia stato quasi decisivo (lo ha riconosciuto la Merkel) nel bloccare la prima scelta franco-tedesca, che avrebbe portato una spaccatura nell’Unione e un potenziale conflitto con il Parlamento Europeo. Si è mostrato buon europeista e anche negoziatore convincente. Ora è il momento di portare a casa qualche vantaggio: innanzitutto uno stop a una procedura d’infrazione che non ha molto senso (lo ha detto autorevolmente lo stesso Capo dello Stato) e poi un incarico di effettivo peso nella futura Commissione. Per questo il Governo dovrà scegliere un candidato di indiscutibile competenza e convinta fede europea. Si parla di Tria, altri possono esserci, purché ci dimentichiamo i funesti Savona e compagni. Da come andranno le cose, si vedrà nei fatti la capacità negoziale di Giuseppe Conte e il peso residuo, obiettivo, che riusciamo ad avere in Europa.

Una nota sgradevole a un panorama positivo. Che spettacolo indegno, i deputati di Farage che, nel momento in cui nel Parlamento risuona l’inno europeo (lo splendido Inno beethoveniano alla gioia), voltano le spalle. Questa, signori, non è manifestazione politica: è pura e semplice cattiva educazione, pura e semplice cafoneria. Se questa è la gente che dovremmo tenerci tra noi, meglio davvero che il 31 ottobre se ne vadano. L’ho scritto prima ancora del referendum inglese di tre anni fa: l’Europa starà meglio senza di loro.

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Ultim’ora – Alla fine, l’Italia non è uscita a mani del tutto vuote. L’elezione di David Sassoli alla Presidenza dell’Europarlamento è un riconoscimento, possibile anche per lo stretto collegamento del PD con il gruppo socialista a cui spettava la scelta. Riconoscimento tanto più notevole in quanto Sassoli succede a un Presidente, Tajani, anche lui italiano. La carica non è esecutiva, ma negli equilibri istituzionali a Bruxelles conta. Ora vediamo di portare a casa altri “premi” più sostanziosi.

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