Biennale Venezia, direttore Okwui Enwezor
Come è stato di fresco eletto Rem Koolhas Direttore del Settore Architettura a Ca’ Giustinian dal Cda della Biennale di Venezia, così Okwui Enwezor, nigeriano classe 1963, è stato nominato Direttore del Settore Arti Visive. A fronte di un CV di qualità indiscutibile e della particolare esperienza maturata nel contesto delle biennali, Enwezor è un candidato del tutto degno, tuttavia opinioni contrastanti si sottendono.
La 56esima Biennale d’Arte ha un nuovo volto, dopo il record di visitatori, soprattutto nella fascia giovani, raggiunto da Massimiliano Gioni. La prossima edizione inaugurerà per la prima volta a inizio maggio, conquistando un mese di esposizione (9 maggio – 22 novembre 2015). Per ora non si conoscono ancora le linee che adotterà il neoeletto, che da protocollo sceglierà il tema e curerà il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale.
Solo Harald Szeemann aveva curato sia la dOCUMENTA di Kassel che la Biennale di Venezia, ma Enwezor saprà rendere giustizia, senza oltraggiare l’unico e importante precedente. L’Enwezor della dOCUMENTA (1998-2002) era 15 anni più giovane e digiuno di qualsiasi esperienza simile. L’Enwezor di oggi ha alle spalle la Bienal Internacional de Arte Contemporáneo de Sevilla (2005-07), la 7. Gwangju Biennale in Corea del Sud (2008) e la Triennal d’Art Contemporaine di Parigi al Palais de Tokyo (2012).
È un autodidatta, mosso da coraggio, passione per l’avventura e il rischio. Immerso nella New York dell’inizio degli anni ’80, assorbe come una spugna dal vitale ambiente culturale del periodo, tra arte, musica e letteratura, che non ha mai abbandonato. Completati gli studi in Scienze Politiche e stanco di stare ai margini, ritiene di aver educato il proprio gusto a sufficienza per entrare nel mondo dell’arte. Arriva allora a curare mostre internazionali, scrivere come critico d’arte, giornalista e scrittore.
Paolo Baratta, Presidente del Cda della Biennale, difende la scelta operata, facendo ovviamente riferimento alla carriera di Okwui Enwezor e affermando che egli «si è confrontato criticamente col complesso fenomeno della globalizzazione, a fronte delle espressioni provenienti da radici locali». Il futuro Curatore avrebbe gestito abilmente la densità territoriale della «variegata ricchezza del presente», che si contraddice con la globalizzazione, da inscrivere in un contesto ristretto e locale. Baratta fa probabilmente riferimento al concetto delle piattaforme adattato per la dOCUMENTA. L‘«inquisitive wanderlust» (“il desiderio di girovagare inquisitorio”) ha dominato la visione. Per la Biennale di Venezia Enwezor con senso pratico preannuncia la «densità temporale».
Vittorio Sgarbi si trova in accordo con il Cda e sostiene che «serve che il Curatore abbia una militanza nel contemporaneo, sia organico all’idea di arte contemporanea». È questo il caso di Enwezor. Philippe Daverio non è tanto contro la nomina in sé, ma quanto contro la modalità in cui si riconferma l’assenza di trasparenza (niente concorso, niente dibattito curricolare). Peccato però che i 10 milioni di euro accordati alla Biennale provengono proprio dalle tasche dei contribuenti. Daverio chiede infatti un maggior interesse nei confronti del Paese ospitante e maggior sovvenzionatore dell’iniziativa.
Non è sufficiente una figura valida, ma «serve capire come intervenire in un dibattito mondiale dove si confrontano la perenne volontà imperiale degli Usa, il disordine europeo e un mondo orientale che sta diventando sempre più importante e ormai non guarda verso di noi». Daverio cerca la sostenibilità e pensa al futuro di un’istituzione culturale vessata da forze a cui non riesce a ribellarsi: “Ormai da 10 anni la Biennale è ostaggio del mercato statunitense che la utilizza come palcoscenico a basso costo”. Per lui si tratta dell’ennesima «bizzaria» per stupire il pubblico, senza accordargli il diritto di capire. A Enwezor rimane ben poco di nigeriano, dato che la sua formazione artistica è newyorkese. È solo uno di loro.
©Futuro Europa®
Un Commento
Gli occhi di una persona parlano. Lo sguardo così comunicativo di Okwui non ha bisogno di elogi, si qualifica da solo. Complimenti