ZED, intervista a Valeria Arzenton

Valeria Arzenton nasce in provincia di Padova, a 13 anni trascorre i tre mesi estivi delle vacanze nel New Jersey a casa di sua zia, avendo quindi l’opportunità di partecipare al primo concerto della sua vita: George Michael allo Stadio di Philadelphia. Con quel primo biglietto, con quella prima emozione, inconsapevolmente vengono piantate le basi del suo futuro e della sua carriera. Segue la maturità classica al Liceo Classico Tito Livio, qui conosce Diego Zabeo, suo socio di sempre e con lui, subito dopo, Daniele Cristofoli. Da qui alla nascita di un colosso organizzatore e gestore di grandi eventi come ZED Entertainment il passo è breve, prima uno spettacolo ogni tre mesi, poi ogni mese, poi due, poi tre per arrivare agli oltre 200 annuali di oggi. Le tappe storiche della carriera sono poi settembre 2000 con l’inaugurazione dello Stadio di Padova con la migliore data italiana del tour di Luciano Ligabue, 2001 Bon Jovi e Vasco Rossi, poi Rem, Metallica, Roger Waters, Jovanotti, Baglioni, Ramazzotti in un crescendo costante di impegno e di sacrifici. Abbiamo rivolto a Valeria Arzenton alcune domande.

Iniziamo con il chiarire quello che a noi appare scontato, ma che mi pare il grande pubblico faccia fatica a distinguere, la differenza tra un promoter locale ed un’agenzia di tour, o booking come viene normalmente identificata. Ruoli e competenze sono diversi, giusto?

Il pubblico è appassionato di musica e viene per vedere l’artista, a quel punto si trova all’interno di una struttura e non si chiede quale sia il ruolo dei vari attori coinvolti nella realizzazione dell’evento. La pila è composta dall’artista, rappresentato dal suo manager o rappresentante legale che si occupa delle trattative. Questa figura vende l’organizzazione del tour ad una agenzia nazionale che può essere Live Nation piuttosto che Friends and Partners, tanto per fare un esempio. Dopo che questa agenzia ha acquisito il diritto di rappresentazione artistica, propone le opzioni del tour all’artista, gruppi di supporto, date, tipologia delle sedi. Definito questo passaggio l’agenzia contatta i promoter locali per decidere le sedi sul territorio dove far esibire l’artista, quindi entrano in gioco società come la mia, che hanno anche un duplice ruolo. Io acquisto i diritti dell’artista per la nostra data assumendomi quindi i rischi d’impresa, pagando SIAE, iva, assicurazione, vendo i biglietti. Come Zed non siamo poi semplici promoter, ma siamo anche gestori delle strutture, in questo momento siamo gestori o proprietari di 12 strutture (Gran Teatro Geox, Morato, Grana Padano, Kioene Arena, Zoppas Arena, ecc. ecc.). Può quindi capitare, anche se è più raro, che facciamo semplici accordi di affitto delle strutture, soprattutto quando non ci sono i margini per gestire l’evento in maniera classica. Come promoter locali siamo anche quelli che corrispondono direttamente ai sentimenti del pubblico che viene ai concerti, se ci sono problemi di palco, di luci, di suono, la colpa non viene addebitata all’artista, ma al gestore dell’evento, quindi un ulteriore rischio per chi gestisce l’evento. In altri casi, anche se non è frequente, acquisiamo direttamente i diritti dall’artista, come per gli Scorpions due anni fa, un fenomeno che adesso sta capitando sempre più spesso e quindi stiamo assistendo a un cambiamento del processo.

Il mercato degli eventi live è in pieno fermento negli ultimi anni, sugli scudi due argomenti come il secondary ticketing ed ora il biglietto nominale che sono stati oggetti di appositi provvedimenti legislativi. Qual è il tuo pensiero in merito e la posizione di ZED?

Io sono assolutamente contraria al biglietto nominale, penso che andare a un concerto non debba essere inteso come un’attività pericolosa che necessita di controlli asfissianti e pastoie burocratiche. Temo che questa norma introdotta allontanerà il pubblico e influirà negativamente sulla vendita dei biglietti, pensiamo a Natale quando si vendono tanti biglietti come regalo, come sarà possibile regalare un’emozione in questo caso? Aggiungo che questa legge non mi pare ragionata in maniera efficace, mi obbliga a fare controlli ferrei agli ingressi, ma non sempre. Se il concerto è jazz e non pop decade l’obbligo del biglietto nominale introducendo quindi una discriminante che mi pare poco condivisibile. Cosa succederà ancora non è ben definito nemmeno sul versante del secondary ticketing; nulla impedirà al bagarino di turno di vendere un biglietto e mandare poi il cliente a fare il cambio nominativo in cassa. Si creeranno code lunghissime alle casse, nuovi costi per il cambio nominativo, ritengo no che questa legge non serva a garantire sicurezza fisica o a combattere il fenomeno del secondary ticketing. Si potrebbe combattere questo sistema chiudendo i siti che li vendono o con altre forme di lotta.

Abbiamo visto proprio in questi giorni Viagogo venire assolta da ogni accusa. Il secondary ticketing con la vendita di biglietti a prezzi esagerati rispetto il nominale è un problema rilevato da tanto tempo, ma non pensa che, come in altri ambiti, ci sia da imputare molta colpa agli acquirenti disposti a spendere cifre assurde e quindi alimentando l’offerta?

La legge Battelli è stata fatta ‘di pancia’, seguendo un filo emozionale, e soprattutto senza ascoltare e coinvolgere gli operatori di categoria riuniti in Assomusica e SIAE. Era necessario fare valutazioni pratiche e organizzative e non politiche, siamo pochi i gestori italiani con dimensioni elevate, una decina al massimo su un centinaio di associati. Non è stato considerato il flusso del pubblico che ultimamente sta spostando le sue scelte verso posti seduti e numerati. Questo comporta un carico di lavoro agli ingressi particolarmente gravoso e con costi molto superiori per il maggior numero di personale necessario ai tornelli. Hai completamente ragione sugli acquirenti, abbiamo in corso la vendita di eventi per cui sono disponibili i biglietti, ma ci chiamano persone che li hanno comprati su siti di secondary ticketing. E’ inspiegabile se non con il fatto che questi siti hanno agito in maniera molto forte sui motori di ricerca riuscendo a risultare ai primi posti nei risultati. Si sarebbe potuto mettere in atto una campagna promozionale tipo ‘Pubblicità e Progresso’, per dissuadere gli acquirenti da spendere cifre importanti su siti di secondary.

Parliamo dell’istruttoria dell’antitrust in merito a un presunto monopolio da parte di alcuni grandi players del mercato, a che punto è la situazione ad oggi?

Tutto è iniziato quando decisi di confezionare un sistema di ticketing cucito e personalizzato sulle esigenze e le aspettative del nostro pubblico. Dal 2012 è attivo Fastickets, un sistema di vendite che non è dimensionalmente competitivo con Ticketone, e nemmeno feci nascere con questo scopo. L’idea era di conoscere in maniera approfondita i sentimenti delle persone che vengono ai nostri eventi, tramite questionari e inchieste di mercato, per rimediare eventuali errori, capire come migliorare e fidelizzare il pubblico abituale. A un certo punto si è scatenata una guerra fra multinazionali, con Ticketone che nel 2018 ci propose anche delle soluzioni di collaborazione. Proprio per il fatto che la nostra mission in questa caso è quella di ‘conoscere’ il nostro pubblico come gestori di venue, non trovammo un’intesa in tal senso con loro. Quindi arrivò in Italia dagli Stati Uniti Ticketmaster, ci proposero anche loro di collaborare assieme, ma con uno spirito completamente diverso e con loro trovammo un punto d’incontro per una partnership. A questo punto venni evidentemente vista come un ‘pericolo’ dal colosso tedesco CTS Eventim, senza comprendere che non avevamo nessun progetto di concorrenza, noi volevamo lavorare sia con Ticketone che con TIcketmaster. Seguirono mesi molto pesanti con accuse di ogni tipo, si scatenarono ritorsioni di ogni genere, fra date annullate e pagamenti contestati, proposte inaccettabili. Non riuscendo più a sopportare e gestire questa situazione, mi inserii nell’istruttoria già in essere dell’Antitrust che era partita il 20 settembre, non fui io a dare il via all’indagine dell’Agenzia. Nella successiva audizione presso di loro esposi la situazione conferendo il documentale, il procedimento si concluderà il 31 dicembre quindi l’istruttoria è ancora in corso.

Senza voler tornare a discutere di veri o costruiti sold-out, quale è il punto economico di equilibrio per un organizzatore di concerti? La tua risposta alla lettera di Cesare Cremonini fa risaltare il fatto che anche un artista riempi-stadio come lui noti delle criticità nel circuito.

A un certo punto le agenzie nazionali hanno iniziato a imporre condizioni tali che un tour medio in un palasport con il tutto esaurito parti già in deficit. Questo ovviamente non è possibile e salta il punto di equilibrio economico per gli operatori, come ritrovarlo? A mio avviso occorre una maggiore consapevolezza da parte degli artisti del loro effettivo valore nel mercato. L’artista deve comprendere se vale 1.000 paganti, 1.500 paganti, se il tuo pubblico è questo non puoi chiedere un cachet commisurato su 2.000 paganti. Ritengo che la percezione del proprio valore sia stata ampliata dal vedere un palasport pieno, ma senza comprendere che il sold-out derivava da una vendita gonfiata con biglietti omaggio e pacchetti regalati. Serve una maggiore consapevolezza non solo da parte dell’artista, ma anche da parte nostra, che svolgiamo un’attività che è divenuta estremamente professionale regolata da norme molto stringenti su sicurezza e ruoli. Dobbiamo avere un grande rispetto per il pubblico garantendogli uno spettacolo adeguato al giusto prezzo, senza scaricare sugli acquirenti dei biglietti costi eccessivi e a volte ingiustificati.

Vuoi aggiungere qualcosa per chiudere?

Aggiungo solo che in questi undici mesi di passione, ho avuto delle esperienze come donna (NdR: tema su cui il nostro giornale è intervenuto spesso) che mi hanno fatto ferito profondamente. Gli attacchi e gli insulti che ho subito sono stati fatti spesso puntando sul fatto di essere donna, andando oltre il discorso imprenditoriale. Ma nell’ambiente ci sono donne di altissimo livello, dalla signora Coluccia alla signora Lodi, Cristina Trotta di Barley Arts, la Francesca Rubino di Jovanotti, sono grandissime manager e incredibili lavoratrici, che rimangono nella seconda linea manageriale, spesso dietro uomini in prima linea, sono il motore del sistema. Come donna voglio proprio spezzare una lancia sul chiedere che il mercato italiano si evolva dando spazio maggiore a queste figure professionali femminili, abbiamo tanto da dire e fare, magari con maggiore equilibrio, pur rispettando le eccellenti figure maschili che gestiscono il nostro ambiente.

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