Fai bei sogni (Film, 2016)
Marco Bellocchio continua a indagare il rapporto genitori-figli, partendo dal romanzo autobiografico di Massimo Gramellini che presenta identico titolo del film ma è diverso come struttura e narrazione. Meglio così, perché il romanzo non mi aveva entusiasmato, nonostante il grande successo di vendite, tutto risolto in un lungo flashback con sorpresa finale. Nel romanzo si sentiva il bisogno dell’autore di liberarsi di una storia che lo coinvolgeva, che a lungo gli aveva fatto male, cosa non sempre positiva per una buona resa narrativa. Bellocchio ha il vantaggio di poter vedere gli stessi eventi dall’esterno, con occhio da esperto cineasta capace di narrare una storia drammatica, ricorrendo a immagini evocative e valorizzando la fotografia crepuscolare di Ciprì.
Il soggetto è abbastanza noto, visto il successo del libro: abbiamo un figlio orfano di madre, suicida quando lui aveva solo nove anni, scomparsa dalla sua vita dopo avergli dato un bacio e augurato di fare bei sogni. Il ragazzo non riesce a liberarsi dal problema psicologico dell’improvvisa assenza della madre, oltre tutto nessuno gli dice come sia accaduto, perché il padre racconta di un infarto fulminante e nasconde l’articolo di cronaca nera che ne parla. Il bambino cresce confidando agli amici che sua madre è in America, non dice mai che è morta, al tempo stesso invidia il rapporto che i coetanei hanno con le mamme e soffre in silenzio. Bellocchio inserisce la figura del giornalista adulto che si occupa di calcio e cronaca, fa il cronista di guerra a Sarajevo, risponde a una lettera sulla figura della madre e infine scopre il segreto. L’adulto è figlio di quel bambino che tifava Torino e viveva davanti allo Stadio Comunale, che andava con suo padre alla partita e quando giocava da solo sognava con i suoi idoli granata, immaginando partite di fantasia e telecronache impossibili.
Tutto il film è un lungo flashback (come il romanzo, da questo punto di vista) che si dipana dal giorno della morte del padre, quando il figlio deve fare i conti con i ricordi e con una casa da sgombrare. Un film delicato e commovente che procede tra citazioni di trasmissioni anni Sessanta, prima tra tutte Belfagor – il fantasma del Louvre, che da bambini ci ha spaventato tutti, ma che il protagonista fa assurgere al ruolo di amico immaginario. Vediamo scorrere immagini di Canzonissima, con Raffaella Carrà che danza e canta, sentiamo canzoni di Morandi e Modugno (nun me lassà, resta cu’ me…, che ricorda la partenza improvvisa della madre), vediamo ricostruzioni di vita del tempo davvero certosine (la scuola, la divisa degli studenti). Il calcio e la passione per il Torino sono un leitmotiv della vita del ragazzo, in un certo senso contribuiscono a salvargli la vita, spesso apprezziamo spezzoni di vere partite di quel periodo, oltre a trasmissioni televisive sportive. Un incontro tra padre e figlio avviene proprio a Superga, durante la commemorazione della tragedia del Grande Torino, quando Massimo conosce la futura donna del padre e non accetta la nuova relazione.
Marco Bellocchio inserisce brevi riferimenti politici a Tangentopoli e alla guerra di Jugoslavia, ma non dimentica lo scopo principale: indagare una mancanza, un profondo senso di vuoto che accompagna un’esistenza. A tratti scorgiamo la fede, la speranza che ci sia davvero qualcosa dopo la vita, altrimenti niente avrebbe senso, come dice uno straordinario Heriltzka nei panni di un prete, insegnante di Massimo.
Attori molto bravi, soprattutto Mastandrea nei panni di Massimo adulto, ma anche Herlitzka e Degli Esposti, impegnati in ruoli minori. Straordinario il finale – sospeso tra realtà e fantasia onirica – con madre e figlio che giocano a nascondino, lui è terrorizzato perché non la trova, infine lei si manifesta: Amore mio, sono qui, ti ho fatto uno scherzo. E finiscono per nascondersi in uno scatolone. Sono di nuovo insieme. Passato su Rai Tre. Disponibile su RaiPlay. Consigliato, pure se il romanzo non vi ha entusiasmato, perché è tutta un’altra cosa.
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Regia: Marco Bellocchio: Soggetto: Massimo Gramellini (romanzo omonimo). Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Valia Santella, Edoardo Albinati. Fotografia: Daniele Ciprì. Montaggio: Francesca Calvelli. Musiche: Carlo Crivelli. Scenografia: Marco Dentici, Lily Pungitore. Produttori: Beppe Caschetto, Simone Gattoni. Case di Produzione: IBC Movie, Rai Cinema, Kavac Film, Ad Vitam (contributo di MiBACT, RTI). Distribuzione: 01 Distribution. Interpreti: Valerio Mastandrea (Massimo adulto), Bérenice Bejo (Elisa), Guido Caprino (padre di Massimo), Fabrizio Gifuni (Athos Giovanni), Roberto Herlitzka (Ettore), Miriam Leone (Agnese), Barbara Ronchi (madre di Massimo), Dylan Ferrario (Enrico), Giulio Brogi (Cavalieri), Piera degli Esposti (madre di Simone).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]