Il pericolo Trump

L’affare ucraino aveva già reso chiaro che Trump non si fa il minimo scrupolo a condizionare i rapporti con paesi stranieri all’ottenimento di favori personali per la sua campagna politica. Facendo dipendere da questo tipo di rapporti personali la linea seguita verso questo o quel paese, amico o  avversario. Senza nessun complesso, ha ammesso di aver chiesto persino alla Cina di indagare su Biden. In cambio di cosa? Tacere sulla violazione dei diritti umani? Rinunciare o attenuare la guerra dei dazi? Comunque sia, si tratta di uno squallido qui pro quo indegno di un uomo di Stato.

Al tema Biden si è unito ora quello legato al tentativo di discreditare il rapporto Muller sui contatti con la Russia. Anche per questo, Trump non ha esitato pubblicamente a utilizzare il Ministro della Giustizia Barr e a chiedere aiuto a paesi come l’Australia e l’Italia. Quanto all’Italia, sarebbe come minimo necessario – Renzi ha ragione a reclamarlo – che Conte riferisca sulla vicenda e specifichi i contatti avuti da Barr con organi dei nostri Servizi.

In  un durissimo articolo del The Guardian, si accusa il Presidente di aver messo la politica estera degli Stati Uniti in vendita, in cambio di favori personali, e di aver messo così in pericolo la sicurezza del Paese. E ciò anche con l’irresponsabile cinismo di alcune sue decisioni. L’ultimo gesto è stato quelli di abbandonare i fedeli alleati kurdi all’annunciata offensiva turca nel Nord della Siria.

Esponenti dei servizi d’intelligence, per ora rimasti anonimi, hanno accusato Trump, in lettere formali al Congresso, di costituire un pericolo per il Paese e una persona moralmente indegna di governarlo. Ed è certo che preoccupazioni del genere non possono che serpeggiare ai gradi più alti del Pentagono, della CIA, dell’FBI e nello stesso Partito repubblicano. Da qui però a pensare che la strada dell’impeachment sia aperta e agevole, il passo è lunghissimo.

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