Odissea nell’ospizio (Film, 2019)
Presentato all’Odeon di Milano e adesso disponibile su Chili – la nuova piattaforma di cinema on line a pagamento – il nuovo film di Jerry Calà è un ritorno al passato, una rimpatriata tra vecchi amici e compagni di avventure. I Gatti di Vicolo Miracoli tornano insieme, dopo anni di separazione artistica, non si vedevano uniti da Gli inaffidabili (1997) – sempre di Calà – anche se l’ultimo lavoro memorabile è stato Una vacanza bestiale (1981) di Carlo Vanzina.
L’operazione nostalgia può dirsi riuscita. Tutto nasce da una battuta cabarettistica dei vecchi tempi, partendo dall’idea di un titolo come Odissea nell’ospizio, Calà (insieme a Salerno e Bechis) scrive la sceneggiatura di un film dove confonde i piani di realtà e fantasia, impaginando situazioni e battute in un’interessante struttura metacinematografica. Tutto si svolge nella Casa di riposo Walter Chiari per vecchi artisti, gestita da Billy Campobasso (Di Francesco) e Luca Martirio (Catania), dove Nino Parlermi (Salerno) viene a far compagnia ai vecchi colleghi dei Ratti (Occhini, Canà e Smania, alias Oppini, Calà e Smaila). I nomi vengono storpiati ad arte, una foto del gruppo esposta in sala da pranzo ritrae i veri Gatti al tempo del loro successo ma nel film vengono chiamati i Ratti, mantenendo i ruoli che avevano nel gruppo. Calà impersona il solito eterno bambino, sciupafemmine, marito separato, padre assente, bugiardo, sempre pronto alla battuta. Salerno è l’intellettuale cinico, da anni in lite con Calà per una questione di donne; Oppini è il ballerino che si allena con la musica caraibica; Smaila il musicista, appassionato suonatore di piano. Il gruppo dovrà riunirsi ancora una volta per uno spettacolo televisivo, nonostante i dissidi tra Salerno e Calà, per salvare dal fallimento la struttura che li ospita, portata al disastro da un Di Francesco giocatore compulsivo di Superenalotto.
La cosa migliore del film sono i personaggi e le battute da cabaret, scritte da Calà e Salerno come ai vecchi tempi. Citiamo in ordine sparso: la pernacchia quando Nini sta facendo un discorso retorico, l’imitazione di Gassman, i titoli dei film versione porno interpretati da una vecchia collega (Tutti su mia madre, Se la caricano in 101, Biancaneve sotto i nani, Eiaculazione da Tiffany …), le gag sul falso magro Smaila (un enorme kebab al nero di seppia), la scenetta del morto (la salma diventa la salama, il nostro grasso nella manica, è tutto grasso che cola …), il ricordo nostalgico dei Ciao!, Capito? Libidine! Doppia libidine! Ecco il mio bel carciofone. La storia conta il giusto, ma esiste ed è ben strutturata, con Salerno ospite truffaldino della struttura, perché non invalido ma in partenza per Panama, convinto nel finale (da un infarto che colpisce Calà) a fare la cosa giusta.
Molte storie si intersecano, tra il patetico mago Fangareggi (morto subito dopo le riprese, non ha fatto il tempo a vedere il film) e il cascatore dei vecchi western (si cita Django di Corbucci), con una poco rilevante componente femminile che viene utilizzata per interpretare il personale medico, un’ex porno star e una massaggiatrice. Calà ha un agente come Andrea Roncato che gli procura solo spot pubblicitari, ma l’attore non vuole fare promozione a prodotti per anziani, mentre il promoter vorrebbe ricostituire il gruppo dei Ratti. Il nome di scena (Canà), oltre a ricordare il suo vero nome, è un omaggio a Oronzo Canà, il personaggio interpretato da Lino Banfi ne L’allenatore nel pallone. Messaggio antirazzista e di tolleranza quando l’ospizio viene usato per dare ospitalità ad alcuni profughi eritrei, con Smaila innamorato di una ragazza che suona molto bene il piano e Salerno che se la prende con i leghisti che organizzano un sit-in fuori dall’ospizio. Odissea nell’ospizio si conclude con lo spettacolo dei Ratti e una divertente canzoncina scritta da Umberto Smaila e Silvio Amato, orecchiabile come quelle dei tempi d’oro.
Un film che non dirà molto ai giovani, a chi non sa niente di Jerry Calà e dei Gatti di Vicolo Miracoli, a chi si attende una cosa moderna, rapida, al passo con i tempi. Un film che piacerà ai cinefili, a chi ha amato il cabaret degli anni Settanta, le trovate surreali scritte da Nini Salerno e interpretate da quattro ragazzacci di Verona. Basta chiudere gli occhi e sembra ancora di sentirla quella musica del passato che fa beat beat, Verona beat.
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Regia: Jerry Calà. Soggetto e Sceneggiatura: Jerry Calà, Edoardo Bechis, Nini Salerno. Fotografia: Alessandro Zonin. Montaggio: Angelo D’Agata. Suono in presa diretta: Francesco Cavalieri. Musica: Umberto Smaila, Silvio Amato. Edizioni Musicali: Loto srl. Scenografia: Michele Modafferi. Costumi: Francesca Di Giuliano. Produttore Esecutivo: Francesco Angelone. Produttore: Daniele Di Lorenzo. Casa di Produzione: LDM Comunicazione, con il sostegno della Regione Lazio. Distribuzione: Circuito Televisivo Chili. Interpreti: Jerry Calà, Franco Oppini, Nini Salerno, Umberto Smaila, Tetyana Veryovkina, Mauro Di Francesco, Andrea Roncato, Antonio Catania, Giorgia Sinicorni, Carmen Vitter, Luciana Frazzetto, Massimo Milazzo, Ugo Fangareggi, Morena Marangi, Maurizio Tabani, Sofia Milos, Francesca De André, Katherine Kelly Lang, Camilla Ferranti.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]