Il trucco delle due carte

Lo psicodramma della Brexit si è trasformato sabato scorso in una farsa della peggiore qualità. Cosa è successo? Il Palamento britannico doveva votare Sì o No per l’accordo negoziato con l’UE da Boris Johnson. Ha invece approvato, con una maggioranza di 16 voti, un emendamento che rinvia il voto a quando sarà stata approvata dal Parlamento stesso la legislazione relativa all’uscita dall’UE, cosa che può prendere qualche giorno o molto di più. La questione è che la c.d. “Legge Benn” obbliga il Governo a chiedere all’UE un’estensione dell’uscita sino al 31 gennaio nel caso, di fatto verificatosi, che entro la mezzanotte del 19 non vi fosse un accordo approvato.

In sé, è una vicenda astrusa in cui viene fuori il peggio della politica di parte in una democrazia reputata seria; a favore dell’emendamento sono confluiti infatti i voti sia dei laburisti all’opposizione, sia di un gruppo di conservatori ribelli, sia dei liberaldemocratici e i deputati scozzesi (tuttora contrari alla Brexit), sia dei deputati dell’Ulster contrari alla clausola irlandese accettata da Johnson e, in realtà, favorevoli all’uscita dalla UE senza accordo. Quanto al gruppo di Tory ribelli, dentro c’è un po’ di tutto: quelli che sperano di rimandare la Brexit e magari cancellarla e quelli che sperano in un “no deal”.

Dove la farsa diventa insopportabile è però quando il Primo Ministro Johnson, per rispettare formalmente la “legge Benn” invia a Bruxelles una lettera, non firmata, che riproduce il testo della richiesta prevista dalla legge, e lo fa immediatamente seguire da una lettera, questa volta firmata, in cui esprime l’avviso del Governo contrario all’estensione. Insomma, un indegno gioco delle due carte che in ogni situazione paragonabile esporrebbe l’autore alla vergogna e al ridicolo. Non so come reagiranno gli altri 27 Paesi di fronte a questo trucchetto d’infimo ordine, se daranno ancora prova di pazienza o diranno finalmente basta.

La cosa seria e triste è che lo stesso sabato centinaia di migliaia di persone venute da tutto il Paese hanno sfilato a Londra reclamando che sia il popolo a decidere, con un nuovo referendum, se approvare o respingere l’accordo UK-UE o fermare del tutto la Brexit (opzione che guadagna di giorno in giorno terreno). È quello che norme elementari di democrazia e rispetto della sovranità popolare imporrebbero, ma che una classe politica autoreferenziale ed egoista si ostina a negare.

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