Rivoluzionari all’italiana
«In questo sventurato Paese una rivoluzione degna di tale nome non c’è mai stata e, probabilmente, non ci sarà mai. Cosa che va a tutto vantaggio della “casta” di turno, solitamente formata da cialtroni e furbetti del quartierino eletti dai parimenti cialtroni e furbetti che costituiscono la maggioranza del popolo italico.
L’ultimo esempio di questa – chiamiamola così – scarsa dimestichezza dell’italiano medio con la rivoluzione è il “Movimento dei Forconi” che, all’alba dei primi successi, si è immediatamente spaccato in due (per ora). Perdendo di vista – more solito – il bene e gli obiettivi comuni, infatti, anche i Forconi hanno subito incominciato a litigare tra loro, a discettare – complici i soliti intellettuali alle vongole – se fosse un movimento di destra o di sinistra (con ciò dimostrando che le ideologie continuano ad ammazzare gli ideali) e non hanno mancato di farsi infiltrare dalla fisiologica “buona dose” di opportunisti pronti sempre a saltare sul carro del vincitore, o almeno di quello che sembra il favorito, e altrettanto lesti ad abbandonarlo in caso di necessità.
Si replica anche questa volta, dunque, il vecchio schema del “marciare divisi per colpire sparsi”, magari colpendosi l’un l’altro strada facendo, per la gioia di quella larghissima parte di classe politica indegna che si vorrebbe abbattere ma che continua a restare dov’è perché – tutte le sante volte! – le “orde rivoluzionarie” anziché sfondare il portone del Palazzo e buttarli fuori a pedate, si fermano ad azzuffarsi tra di loro in cortile.
Altro sintomo della scarsa attitudine rivoluzionaria dell’italiano è la pretesa di rovesciare il mondo “part time”, come si è visto a Roma, mercoledì scorso, quando i Forconi si sono ritrovati in pochi intimi, causa feste natalizie incombenti. L’appuntamento è dopo la Befana, sempre che l’evento non capiti in concomitanza con una qualche partita di campionato o di coppa.»
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