Cronache dai Palazzi

“Coperture certe”. Da Bruxelles il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, rassicura sul futuro della manovra. Una manovra “responsabile ed espansiva” fondata su stime molto controllate sia per quanto riguarda il gettito della lotta all’evasione (3 miliardi di entrate nel 2020), sia per le ripercussioni sulla crescita in conseguenza di certe misure, tra cui la mini rivalutazione delle pensioni tra 1.500 e 2.000 euro al mese.

All’Unione europea che ha chiesto chiarimenti a proposito di deficit strutturale – la spesa pubblica programmata nel 2020 non risponde al livello concordato e il debito pubblico è sempre pesante – Gualtieri risponde:”Noi riduciamo il debito pubblico, ma lo facciamo attraverso un percorso più morbido, perché deve essere sostenibile sul piano economico”. In sostanza, una manovra troppo restrittiva sarebbe controproducente in un Paese dove la crescita dell’economia interna è molto debole, anche se l’Ufficio di Bilancio nel 2019 ha previsto un lieve aumento del Prodotto interno lordo dello 0,2%.

“Noi chiediamo all’Europa un favore: abbiamo chiesto giustamente flessibilità per sostenere politiche di sviluppo”, ribadisce Gualtieri. “Ho trovato una Legge di Bilancio con 6 miliardi di tagli lineari a scuola, sanità e istruzione”, afferma il ministro dell’Economia sottolineando la non sostenibilità di un modello economico fondato tra le tante cose sulla flat tax di matrice leghista. In definitiva l’economia italiana ha un potenziale inespresso, e quindi una manovra poco espansiva sarebbe inappropriata.

La Legge di Bilancio, e il decreto fiscale che la affianca, entrerà in Parlamento la prossima settimana. Tra le entrate previste vi sono le tasse sul tabacco per 200 milioni di euro; le tasse su plastica e bevande zuccherate, le cosiddette “tasse etiche” che dovrebbero garantire circa 1,3 miliardi di entrate nel 2020; 500 milioni dai giochi oltreché le accise sul gasolio dal 2021 e l’eliminazione del superticket dal prossimo settembre.

Limitato l’intervento sulle partite Iva, che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha definito “la nuova classe operaia”. Il taglio del cuneo fiscale sarà applicato ai redditi di dipendenti fino a 35 mila euro, mentre il bonus di Renzi rispondeva al tetto di 26.600 euro di reddito. È previsto inoltre un fondo unico per la famiglia da 2 miliardi nel triennio, con un “assegno per i nuovi nati” dal 2020 da un minimo di 80 a un massimo di 160 euro al mese a seconda del reddito familiare. Oltre all’assegno per ogni figlio ci dovrebbe essere anche la cosiddetta “carta bimbi” per pagare servizi come nido e baby sitter. Circa 3,1 miliardi sono invece stati messi a disposizione per il rinnovo dei contratti pubblici.

Un ‘bonus Befana’ del valore di circa 3 miliardi di euro servirà per la restituzione di una quota della spesa per chi paga con carte e bancomat. Si tratta dell’operazione “Italia cashless” che contrasta l’uso del contante mirando alla lotta all’evasione. Tale operazione sarà accompagnata da una serie di detrazioni (sempre a gennaio) come le spese per alcuni servizi oggi non detraibili, ad esempio le spese di riparazione. Le detrazioni fiscali subiranno però una riduzione dai 120 mila euro di reddito in su.

A proposito di partite Iva “il regime forfettario resterà”, ha dichiarato Di Maio, in pratica non dovrebbe scattare l’obbligo del regime analitico sopra determinate soglie come annunciato nei giorni scorsi. Con la manovra verrà poi cancellata, dal 2020, la flat tax al 15% per le partite Iva con ricavi tra 65 mila e 100 mila euro. Nei primi mesi del 2019 è stato registrato un consistente aumento delle partite Iva (circa 251 mila) rispetto allo stesso periodo del 2018 (il 10,67% in più), favorito molto probabilmente dall’introduzione dell’aliquota unica. Sono quasi 4 milioni (3,6 per l’esattezza) le persone fisiche con una partita Iva nel nostro Paese, due terzi delle quali registrano ricavi sotto i 60 mila euro e possono quindi usufruire del regime forfettario con la flat tax al 15% previsto fino a 65 mila euro, una novità della legge di Bilancio 2019.

In pratica – con la cancellazione del regime agevolato (flat tax al 15%) per le partite Iva tra 65 e 100 mila euro – il governo Conte 2 prevede di risparmiare 109 milioni nel 2020, 1,1 miliardi nel 2021 e 856 milioni nel 2022 (dati della relazione tecnica allegati alla legge di Bilancio 2019). In seguito allo sbarramento dei pentastellati il governo ha in sostanza rinunciato al regime di contabilità analitica sopra certi ricavi (si ipotizzava 30 mila euro) ma, nel contempo, non intende rinunciare alla cancellazione della flat tax per i ricavi da partita Iva registrati dai lavoratori dipendenti con più di 30 mila di reddito.

La clausola di salvaguardia esposta alla Commissione europea, che ha chiesto chiarimenti sul deficit 2020, riguarda il congelamento di una parte della spesa pubblica in attesa di verificare i risparmi di Quota 100 per le uscite previdenziali. Nel mirino inoltre c’è il decreto fiscale in cui oltre alle “manette” per i grandi evasori (carcere oltre i 100 mila euro di imposta evasa) spiccano i tagli ai ministeri per oltre 3 miliardi e l’ingente prestito all’Alitalia. L’inasprimento delle pene per gli  evasori è la misura più contestata da diverse parti politiche (Italia viva ma anche un gruppo di deputati di Forza Italia).

Il ministro dell’Economia Gualtieri rassicura Bruxelles per quanto riguarda la “prudenza” della Legge di Bilancio impostata dal governo Conte 2, in quanto non esporrebbe l’Italia al rischio di una deviazione “significativa” dagli obiettivi economici prefissati e concordati. Mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si dichiara “sereno e convinto della sostenibilità della manovra”. In definitiva via XX Settembre auspica una comprensione da parte dell’Ecofin e della Commissione Ue, che i primi di novembre esprimerà il proprio parere a proposito dei progetti di bilancio dei Paesi membri.

Da Bergamo il presidente della Repubblica Mattarella lancia a sua volta un allarme a proposito di “democrazie fragili” pervase da “domini tecnologici”. “La scienza è portatore di democrazia”, ha affermato il capo dello Stato, ma è “un grande errore non comprendere che le democrazie liberali rischiano di apparire fragili di fronte alla pervasività di ‘domini’ tecnologici che confondono intelligenza e capacità di calcolo”. In sostanza “la rivoluzione digitale ha profondamente modificato i modelli di convivenza, ma dev’essere orientata ad accrescere i diritti di cittadinanza sociale, politica ed economica, tecnologica”.

L’intelligenza artificiale è quindi uno “strumento da maneggiare con cura, non disgiungibile dalla coscienza” e fortunatamente oggi “l’etica inizia a lambire i suoi territori sconosciuti”. Il capo dello Stato mette in guardia da un governo della cosa pubblica affidato al popolo dei clic suggeriti da “qualche guru delle veloci tecnologie digitali”, un metodo indicato magari come formula risanatrice di ogni crisi. Dannoso è infine l’overload o “sovraccarico” di informazioni molto spesso associato al web, per cui molte volte non è facile distinguere il vero dal falso. Un eventuale uso scorretto della Rete apre le porte ad ogni tipo di regressione e indebolisce la democrazia.

La Rete dovrebbe invece incoraggiare “la disponibilità ad aprirci alla conoscenza” che, in quanto “valore in sé, ha anche il potere di abbattere le barriere, favorire lo scambio tra discipline e culture, aprire orizzonti, conoscerci e riconoscerci in una causa comune”.

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