Reputazione e Social
Essendo coinvolti personaggi che godono di rilevante visibilità era inevitabile che una vicenda bagattellare finisse tra le notizie in rilievo e che godesse della pubblicità del caso; diversamente sarebbe stata trattata come le centinaia, se non migliaia, di querele che vengono regolarmente archiviate nel silenzio o che, senza l’onore delle prime pagine, fanno il loro corso giudiziario senza destare scalpore. Ma questa volta, indipendentemente dai personaggi coinvolti, la questione merita un approfondimento.
Stiamo parlando della richiesta di archiviazione da parte di un Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, della querela sporta da Fedez nei confronti di Daniela Martani; quest’ultima, personaggio che è conosciuta per la partecipazione ad un’edizione del Grande Fratello e per alcune campagne sui social, aveva reagito ad una performance del cantante che con la compagna, la nota blogger Chiara Ferragni, aveva festeggiato il proprio compleanno in un supermercato, definendoli idioti palloni gonfiati irrispettosi della vita delle persone e degli animali. Immediata la querela per diffamazione cui la Procura di Roma ha risposto con la richiesta di archiviazione.
Le motivazioni sono peraltro singolari. Il fatto non costituirebbe reato in quanto i social non sono autorevoli, godono di una “scarsa considerazione e credibilità” e, di conseguenza, “non sono idonei a ledere la reputazione altrui”. Onestamente viene da chiedersi se chi abbia scritto questo provvedimento viva in un mondo ormai passato, quando non esisteva neppure il fax e si renda conto della pericolosità di un simile provvedimento.
Iniziamo dalla considerazione che, ancora una volta i giornalisti hanno usato i termini preferiti e consoni per cavalcare la notizia utilizzando sentenza quando si tratta invece di un’ordinanza. Ci si sente rispondere che “la sostanza non cambia” e, invece cambia radicalmente perché, oltre ad avere scarsa considerazione dei loro lettori, non espongono i fatti al punto che qualcuno ha parlato di un precedente storico. Così non è, iniziando dal fatto che nel nostro ordinamento un caso non fa precedente come accade nei telefilm americani che sembrano l’unica infarinatura di diritto di molti giornalisti e di un numero ancor più vasto di lettori. I legali di Fedez si opporranno e molto probabilmente, la vicenda troverà la sua conclusione nella naturale sede del dibattimento, con la felicità di chi uscirà vincitore dalla querelle ma, in ogni caso, i personaggi coinvolti avranno un’occasione e una vetrina in più per godere di visibilità, quell’elemento che è alla base delle loro carriere e, verosimilmente, della loro stessa esistenza.
Non esiste corso di marketing, comunicazione, gestione aziendale, strategia in cui non si metta la visibilità sul web come elemento essenziale per costruire l’esistenza e la reputazione di un brand, di un’azienda, di una persona di spettacolo. Non esiste più un’occasione sociale che non riceva visibilità e riscontro sul web. Se non sei in rete non esisti, è il leit motive dell’era digitale. Lo sanno bene proprio i tre protagonisti della vicenda che, se non esistesse la rete, probabilmente avrebbero svolto un altro lavoro o, perlomeno, avrebbero dovuto faticare molto di più per costruire la loro immagine. Piccola o grande che sia; con più o meno like e visualizzazioni. Quanti personaggi esistono oggi grazie solo ed esclusivamente alla rete? E dove si svolge (qualcuno direbbe purtroppo) una buona parte della vita sociale oggi?
On line, sui social, in interazioni che, per volontà degli stessi protagonisti (tutti noi), devono essere esposte ad un pubblico più vasto possibile. Anche se fosse solo far vedere il nuovo gatto o la pizza che stiamo mangiando. Inevitabile quindi che la rete sia un mondo in cui devono trovare applicazione i principi che regolano il vivere civile e disciplinare i comportamenti degli utenti nello stesso modo in cui si svolge la vita reale: anche con l’applicazione del codice penale. Del resto, non esiste proprio la categoria dei reati on line? Legislatore e giurisprudenza già ne hanno preso atto. Era inevitabile e sempre più andremo in questa direzione considerato anche lo sviluppo delle tecnologie IoT.
Il provvedimento con cui è stata chiesta l’archiviazione, in questo caso, ben si presta a osservazioni e critiche. Ritenere i social strumenti non autorevoli, vuol dire non avere compreso la loro portata o volerla ignorare completamente. Non vi è nato forse un partito di governo sui social? Ritenere che siano uno strumento non idoneo a ledere reputazione altrui autorizza chiunque ad usarli per spargere veleno sul prossimo quando invece già vi sono sentenze che hanno statuito il contrario e l’onore e la reputazione di una persona ben possono essere messi in pericolo di fronte ad un pubblico sterminato.
Attendiamo la decisione sull’opposizione all’archiviazione che, dalla lettura delle cronache, sia stata o verrà depositata. Il GIP viene chiamato a decidere, oltre al singolo caso, se la rete sia mezzo di comunicazione credibile oppure da considerarsi di un livello inferiore a quello della stampa e della TV. La risposta si ritiene sia stata già scritta dal numero delle persone che quotidianamente si connettono.
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