Cetto c’è senzadubbiamente (Film, 2019)
Giulio Manfredonia, nipote di Luigi Comencini, lega il suo nome alle fortune di Antonio Albanese, prima come aiuto regista, poi come autore di È già ieri (2004) – remake efficace di Ricomincio da capo – infine gestendo il personaggio di Cetto La Qualunque in Qualunquemente (2011), Tutto tutto niente niente (2012) e adesso con il divertente e surreale Cetto c’è senzadubbiamente.
gombriamo il campo da possibili equivoci: il film è tutt’altro che memorabile, si tratta di una farsa eccessiva e bislacca dove Albanese mette in primo piano il suo personaggio più volgare per fare comicità dissacrante sulla politica contemporanea. Nonostante tutto diverte, si ride dall’inizio alla fine, senza sosta, quando termina verrebbe voglia di rivederlo per apprezzare ancora le battute strampalate e rozze (ma efficaci!), le canzoncine demenziali, lo slang stravaccato del comico. La storia è un pretesto per mettere in piedi la farsa con tutti i suoi eccessi. Cetto si è trasferito in Germania dove si è sposato con una bionda esplosiva e continua i loschi traffici dei precedenti film, torna in Italia al capezzale di una zia morente per apprendere di essere l’erede Borbone al trono delle Due Sicilie. I monarchici italiani lo prendono sotto tutela e fanno di tutto perché venga eletto re (lui pretende delle Due Calabrie!, ché di Sicilia una basta e avanza…), ma il finale promette sorprese.
Il film è un contenitore comico notevole: dal figlio Melo (stile Cinque Stelle) sempre connesso, sindaco di una cittadina modernizzata con wi-fi e piste ciclabili, alle selezioni per concubine di corte, fino al culmine del qualunquismo politico: Sono la cazzata giusta al momento giusto! L’ultimo capitolo della Trilogia du Pilu è il migliore tra gli episodi usciti, perché non ha tempi morti, è sceneggiato benissimo, non annoia lo spettatore, inanella trovate su trovate fino alla parola Fine. Pure oltre, perché le sequenza girate a Portoferraio sul Forte Stella (puro cinema) sono esilaranti e mostrano un Albanese-Napoleone esiliato all’Isola d’Elba. Guè Pequeno, nei panni di sé stesso, canta la sigla finale insieme ad Albanese, sotto forma di rap comico coinvolgente.
Tutti ne parlano male, Il Fatto Quotidiano afferma che non si ride (maldisposti?), altri tirano in ballo il qualunquismo (essenza del personaggio!), ma a nostro parere Cetto c’è senzadubbiamente è un film onesto, che non prende in giro gli spettatori. Offre un’ora e mezza divertente, una farsa liberatoria, non aspira a calcare i fasti della commedia all’italiana e della commedia sofisticata. Mantiene quel che promette. Per il cinema comico italiano contemporaneo è già molto. Da vedere (ben disposti).
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Regia: Giulio Manfredonia. Sceneggiatura: Antonio Albanese, Piero Guerra. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Alessio Doglione. Musiche: Emanuele Bossi. Durata: 93’. Genere: Farsa. Interpreti: Antonio Albanese, Nicola Rignanese, Caterina Shulha, Aurora Quattrocchi, Gianfelice Imparato, Davide Giordano, Lorenza Indovina, Massimo Cagnina, Mario Cordova, Luigi Petrucci, Mario Patané, Marit Nissen, Guè Pequeno, Matilde Piana.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]