Cronache dai Palazzi

Si cerca un compromesso su plastic tax, sugar tax e stretta sulle auto aziendali. Circola l’ipotesi di un rinvio a metà 2020 per la plastic tax il cui gettito previsto è sceso del 70 per cento (da un miliardo e 300 milioni). La tassa sulle auto aziendali è stata quasi azzerata (16 milioni rispetto ai 347 previsti all’inizio), mentre è rimasta invariata la sugar tax (200 milioni circa). L’approdo in Aula del ddl bilancio è previsto per lunedì.

Italia viva preme sul taglio delle tasse sulla plastica e sulle bevande zuccherate. Secondo il partito di Matteo Renzi mettono a rischio innumerevoli posti di lavoro, circa 5 mila nei settori colpiti. Come twitta il ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova (Italia viva) “la sugar tax colpisce lavoratori, imprese agricole e mondo della trasformazione. E per noi non esistono lavoratori di serie A e B. Per questo Italia viva ne ha sempre proposto la cancellazione”. Eliminando le suddette nuove tasse il governo dovrebbe comunque rinunciare ad un gettito di 5-600 milioni solo nel 2020. Italia viva suggerisce di attingere coperture strutturali dai fondi destinati ad esempio al Reddito di cittadinanza.

Pd e M5S non sono d’accordo e antepongono altre priorità nella gestione delle risorse. “Italia viva ai lavoratori italiani preferisce le multinazionali”, è la replica dei Dem. Mentre per Luigi Di Maio “è sacrosanto che ci siano plastic tax e sugar tax: dire che le aziende devono usare contenitori riciclabili, come dire che gli alimenti con troppo zucchero vanno limitati”. Per di più per il governo si tratterebbe di provvedimenti legati all’ambiente e alla tutela della salute. I Dem vorrebbero inoltre anticipare a gennaio il taglio del cuneo fiscale fissato invece per luglio. “Abbassare le tasse in modo significativo è quel che conta”, ha a sua volta dichiarato il premier Conte.

Fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il premier Conte “ha chiesto alle strutture del ministero dell’Economia di fare un ulteriore sforzo”. Ed è in questo contesto che si è ragionato su un eventuale rinvio dell’entrata in vigore della plastic tax, mentre la tassa sulle auto aziendali slitterebbe a luglio applicandosi alle nuove immatricolazioni e articolandosi in 4 fasce in base alle emissioni. “Non è la manovra delle tasse”, ha ribadito il premier Conte rassicurando il Paese sulla tenuta del governo. “I partiti, a cominciare da M5S e Italia viva non hanno interesse ad andare al voto”, ha affermato il presidente del Consiglio.

Il decreto legge fiscale è arrivato a Montecitorio ed è stato modificato in diversi punti rispetto al testo iniziale del governo. Neutralizzato l’aumento dell’Iva, ampliata la legge Bersani per l’assicurazione Rc auto, con tutti i mezzi posseduti in famiglia ai quali potrà essere riservata una classe di merito più favorevole senza distinzione tra auto e moto. Nessun incentivo invece per l’airbag sulle moto anche se potrebbe essere riconsiderato nel ddl di Bilancio. È stata invece rinviata a luglio la lotteria degli scontrini mentre sono state annullate le multe per i commercianti che non si servano di Pos. Per presentare il 730 ci sarà infine tempo fino al 30 settembre.

A proposito del Mes tocca ora al Parlamento esprimersi  e al premier Giuseppe Conte intervenire nella riforma del Fondo salva-Stati (Mes) per tutelare gli interessi nazionali in Europa. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha confermato che il procedimento è stato bloccato allo stato di “accordo di principio” di fronte all’Eurogruppo di Bruxelles, che avrebbe accolto “la richiesta dell’Italia di dare tempo al Parlamento di esprimersi e anche di chiarire e precisare alcuni aspetti del Mes”.

Attraverso la “difesa degli interessi nazionali” il ministro Gualtieri ha ottenuto delle modifiche tecniche. Prima fra tutte la “flessibilità” per poter fronteggiare l’ingente debito pubblico, nonostante i timori per gli effetti sui titoli di Stato italiani, ed inoltre gli aiuti del Mes alle banche in difficoltà non comporterebbero “l’introduzione di alcuna condizionalità”. In questo modo le banche italiane con titoli di Stato nazionali non subirebbero alcuno svantaggio rispetto alle banche tedesche, francesi e nordiche con maxi esposizioni, evitando così “effetti negativi sulla stabilità finanziaria italiana”. Quest’ultimo punto riguarderebbe l’introduzione della Garanzia europea dei depositi (Edis) che l’Italia vorrebbe fosse allegata alla riforma del Mes, mentre è stata rinviata dall’Eurogruppo senza specificare i tempi. Per Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, a proposito del trattato del Mes “l’accordo politico è stato raggiunto” e ora devono essere affrontate delle “questioni tecniche”. L’Eurosummit dei capi di Stato è in programma il 13 dicembre prossimo.

“La riforma del Mes contiene importanti innovazioni, soprattutto il backstop per il Fondo unico di risoluzione, che aumenterà la stabilità per tutti i Paesi dell’area euro”, ha affermato Valdis Dombrovskis, Commissario europeo per i servizi finanziari, che teme comunque un’eventuale “ristrutturazione automatica del debito, ma non c’è questo automatismo né nel Mes attuale né nel Trattato di riforma”, ha ribadito Dombrovskis.

Per quanto riguarda il debito pubblico italiano, il più alto nell’Unione dopo quello greco, “è comunque un peso e un elemento di vulnerabilità persistente. Quindi è innanzitutto nell’interesse dell’Italia e degli italiani ridurre il debito”, ha sottolineato il Commissario Dombrovskis spiegando però che “i fondamentali macroeconomici dell’Italia sono relativamente solidi, incluso un debito privato relativamente basso e un avanzo delle parti correnti, motivo per cui nel breve periodo i rischi alla sostenibilità sono limitati”. Per di più “i rendimenti dei titoli di Stato sono sostanzialmente scesi rispetto alla fine del 2018, con un importante risparmio sulla spesa per gli interessi, che è una cosa positiva per il bilancio pubblico”.

In definitiva l’Eurogruppo, dopo oltre dieci ore di negoziato, ha raggiunto un “accordo di principio” sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) ma l’accordo non è definitivo. Il Parlamento italiano potrà pronunciarsi a riguardo, come tutti gli altri Parlamenti, prima che i ministri dell’Economia si riuniscano di nuovo in gennaio per apporre il sigillo all’intesa. Incerto invece il percorso che dovrebbe portare all’Unione bancaria, ossia la struttura comune di assicurazione dei depositi. La maggioranza gialloverde aveva optato per la “logica del pacchetto” per cui la riforma del Mes doveva essere ancorata ad una serie di altri provvedimenti, come per l’appunto la realizzazione dell’Unione bancaria assicurando la garanzia europea sui depositi bancari e con principi diversi da quelli stipulati dalla Germania. Il “package approach” è la proposta che tuttora circola a Bruxelles e che il ministro Gualtieri discuterà all’interno dell’Eurogruppo. I ministri finanziari hanno inoltre esortato il governo italiano a “considerare tempestivamente le misure addizionali necessarie per affrontare i rischi identificati dalla Commissione”, soprattutto a causa dell’ingente debito pubblico.

Un No secco alla riforma del Mes è sicuramente da evitare anche per gli effetti negativi sullo spread e quindi sulla spesa per interessi legata al nostro debito pubblico. Nonostante le divergenze, a Palazzo Chigi sono convinti  che “alla fine si troverà un accordo”. Il premier Giuseppe Conte esclude eventuali rischi per il nostro Paese e afferma: “Quando il Mes sarà firmato decideranno i responsabili politici dei singoli Paesi, ci sono tempi e modi che decideremo in seguito”. L’Italia potrebbe magari firmare la revisione del trattato sul Mes con riserva, cioè riservandosi di approfondire i contenuti della riforma subordinando la decisione definitiva al via libera del Parlamento.

Il governo italiano dovrà inoltre approvare in via definitiva la manovra di Bilancio entro il 31 dicembre. In caso contrario entrerebbe in vigore il cosiddetto “esercizio provvisorio” che imporrebbe drastici limiti di movimento al governo.

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