Centrafrica, la Francia e l’Unione Europea
Non si può negare il fatto che la Francia sia isolata in Centrafrica. Creare un fondo europeo permanente di aiuti alle operazioni esterne, come l’ha chiesto François Hollande, sarebbe un aiuto prezioso. Ma ci si chiede se la diplomazia francese abbia agito sempre lucidamente.
La Francia interviene in Centrafrica in nome dell’Europa? E’ la domanda che aleggia intorno alla richiesta di François Hollande di creare un fondo per gli interventi esterni dell’Unione Europea. Durante la sua recente visita ufficiale in Brasile, Hollande aveva perorato la causa di “un fondo europeo permanente, non un fondo da decidere caso per caso”. Quest’idea va senz’altro nella direzione di un’Europa di Difesa, ma l’intervento francese in Centrafrica è frutto di una volontà condivisa con l’Unione? La dichiarazione di Hollande è stata giudicata “maldestra” da parte di Jean Dominique Giuliani, Presidente della Fondazione Robert Schuman. L’esperto di questioni europee, non è ottimista sulla risposta positiva da parte dei partner europei nel creare un tale fondo. Certamente l’idea aprirà una strada nella direzione voluta dalla Francia. In effetti l’UE e le Nazioni Unite hanno già annunciato che avrebbero sbloccato 50 milioni di euro ciascuna affinché l’operazione Sangris andasse a buon fine. Con un distinguo “l’obiettivo ufficiale è quello di rafforzare la forza centrafricana”. L’aiuto alla Francia è quindi indiretto. Per quanto concerne l’idea di dedurre le spese francesi di guerra dalle esigenze di riduzione del deficit francese (al di sotto della soglia del 3%), Giuliani non crede venga accettata. “Vorrebbe dire creare il precedente per altre richieste, altrettanto legittime, in campo di formazione e ricerca, L’Europa non accoglierà questa richiesta”. Se si può rimproverare la Francia di non aver consultato a sufficienza i suoi partner europei, una consultazione vera e propria avrebbe potuto avere effetti perversi: conosciamo tutti le lungaggini della burocrazia dell’Unione, il nulla osta dell’Europa sarebbe potuto arrivare troppo tardi. La Francia era, ad onor del vero, quella con una posizione migliore per intervenire e le Nazioni Unite volevano quell’intervento. Il carattere d’urgenza della situazione di guerra civile pare poco opinabile. Ma, viene anche da chiedersi: la Francia agisce senza doppi fini? Gli altri Stati possono formulare una quantità di obiezioni, tutte legittime. Una per tutte: il suo passato coloniale.
La cosa interessante venuta fuori da questa storia è che per la prima volta dal 2008, i dirigenti europei giovedì hanno parlato di difesa e adottato una serie di programmi di cooperazione che mostrano la volontà di avanzare “passo per passo” in un campo dove gli Stati vogliono preservare la loro autonomia. “La difesa conta”, hanno dichiarato i Capi di Stato e di Governo alla fine di due ore di discussioni a Bruxelles. “L’Unione Europea deve far fronte a maggiori responsabilità” di fronte alle sfide sulla sicurezza alle quali i 28 Paesi vengono confrontati, sempre più numerosi dall’inizio delle Primavere arabe. Ma al di là delle dichiarazioni, la riunione ha riportato alla luce le divergenze tra i 28 Paesi dell’UE su questo argomento sensibile, che tocca direttamente la sovranità degli Stati. Il Primo Ministro britannico, David Cameron, ha dichiarato in modo forte e chiaro i limiti del dibattito, riaffermando che Londra avrebbe bloccato qualsiasi iniziativa che andasse nel senso della formazione di una difesa europea.
Riuniti a Bruxelles, i dirigenti europei hanno esaminato nuovamente la possibilità di dare un “quadro Europeo” all’operazione francese in Centrafrica. Hollande ha annunciato al termine dei colloqui, che l’Unione avrebbe preso in Gennaio una decisione sull’autorizzazione di una missione europea in Centrafrica per andare in sostegno all’intervento francese. “Quello che ho ottenuto questa mattina, è non solo che chi sia un sostegno unanime degli Europei (…) ma che ci possa essere una missione europea, un’operazione europea che potrebbe essere decisa nel corso del consiglio degli Affari Esteri di Gennaio”, ha dichiarato. Questa missione potrebbe essere civile e “resa operativa il più rapidamente possibile. Non chiedo ci siano truppe per azioni militari.(…) Quello di cui abbiamo bisogno è una presenza in postazioni ben precise: aeroporto e sostegno sanitario”, ha precisato durante una conferenza stampa. L’europeizzazione dell’operazione permetterebbe di ottenere un finanziamento comune.
Sembra più una vittoria a metà per il Presidente francese, e del poco consenso che raccoglie questa sua caparbia ricerca di consensi è cosciente la stampa francese. Secondo Il Parisien i partner esitano a seguire l’”Hollande Capo di guerra (…) Per numerosi Stati Europei, il Centrafrica è molto lontano.” Liberation da parte sua afferma che alla delegazione francese a Bruxelles è stato chiesto di “pedalare all’indietro: niente truppe europee in Cetrafrica, ma anche in campo finanziario, Parigi non si aspetta miracoli”. Da parte sua, il Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Roumpy, ha precisato che i dirigenti dei 28 Stati membri dell’UE avevano chiesto al capo della diplomazia dell’UE, Catherine Ashton, di presentare a Gennaio delle opzioni per contribuire alla stabilità del Paese attraverso una missione UE. Questa operazione potrebbe essere paragonata ad una delle tante missioni, civili e militari, alle quali l’UE partecipa oggi nel Mondo, soprattutto in Africa. François Hollande ha voluto fare il paragone con la formazione dell’esercito in Mali, lanciata in primavera dopo l’intervento franco-africano nel Paese. La crisi centrafricana mostra nuovamente l’importanza per i Paesi europei di disporre di capacità di reazione e mezzi di coordinamento appropriati per assumersi le proprie responsabilità quando serve, ha puntualizzato Van Rompuy. Ma oggi sembra stiamo ancora agendo per compromessi.
Sul terreno in Centrafrica, la situazione è sempre molto tesa. Si sono sentiti molti spari, per molte ore, nel campo militare dell’aeroporto di Bangui dove hanno il loro presidio i 1600 soldati francesi e le truppe della forza africana Misca e dove vivono anche molti profughi, in maggioranza cristiani, che fuggono alle violenze interreligiose, in uno stato di disagio e precarietà totale. Secondo una recente indagine di Amnesty International, dallo scorso 5 Dicembre, il massacro tra cristiani e musulmani, la religione della maggioranza degli ex ribelli, hanno causato la morte di un migliaio di persone. Intanto che l’Europa prende tempo per decidere, la Casa Bianca ha inviato la sua ambasciatrice press le Nazioni Unite per cercare di convincere il Presidente Djotodia a rinunciare di inserire 5000 miliziani musulmani nelle forze di sicurezza nazionali nel timore che questa sia la scintilla che trasforma il Centrafrica in un altro Ruanda. Ricordiamo ancora una volta che l’85% della popolazione centrafricana è cristiana. I timori di Washington, e non a torto, non sono solo il genocidio. Una guerra religiosa in Centrafrica consentirebbe a cellule jihadiste di insidiarsi ed insediarsi come già è avvenuto in Somalia e Nigeria.
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