La partigiana Chicchi
«In questo deserto di figure politiche di spessore, in un’epoca nella quale le pari opportunità vengono ampiamente rispettate perché la pochezza degli esemplari è sia di genere femminile che di genere maschile, mi fa piacere ricordare una donna morta quasi un anno fa, Teresa Mattei, la partigiana Chicchi.
Molti, anzi moltissimi non sanno chi fosse Teresa; in questa epoca di falsi miti che vengono sfornati tarati alla Maria de Filippi, in formato televisivo e con la scadenza di vita di uno yogurt, mi fa piacere ricordarla. Teresa era una combattente, nel senso più ampio della parola. Una donna attivissima nel tessuto sociale dell’epoca (parliamo di una donna nata nel 1921) e sempre molto attenta ai diritti delle donne e dei bambini. Veniva da una famiglia di liberali e raccontando della sua famiglia diceva: “Mio padre ce l’aveva con il Papa perché aveva fatto accordi con Mussolini ed era suo amico. E questo fatto era contrario ad ogni insegnamento dogmatico della Chiesa”. Fu staffetta partigiana – “l’unica volta che mi misi del rossetto fu per mettere una bomba” – e fu vittima delle torture naziste, ma non mollò mai.
L’uso della mimosa come simbolo dell’8 Marzo fu una sua idea; iscritta al Partito Comunista d’Italia nel 1942, si laureò in Filosofia presso l’Università di Firenze nel 1944. Teresa Mattei partecipò attivamente alla lotta per la Liberazione con il nome di battaglia di “partigiana Chicchi”, soprattutto nelle cellule comuniste che operavano nella città di Firenze. Un gruppo che non si tirò indietro di fronte ad azioni sanguinose come l’omicidio di Giovanni Gentile, che lei stessa in vecchiaia raccontò nei particolari. A lei ed al suo gruppo combattente si ispirò Roberto Rossellini per l’episodio di Firenze del celebre “Paisà”.
Quando è mancata, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano l’ha definita una donna ribelle e anticonformista che “è rimasta sempre coerente con gli ideali di libertà e di democrazia. Nel lungo corso della sua esistenza si è dedicata con infaticabile impegno nell’affermare i diritti delle donne nella società e quelli dell’infanzia, in attuazione dei principi di quell’articolo 3 della Costituzione alla cui redazione aveva efficacemente contribuito”.
Donne di altri tempi, nate e cresciute in un’epoca dove i valori erano comunque valori e dove si offriva la vita per gli ideali. I giovani di oggi dovrebbero obbligatoriamente conoscere storie come questa, al di là delle ideologie: per sapere dei caratteri buoni e cattivi di persone che hanno lottato per far in modo che noi, inetti, distruggessimo tutto quello che loro hanno contribuito a costruire in poco più di vent’anni.»
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