“Lo dicono tutti!”, tra percezione e realtà
Lo psicologo Solomon Asch nel 1951 mise in atto un esperimento per analizzare come il comportamento dei singoli viene influenzato dal conformismo di gruppo. Se una massa ripete lo stesso pensiero, il singolo è portato ad adeguare il proprio giudizio a quello generalista, anche se palesemente assurdo, assumendo la stessa posizione degli altri componenti. Il professor Asch formò un gruppo di 8 persone di cui 7 erano ‘complici’ e uno la cavia; a tutti furono mostrate sequenze di linee rette di diversa altezza, con misure nettamente differenziate. Fu chiesto a tutti i componenti quale fosse la linea più lunga e tutti indicarono quella che effettivamente era la maggiore. Dopo alcune prove ‘corrette’, i 7 complici iniziarono a indicare come maggiore una linea retta chiaramente più corta delle altre, il soggetto cavia era stata designato a rispondere all’ultimo o penultimo posto, e si conformò al resto del gruppo indicando anche lui la linea sbagliata.
Il risultato degli studi del team del professor Asch è quanto mai visibile oggigiorno nella società liquida in cui siamo immersi, dominata dai social, ove vige il motto “lo dicono tutti”, quando non è mai chiaro su quali basi queste convinzioni si formino. Il processo di creazione di una realtà virtuale ed errata inizia quando un’opinione diventa certezza, quanto più questa viene ripetuta. Le convinzioni restano granitiche e inattaccabili anche di fronte all’evidenza. Esempi ne abbiamo vari e clamorosi, emergenza migranti? Inutile insistere che se l’anno precedente l’avvento del governo giallo-verde gli arrivi erano stati 64.000, già a gennaio 2018 erano scesi a 14.000 e oggi siamo attesati a 11.000; il mantra è sempre quello, dell’invasione, la percezione è che sia in corso un’invasione.
A seguire l’altro tormentone social-popolare di come Prodi, economista di livello mondiale e Presidente della Commissione Europea, sia stato la rovina del paese, peccato che anche qui la realtà sia ben diversa dalla percezione di massa alimentata da parti politiche interessate. Il record del debito pubblico spetta a Matteo Renzi, allo scadere del suo breve regno di 1.000 giorni, lasciò in regalo agli italiani € 2.167 in più di debito pro-capite, portandolo da 2.110 miliardi a 2.230; il 7,6% in più. Silvio Berlusconi è vissuto di debito a nostre spese per 20 anni, aumentando il debito pubblico del 7%. A titolo di raffronto Enrico Letta si limitò a un misero 0,9% e il tanto bistrattato Mario Monti tenne l’aumento al 5,5%, mettendo peraltro in cantiere misure a favore dei governi successivi. E il tanto odiato Romano Prodi? Il suo governo fu l’unico a fare calare il debito pubblico, esattamente del 2,1% fra il 2006 e il 2008, con la variabile a suo favore che la grande crisi arrivò nel 2009, ma la realtà lo premia.
L’euro è stato la rovina dell’Italia e il changeover si è mangiato gli stipendi degli italiani facendo raddoppiare i prezzi? I fatti sono che nel 1999 furono bloccati i cambi e nel 2002 avvenne il changeover lira-euro, in questi anni l’inflazione si è attestata al 2,5%-2,7% con un complessivo 10%. Ben lontano dal tanto urlato 100%, ma a fronte di una percezione mediamente più a alta a livello europeo, l’Italia si distinse piazzandosi al primo posto (seguita dalla Grecia) riguardo la convinzione che l’inflazione fosse stata insopportabile, i cittadini convinti di un valore stratosferico di aumento dei prezzi ha superato il 70%. Per fortuna tutto falso, complice una politica avventata e populista, il fatto che sono aumentati di più i generi maggiormente visibili come frutta e verdura (motivi climatici), la ristorazione (già dal 1998 arrivando al 40% fino al 2003), le giocate, i trasporti pubblici, senza tenere conto delle riduzioni e della media del paniere che è il vero indice, senza scordare l’errato calcolo di fare sbrigativamente il calcolo del changevoer ponendolo a quota 2.000 con un aumento fittizio del 3,3% percepito, ma inesistente.
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