Sanremo, musica per gli occhi

Anche questo Festival di Sanremo è passato, ed il chiacchiericcio, vero protagonista, è quello che resta. Ad una settimana dalla chiusura della manifestazione italiana più seguita, come dimostrano gli share televisivi, ancora si parla dei suoi protagonisti, ad iniziare da un presentatore che, secondo alcuni, addirittura facendo dei passi indietro, ha saputo tenere il suo ruolo, pur avendo accanto la costante e ingombrante presenza dell’istrionico Fiorello, colui che ha sdoganato in TV il genere “villaggio vacanze” con il suo karaoke, probabilmente il primo programma di TV trash in cui il pubblico non esitava a mettersi alla berlina per un momento di celebrità. Più che un co-conduttore, Fiorello sembra essere stato il regista ombra di questa edizione.

Oggi è difficile immaginare un conduttore compassato, impeccabile e con lo stile e la cultura di Nunzio Filogamo (studiò alla Sorbona) che con il suo “Cari amici vicini e lontani” riuscì a dare un’idea della potenza del mezzo prima radiofonico e poi televisivo. Finita l’epoca di un Baudo padre padrone della scena e messi per un attimo da parte i cantanti prestati alla conduzione, Amadeus si è probabilmente guadagnato un bis per l’anno prossimo.

Quello del conduttore è stato fin dalla conclusione del Festival, uno degli argomenti più discussi, così come quello del look di tutti coloro che si sono succeduti sul palcoscenico. Su tutti i trasformismi di Achille Lauro, che sembra voler seguire le tracce di altri personaggi che si sono distinti in passato per i loro stili e le loro metamorfosi in scena. Ma ce ne vuole per raggiungere i livelli e, più che altro, il carisma di un David Bowie o Elton John, che ai loro esordi si presentavano con look che, data l’epoca, erano ben oltre il trasgressivo e il provocatorio.

Si è poi parlato degli interventi degli ospiti, dalla reunion dei Ricchi e Poveri alle ormai ordinarie polemiche sul compenso per Roberto Benigni che ha riciclato un suo monologo del 2006 e non ha mancato una frecciata a Matteo Salvini. Ma Benigni non è nuovo a riscaldare i suoi interventi; a chi è sfuggito che un vecchio monologo su Craxi venne ripetuto identico cambiando solo il protagonista con Silvio Berlusconi? Tra gli altri argomenti di discussione, il primo abbandono in diretta di un cantante e la squalifica conseguente.

Insomma un festival su cui c’è stato e c’è ancora molto da dire. Si potrebbe anche spendere qualche parola sulla durata del programma: cinque serate che hanno intrattenuto i telespettatori ben oltre i normali orari da sabato sera. Lunghi tempi da riempire oltre la pubblicità, ma autori e conduttori ci sono riusciti.

Vengono però alla memoria i festival del passato, quando in una serata soltanto i veri, unici, protagonisti della serata erano i cantanti. Pochissimi ospiti e il Festival. In meno di una notte si esauriva. Altri tempi? Certamente, ma anche altri contesti e una musica diversa; una musica che conosceva solo note, testi e arrangiamenti senza dare peso alcuno al look, allo stile, alla provocazione. Ma show must go on, e quindi via libera alla musica da videoclip, da provocazione, da talent show, dove non si esiste né si sopravvive senza uno stile che possa essere visto, cliccato, linkato, commentato.

Ha vinto un brano decisamente stile melodico sanremese, che almeno su questo ha ricondotto il festival nei binari tradizionali. Forse in molti al nome del vincitore si sono immedesimati nel manzoniano Don Abbondio, e chiedersi “Diodato? Chi era costui?”.  Ma anche questo forse è parte dello show.

Una vittoria di un rapper, forse sarebbe stato troppo. Ma probabilmente non era vincere il loro obiettivo; decisamente più importante l’esserci e farsi vedere, magari al punto di provocare per farsi squalificare, con la certezza che è un sistema migliore per garantirsi visibilità che non quello di classificarsi al primo posto.

Non cominciò così anche Vasco Rossi che non riuscì mai a competere neppure per i primi posti nelle sue ormai remote partecipazioni? E forse qualcuno ricorda che il suo successo “Vita spericolata” era una riedizione della quasi fotocopia “Splendida giornata”.

In ogni caso, il dubbio che Sanremo, oltre ad essere lo specchio dell’Italia nazionalpopolare, sia diventato anche quello di una musica fatta più di look ed immagini che non di testi e canzoni, decisamente rimane.

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