L’Europarlamento dopo la Brexit
Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea lo scorso 1 febbraio, i deputati sono passati da 751 a 705, si pone quindi il problema della redistribuzione dei 73 seggi ex-britannici nell’assemblea di Strasburgo, rimasti vuoti.
27 scranni sono stati ridistribuiti tra vari Paesi dell’Unione, mentre altri 46 sono stati messi a riserva per futuri allargamenti. Gli equilibri tra gli stati membri non vengono toccati in quanto il numero di eurodeputati per Stato membro è proporzionale all’entità della popolazione e varia da un minimo di 6 a un massimo di 96 rappresentanti come ha spiegato Federico De Girolamo, addetto stampa del Parlamento Europeo: “La ridistribuzione dei seggi assicura che nessun paese dell’Ue perda alcun deputato, mentre alcuni paesi guadagnano da uno a cinque seggi, per far fronte alla sotto-rappresentazione dovuta ai cambiamenti demografici. La nuova distribuzione tiene conto delle dimensioni della popolazione degli Stati membri e della necessità di un livello minimo di rappresentanza per quelli più piccoli. Il principio di “proporzionalità degressiva” significa che i paesi più piccoli hanno meno deputati rispetto ai paesi più grandi, ma anche che i deputati di un paese più grande rappresentano più elettori, rispetto ai loro omologhi dei paesi più piccoli“.
La Germania resta il paese con il numero più alto di seggi per Paese nel Parlamento europeo contando sul massimo stabilito di 96 parlamentari. Segue la Francia che con la Brexit andrà invece a guadagnare cinque seggi, passando da 74 a 79 eurodeputati. Viene quindi il turno dell’Italia, terzo Paese nell’Europarlamento, i cui parlamentari aumenteranno da 73 a 76. Anche la Spagna guadagnerà seggi dalla brexit, i suoi eurodeputati aumenteranno di 5 arrivando a contare 59 seggi. Per quanto riguarda gli altri Paesi membri, i Paesi Bassi guadagnano tre seggi, mentre l’Irlanda ne aggiunge due. Polonia, Romania, Svezia, Austria, Danimarca, Slovacchia, Finlandia, Croazia ed Estonia invieranno tutti un parlamentare in più in Europa. Il numero di rappresentanti di Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Portogallo, Bulgaria, Lituania, Lettonia, Slovenia, Cipro, Lussemburgo e Malta è rimasto invece invariato. Una proposta della commissione per gli affari costituzionali che chiedeva l’elezione di un certo numero di eurodeputati in una circoscrizione elettorale a livello europeo, è stata respinta dall’Aula.
Mutano anche i rapporti tra le forze politiche con l’uscita del Regno Unito, dei 27 seggi redistribuiti sanno 5 che andranno a rinfoltire il Partito Popolare europeo, 4 assegnati al Partito Socialista europeo che contestualmente ne perde 10 eurodeputati con un saldo negativo finale di 6 seggi in meno. Un salasso per i liberali di Renew Europe il cui gruppo politico vedrà mancare tra le proprie fila ben 17 eurodeputati, lenendo la ferita con la riassegnazione di 6 seggi. Altri tre andranno al gruppo Identità e Democrazia, di cui fa parte la Lega. I Verdi avranno sette seggi in meno, i conservatori di Ecr se ne vedranno tolti tre e la sinistra della Gue ne perderà uno.
Per quanto riguarda il nostro paese, i tre italiani che beneficeranno della brexit sono Vincenzo Sofo della Lega che entrerà a far parte del gruppo sovranista LD; Sergio Berlato di Fratelli d’Italia che si unirà al gruppo conservatore ECR; Salvatore De Meo che si insedierà tra le fila dei popolari. Curiosamente ci sarà un quarto italiano che siederà a Strasburgo, Sandro Gozi, ex sottosegretario agli Affari europei durante il governo di Matteo Renzi, eletto in Francia con il gruppo liberaldemocratico Renew. Tra gli effetti della redistribuzione il sorpasso dei sovranisti sui Verdi, con la Lega che salirà a 29 pareggiando il numero dei parlamentari del partito della Merkel, il depauperamento dello schieramento verde potrebbe fare aprire le porte all’entrata dei parlamentari del M5S. Da non sottovalutare lo spostamento del baricentro politico dato dall’uscita di Londra e conseguenziale rafforzamento dell’asse franco-tedesco.
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