Trent’anni senza il genio pop di Haring
Keith Haring ha vissuto solo trentuno anni, ma è riuscito a scuotere e segnare irreversibilmente il mondo dell’arte, del design e della moda. Il 16 febbraio scorso ricorreva il trentennale della morte di questo artista poliedrico e controverso, icona dell’arte pop e portavoce di un’espressione artistica capace di attrarre e coinvolgere un pubblico universale utilizzando il surrealismo e la caricatura.
I suoi disegni sono inconfondibili, nati da una profonda passione per i fumetti e cartoni (trasmessagli dal padre fin da piccolissimo) mescolati con elementi di altre culture come i geroglifici egiziani e i disegni aborigeni.
Allo stesso modo, fin da giovanissimo, si sente attratto dai luoghi pubblici, considerati da Haring perfetti laboratori nei quali potersi esprimere in piena libertà. Tra questi, l’artista predilige la metropolitana con i suoi spazi pubblicitari vuoti da colmare con accattivanti disegni. È proprio nei corridoi della metropolitana che, nel 1980 disegna per la prima volta il Radiant Baby, diventato in seguito il simbolo identificativo della sua arte.
Amico di Jean-Michel Basquiat, con il quale, per attirare l’attenzione di Andy Warhol, dipinge la postazione del dj di un locale in una notte. Quando il proprietario se ne accorge, si arrabbia e la fa ridipingere. Pochi anni dopo se ne pentirà amaramente per non avere tenuto l’unico lavoro a doppia firma Haring/Basquiat.
Tra le frequentazioni di Haring c’è anche Madonna, conosciuta agli albori della sua carriera di cantante. Sarà proprio Haring a disegnare la giacca rosa shocking che la star usa per cantare la prima volta Like a Virgin.
Durante la sua breve vita, usa la sua inconfondibile cifra stilistica come contributo a varie questioni sociali quali l’Apartheid in Sud Africa, l’AIDS, il muro di Berlino (sul quale realizza un murales lungo 300 metri) e la droga. Ancora oggi è attiva una Onlus da lui fondata che si batte per i diritti degli omosessuali.
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