Skullbreaker, la stupidità in Rete

Una volta esisteva lo schiaffo del soldato, adesso che la Rete amplifica tutto, siamo arrivati allo sgambetto spaccatesta, detto anche skullbreaker challenge o rompecraneos, nome datogli in Sudamerica dove l’ennesima follia della Rete sembra sia nata. Si tratta di una apparente ragazzata innocente in cui tre amici saltano insieme in contemporanea. All’improvviso i due che si trovano di lato, in contemporanea, sgambettano o scalciano violentemente la vittima, quello al centro, che perde l’equilibrio e cade di schiena o, peggio, a volte di testa.

Ovviamente il tutto deve essere ripreso e messo in Rete. Il tutto potrebbe concludersi con una risata ma, come possono immaginare in molti, ma non certo i protagonisti di questo assurdo gioco, le possibilità che la vittima possa farsi male, molto male, non sono certo remote.  Coloro che cadono possono rompersi ovviamente la testa, ma anche, danneggiare i nervi e anche subire gravi lesioni al midollo spinale a causa dell’impatto.

Un ragazzo in Arizona ha riportato gravi lesioni e le cronache parlano di una ragazza morta in brasile a seguito della caduta. Le autorità sono intervenute a Singapore e in Tailandia, ma tutto ciò sembra non fermare i giovanissimi che postano i risultati delle loro imprese sui social, in primis il temibile Tik Tok.

Purtroppo la Rete ha un effetto per alcuni aspetti devastante e anche quando dovrebbe inibire comportamenti pericolosi, specialmente per chi li pone in essere, sembra che non abbia alcun effetto dissuasivo bensì di amplificazione. E’ accaduto per le secchiate di ghiaccio, ma in quel caso chi si è fatto male poteva prendersela solo con se stesso. Ma è accaduto, purtroppo, per la ten years challenge, in cui in molti, anche non giovanissimi, hanno messo in Rete, regalando a Facebook il proprio volto come era e come è oggi. Poi i poco consapevoli utenti hanno regalato ad una società con sede in Russia le immagini del proprio volto come è oggi e di come sarà tra qualche anno. In entrambi i casi si è data a qualche sconosciuto la possibilità di profilarci per un riconoscimento facciale.

E’ di questi giorni la notizia che una vittima di revenge porn è stata licenziata dal suo datore di lavoro, stanco di ricevere telefonate da persone che chiedevano di incontrare una sua dipendente il cui video intimo aveva fatto letteralmente il giro del mondo. Si tratta di episodi che, per un osservatore distratto, non hanno alcun legame tra loro, ma che sono invece punte dell’iceberg dei rischi e pericoli cui si va incontro in Rete.

Lo Skullbreaker è sicuramente caso diverso rispetto agli altri, ma sintomatico di come la potenza del mezzo internet e dei social possa far perdere il controllo specialmente in chi, ancora, non si è formato una piena coscienza e agisce per spirito di emulazione cercando solo visibilità; in qualsiasi modo ciò possa essere fatto, con l’inconsapevolezza che la Rete ha una memoria infinita e che non possiamo sapere chi entrerà in possesso di un nostro video o immagine. Lo sa bene l’ex candidato a sindaco di Parigi, costretto al ritiro dalla competizione elettorale per un suo video intimo. E non dimentichiamo che alcuni episodi di cyberbullismo si sono conclusi con il più tragico epilogo: il suicidio della vittima. Un rischio che, sicuramente, i giovani autori neppure si prospettano, ma che è dietro l’angolo e di cui potrebbero essere chiamati a pagare le conseguenze.

L’informazione non è decisamente abbastanza, si tratta di un più complesso problema di educazione e consapevolezza ormai non più solo della protezione di sé stessi e dei propri dati, aspetto che è comunque quello fondamentale, ma ormai di veri e propri atti criminali che possono avere conseguenze non solo tragiche per le vittime, ma anche pesanti per autori che si muovono solo perché spinti dalla Rete.

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