Il Gian Burrasca
Non so quanti lettori delle generazioni successive alla mia (sono, ahimè, tante ormai) conoscano o ricordino Il Giornalino di Gian Burrasca, un libro di Vamba che era una lettura comune e diffusissima per noi piccoli. Gian Burrasca era uno scolaretto estroso, sfrontato e vispo, capriccioso e imprevedibile, autore di scherzi ingegnosi e divertenti. In fondo simpatico e nell’insieme innocuo perché i suoi comportamenti e le loro conseguenze erano in definitiva infantili e bonari.
Matteo Renzi mi ricorda inevitabilmente quel personaggio della nostra infanzia. Ne ha tutte le caratteristiche, simpatia e sfrontatezza incluse, ma non l’innocuità. Lui non è uno scolaretto, ma un politico di prima linea (e che aspira rimanerlo) e gioca un gioco pericoloso per il Paese.
A nessuno sfugge che, chiunque si preoccupi sinceramente dell’avvento di un lungo governo della destra estrema (appena temperata da qualche remora di un Berlusconi che conta sempre meno) dovrebbe unire le sue forze, mettendo da parte le pur legittime differenze, e andare avanti in modo coerente e solidale su un programma di pochi punti essenziali per il Paese (tra i quali non credo vi sia la prescrizione) e che veramente sono al centro delle preoccupazioni della gente: economia, sicurezza, immigrazione, e tutto quanto tocca il futuro nostro e dei nostri figli. Tutto questo calato in un mondo sempre più complesso e indecifrabile, in cui si intrecciano le ambizioni e le mosse di giocatori ben più forti di noi: Cina, Russia, gli Stati Uniti di Trump.
Il nostro Gian Burrasca che fa, invece? Scherza, attacca, provoca, con l’aria di divertirsi moltissimo e causa quotidianamente danni che paiono sempre meno riparabili. Dice di non voler far cadere il Governo ma si dichiara lieto di andare all’opposizione e sfida Conte a trovare chi rimpiazzi i parlamentari di Italia Viva. Ai suoi tempi di Segretario del PD e Premier, erano rissose minoranze di sinistra a fare da sfasciacarrozze, incuranti del rischio (una certezza, in realtà, poi puntualmente realizzatasi) di consegnare il Paese ad una precaria accozzaglia populista. Ora è lui, che ha tutta l’aria di star vendicandosi, con la stessa incuranza delle conseguenze.
Ora, pare che lui e Conte si incontreranno e, si spera, si parleranno onestamente. Magari faranno pace, ma si tratterà di una pace armata e precaria. Se non sarà addirittura rottura aperta. Questo dipenderà dall’autocontrollo di Conte e dai margini di compromesso di cui dispone, non avendo nessuna o scarsissima forza autonoma. Che succederà se, o piuttosto quando, la rottura sarà insanabile? Può darsi che Conte e Zingaretti trovino una decina di “responsabili” in grado di completare al Senato la maggioranza azzoppata dall’uscita dei renziani. Renzi stesso ha potuto governare grazie all’appoggio dei gruppetti di Verdini e di Alfano. È certo che la prospettiva di uno scioglimento delle Camere spinge in questa direzione tutti quelli che non hanno possibilità di essere rieletti, tra cui in primo luogo e soprattutto i parlamentari renziani, tutti eletti nelle file del PD e, specie se passa la proporzionale, mi pare abbiano ben poche possibilità di essere rieletti.
Salvini sta cucinando un piatto forte per l’Italia (alla fine, se non ci fosse di mezzo il tema chiave dell’Europa, verrebbe quasi voglia di provarlo) ma a me pare che non abbia da lavorare troppo, visto l’aiuto che gli stanno dando cuochi del genere del nostro Gian Burrasca.
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