Italia delle Regioni
Il tema della lotta al caporalato va affrontato con grande attenzione e con una logica di sistema, visto che qui si gioca una partita importante per il nostro Paese: “L’Anci è in prima linea nella gestione di questo progetto che ha sposato con grande passione ed entusiasmo. Come Comuni siamo pronti a metterci in gioco lavorando innanzitutto su due temi: quello del trasporto e quello dell’alloggio dei lavoratori, approfondendo le esperienze già realizzate sull’housing sociale”. Lo ha detto il Presidente del Consiglio nazionale Enzo Bianco, intervenendo alla presentazione del progetto ‘Lavoro stagionale dignità e legalità promosso dalla Fondazione ‘Osservatorio Agromafie’, insieme a Coldiretti e appunto l’Anci per contrastare il caporalato nel lavoro stagionale in agricoltura.
L’iniziativa è stata illustrata a Roma, nella sede di Coldiretti, nell’ambito di un convegno con la partecipazione del presidente di Coldiretti Ettore Prandini, dei ministri dell’Interno Luciana Lamorgese, dell’Agricoltura Teresa Bellanova, della Giustizia Alfonso Bonafede, del Lavoro Nunzia Catalfo e degli Esteri Luigi Di Maio. Presenti anche il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi, che è coordinatore del progetto, e Gian Carlo Caselli, membro del comitato scientifico di Agromafie.
L’obiettivo del progetto è quello di migliorare la disciplina e gestione del lavoro stagionale, al fine di assicurare condizioni di lavoro dignitose e legali, e, al tempo stesso, di consentire alle imprese agricole di sostenere la concorrenza internazionale. Molto in sintesi si partirà da tre aree di sperimentazione (Saluzzo, Latina e Foggia) dove si cercherà di sviluppare nuove regole condivise che consentano di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro legali da parte dei lavoratori stagionali.
“Come Comuni – ha evidenziato ancora Bianco – vogliamo fortemente contribuire ad estirpare la piaga del caporalato soprattutto in alcune zone del Paese dove è clamorosamente in mano alla criminalità organizzata. Le amministrazioni comunali sono interessati a questo progetto per due motivi fondamentali. “Da un lato “siamo consapevoli che un clima di illegalità diffusa crea condizioni che minano la stessa convivenza civile; dall’altro – ha spiegato l’esponente Anci – sappiamo che in questo momento il Paese vive il problema drammatico dell’abbandono delle campagne e dei piccoli borghi. Sostenere un progetto simile aiuterà sicuramente a contrastare un fenomeno irreversibile che mette a rischio persino la tenuta idrogeologica del territorio”.
“Il Viminale è molto impegnato nel contrasto del caporalato che è un tema complesso che chiama innanzitutto in causa molti diritti garantiti dalla Costituzione, della persona, al lavoro dignitoso fino alla libertà di impresa e concorrenza”, ha affermato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. La sua complessità “è legata al fatto che il fenomeno non nuoce solo alle vittime dello sfruttamento, ma anche ai territori dove si concentra provocando il deterioramento delle condizioni di sicurezza aggravato dalla presenza di insediamenti irregolari di lavoratori”. Per questo secondo il ministro la vera sfida per estirpare il fenomeno passa “da una programmazione delle misure già esistenti che hanno bisogno di essere implementate adeguandole alla realtà che muta”
“Il tema del caporalato è trasversale riguardando il consumatore, la leale concorrenza, la tutela salute e del made in Italy e ma anche i flussi migratori”, ha affermato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede richiamando tutti ad un impegno sinergico, visto che “non può essere affrontato a compartimenti stagni”. Il ministro ha annunciato anche che nel prossimo consiglio ministri sarà presentato un ddl in materia di illeciti agroalimentari che prevede due tutele per la salute pubblica e per le imprese contro condotte fraudolente nel settore alimentare (come agropiraterie).
Da parte sua il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ha sottolineato l’impegno del suo ministero nel contrasto al caporalato. “Appena mi sono insediata ho subito attivato un tavolo interministeriale su questo fenomeno coinvolgendo tutti i soggetti coinvolti. Proprio dando seguito a tale azione, giovedì prossimo – ha annunciato – verrà approvato un piano triennale di contrasto che interverrà su 10 assi specifici di azione, stanziando 85 milioni di euro per la sua attuazione”.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha ricordato come il “Comitato interministeriale del ministero ha adottato un piano quinquennale 2016-2021 – che fa dell’Italia il primo paese – come strumento di monitoraggio per andare incontro alle esigenze delle aziende con attenzione alla tutela dei diritti umani”. “Le mafie si combattano assieme, con un impegno congiunto tra imprese e società civile.
Sul sito dell’Anci Angela Gallo e Giuseppe Pellicanò riferiscono come il Ministero degli Esteri promuova, in questa direzione, la responsabilità sociale d’impresa e modelli di prevenzione della corruzione”, ha concluso Di Maio.
“Il vero elemento di rottura di questo progetto – ha evidenziato il procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Salvi – è che non nasce dai buoni sentimenti ma ha dietro di sé la forza del milione e mezzo di imprenditori iscritti alla Coldiretti che vogliono assumere legalmente e in condizioni eque e sicure. Accanto a loro – ha evidenziato – vi è la forza istituzionale degli 8 mila Comuni che con le esperienze già realizzate con i fondi del Pon Sicurezza potranno aiutarci ad affrontare le questioni centrali del trasporto e dell’alloggio dei lavoratori”.
“Il fenomeno del caporalato è strutturale nel sistema e va affrontato con una strategia di sistema. Bisogna intervenire non con misura singole o di breve periodo, ma con interventi di lungo respiro” ha osservato da parte sua l’ex magistrato Gian Carlo Caselli, che fa parte del comitato scientifico della Fondazione “Osservatorio Agromafie”. Per Caselli “la battaglia ingaggiata contro questo fenomeno ha certo fatto degli importanti passi in avanti con la nuova legge, ma ora bisogna fare qualcosa di più e di diverso, partendo dalle tre aree pilota. Se funziona lì potrebbe essere esteso altre aree per regolarizzare la presenza dei lavoratori rendendola più sicura anche rispetto alle esigenze dei datori di lavoro”.
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