W come Women

Ancora nel 2020 parliamo di disuguaglianza di genere; un argomento che avrebbe già dovuto essere superato ma che non lo è ancora. Ci sono studi importanti che rivelano come nel nostro Paese il tasso di partecipazione femminile al lavoro registrato nel 2018, pari al 56%, è il più basso tra i paesi dell’Unione Europea.  E sappiamo anche bene che le donne percepiscono salari nettamente inferiori agli uomini e hanno maggiore difficoltà nell’occupare posizioni di leadership.

E questo non accade solo  nel settore privato ma anche in quello pubblico. Eppure è comprovato che una maggior presenza delle donne, possa portare benefici importanti esattamente come si  è registrato negli Stati Uniti dal 1960 al 2010. In Italia, purtroppo, oltre 8 milioni di donne sono attualmente inattive. Eppure, una maggior partecipazione avrebbe risultati importanti anche perché – è un dato di fatto – le donne hanno livelli di istruzione più elevati rispetto agli uomini, con competenze e abilità spiccate.

Il percorso è ancora duro e in salita; se ci guardiamo indietro, nei secoli in cui l’umanità faceva le sue fondamentali scoperte che miglioravano la qualità della vita di tutti, alcune figure femminili fecero la differenza. Mi viene in mente Mary Wollstonecraft (1759-1797), scrittrice inglese che ha sostenuto i diritti delle donne, affermandosi come scrittrice professionista, qualcosa di quasi impensabile per le donne del diciottesimo secolo. A Vindication of the Rights of Woman, pubblicato nel 1792, è il primo testo riconosciuto della filosofia femminista, con una premessa molto chiara: le donne non sono naturalmente inferiori agli uomini (come creduto in quel momento), ma il gap è dovuto all’educazione ricevuta.

Oppure Flora Tristan (1803-1844), scrittrice e pensatrice francese di origine peruviana,  considerata una delle fondatrici del femminismo moderno. Il suo testo del 1846, L’emancipazione delle donne, fa avanzare il pensiero che le donne non dovrebbero essere inferiori agli uomini.

Elizabeth Cady Stanton (1815-1902) che insieme a Susan B. Anthony, è l’altro grande nome del suffragismo americano. È stata presidente della National Woman Suffrage Association per otto anni e autrice di due libri fondamentali nella storia del femminismo della fine del XIX secolo: The Woman’s Bible e la sua autobiografia.

Clara Zetkin (1857-1933) politica tedesca a cui dobbiamo la fondazione della Giornata della donna lavoratrice (successivamente Giornata internazionale della donna), che celebriamo ogni 8 marzo. E come non citare Margaret Sanger (1879-1966) la donna a cui dobbiamo il termine “controllo delle nascite”. Dedicò la sua vita a fornire educazione sessuale alle donne e, nel 1916, aprì la prima clinica per il controllo delle nascite. Fu arrestata ben otto volte a causa di ciò che all’epoca appariva scandaloso.

Ne abbiamo fatta di strada care ragazze; adesso esiste il W20 che  sta per Women 20, ed è un gruppo di interesse della società civile che ha come scopo quello di elaborare proposte di policy per i leader dei paesi membri del G20. Uno strumento straordinario che permette a donne esponenti della società civile dei paesi più industrializzati, di discutere e proporre importanti miglioramenti per la condizione femminile nel mondo del lavoro.

Insomma, ne abbiamo fatta di strada, appunto, ma ogni tanto voltiamoci indietro e diamo il giusto merito a quelle donne che prima di noi, in condizioni spesso rischiose, hanno creduto nell’uguaglianza di genere e hanno cominciato a fare la differenza.

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