Auspici per il 2014
Il 2013 non è certo stato tra i migliori della nostra storia repubblicana. Gli indicatori economici (salvo quelli dell’inflazione e delle esportazioni) sono andati in rosso e l’occupazione è drammaticamente scesa, specie al Sud e tra i giovani. Sul piano della politica, le cose non sono andate meglio: le elezioni di febbraio, per la prima volta dal 1946, non hanno dato una maggioranza, mettendo a rischio la governabilità. Dietro a questo disastro c’è stata una diffusa protesta, che si è manifestata con l’astensione o la fuga verso un movimento becero e populista che mira a conquistare il potere sulle macerie del Paese e delle sue istituzioni. Subito dopo, il caparbio tentativo bersaniano di rincorrere il nemico grillino e le penose vicende dell’elezione al Quirinale hanno dato tristi prove di scollamento e di insensibilità di fronte ai pericoli che il Paese correva.
Per un momento, tuttavia, tra aprile e maggio, le forze più responsabili sono apparse aver capito la gravità del rischio e, mettendo per un attimo da parte la loro reciproca avversione, hanno consentito la rielezione di Napolitano e il varo di un governo di coalizione, che hanno dato un po’ di fiato in una situazione caotica e apparentemente senza uscita. Appena passato il pericolo, però, sono tornate le solite risse, il solito incredibile autismo. Buona parte del PD non è riuscita a superare neppure per una momentanea convenienza la propria irosa avversione a Berlusconi. Questi, per parte sua, ha confermato la sua pericolosa volatilità. Nel giro di qualche mese ha dispettosamente cercato di far cadere lo stesso governo che aveva salutato come una sua vittoria e si è scagliato contro un Presidente della Repubblica dalla condotta impeccabile, a cui lui stesso aveva chiesto di accettare la rielezione. La sue condanne giudiziarie e la inevitabile decadenza non sono pagine allegre per chi abbia minimamente a cuore l’immagine del Paese e della sua classe dirigente, che vorrebbe sempre al sopra di ogni macchia o sospetto. Piú triste ancora è la reazione di Berlusconi, impropria in uno Stato di Diritto, ma che ha mostrato quanto poco conti per lui il bene del Paese di fronte alla sua salvezza personale e quanto lo motivi la sua sete di rivalsa. E quanto sia pronto, per questo, ad allearsi anche col demonio. Come è apparso evidente anche negli ultimi dibattiti parlamentari sulla legge di stabilità, quando Forza Italia, Lega e 5Stelle si sono ritrovati nella stessa trincea e tutta la destra è rimasta in un complice silenzio mentre la Presidente della Camera ed esponenti del PD e della maggioranza si levavano contro il turpiloquio grillino.
Eppure, verso la fine dell’anno qualche segno meno nero è cominciato ad apparire. Sul piano economico, qualche segnale, se non ancora di ripresa, almeno di inversione di tendenza. Sul piano politico, la coraggiosa rottura di NCD, che ha detto no allo sfascismo berlusconiano e – pur tra la gazzarra di chi ha accusato i transfughi di tradimento – ha garantito stabilità al Paese. A sinistra, l’accantonamento di una nomenklatura che le ha sbagliate tutte, e l’avvento di un’aria nuova. E qualcosa pare essersi messo in movimento sul piano delle necessarie riforme, almeno di quella elettorale, pur se non sono mancate le solite risse da pollaio.
È troppo poco, e troppo presto, per essere risolutamente ottimisti. Ma forse non per trarne qualche augurio per l’Italia e per gli italiani, che mostrano più tenuta – e contano infinitamente di più – dei vari nani e ballerine che occupano con arroganza la scena. L’augurio che i segni di ripresa si confermino e si consolidino, in modo da cambiare l’atmosfera di sfiducia che rischia di affondarci; l’augurio che l’opera costruttiva delle istituzioni e delle forze politiche più responsabili non vada dispersa; l’augurio che la classe politica trovi la capacità di abolire pratiche che gridano vendetta; l’augurio che sia varata una legge elettorale decente, che garantisca che un febbraio 2013 non si ripeta mai più; l’augurio che il Governo possa andare avanti, con mete più ambiziose, sulla base di un accordo programmatico tra le forze di maggioranza, come in Germania; l’augurio che anche il Cavaliere capisca che gli conviene comportarsi da statista responsabile, perché il bene d’Italia è, alla fine, anche il suo, dei suoi figli, delle sue aziende; l’augurio che, come sta avvenendo a sinistra, anche al centro-destra si formi un polo forte, responsabile, “europeo”, guidato da un leader che non abbia scheletri nell’armadio. L’augurio, insomma, che il 2014 sia un anno di stabilità e di progressi, non di avventurismi.
Poi, più in là, consolidata la nostra economia e con regole nuove, si torni pure a votare.
©Futuro Europa®
Un Commento
Carissimo Gianni, hai ragione in tutto. Purtroppo non spero che Berlusconi e Grillo sentano il minimo senso di responsabilità nei confronti del nostro Paese. A loro preme solo di fare audience e di crescere nei sondaggi in vista di eventuali nuove elezioni. Un abbraccio