Disuguaglianze nel XXI secolo
Al Forum di Davos 2019, Oxfam (Oxford Committee for Famine Relief, confederazione internazionale di 18 organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale) ha presentato il rapporto 2019 “Bene pubblico o ricchezza privata?”, sulla disuguaglianza nel mondo. Questo è stato assunto come documento ufficiale di lavoro dal Forum, i dati presentati sono sconfortanti, viene certificato come il 10% della popolazione più povera paghi proporzionalmente più tasse del 10% più ricco.
Per comprendere appieno cosa comportano questi numeri, si consideri che di diseguaglianza si muore, prendendo ad esempio il Brasile del neo Presidente Bolsonaro, le cui politiche di destra hanno accentuato le differenze, si vede come nelle aree più ricche di San Paolo del Brasile l’aspettativa di vita è di 79 anni, mentre in una delle più povere è di soli 54 anni, essere ‘poveri’ nel paese di Bolsonaro vuol dire vivere 25 anni in meno di vita. Sempre il rapporto Oxfam (confortato dai dati FMI e ONU) riporta che in Brasile il 5% della popolazione più ricca guadagna mensilmente la stessa cifra del restante 95%. La situazione a livello patrimoniale è ancora più indicativa. Sei Brasiliani possiedono la stessa ricchezza della metà più povera del paese (100 milioni di persone). del Brasile delle disuguaglianze sociali (l’Onu ha recentemente confermato l’ottavo peggior indice di sviluppo umano al mondo per il paese sudamericano).
Per quanto riguarda l’Italia risulta che il 5% più ricco possiede una quantità di ricchezza pari a quella del 90% più povero. E non solo: il 20% più ricco ha circa il 72% della ricchezza nazionale totale e il successivo 20% controlla il 15,6% della ricchezza, lasciando dunque al 60% più povero appena il 12,4% della ricchezza nazionale. Estendendo l’analisi al 10% degli italiani con il maggior patrimonio, si scopre inoltre che possiedono più di sette volte la ricchezza detenuta dalla metà più povera dei cittadini del nostro paese. L’indice Gini, messo a punto da uno statistico italiano del secolo scorso e adottato come standard mondiale di misura, indica che i paesi con minore disuguaglianza in Europa sono la Germania e alcuni paesi dell’est (Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca), con un valore compreso tra lo 0,25 e lo 0,30. L’Italia si trova al 52° posto con un coefficiente di 0,360; dietro Tagikistan e Burkina Faso, poco sopra l’Azerbaigian. Teniamo bene a mente che stiamo parlando non di ricchezza assoluta, ma di distribuzione della stessa nei vari strati della popolazione e delle differenze che questo implica rispetto le diverse classi sociali.
Il rapporto di Save The Children “Global Childhood”, su 176 nazioni analizzate mette il Nepal allo slot 134, la popolazione del paese himalayano è molto giovane, il 40% ha meno di 18 anni, ma appena il 53% delle ragazze maggiori di 15 anni sa leggere e scrivere e il 14% dei bambini in età scolare abbandona gli studi. Il 21% dei giovani è costretto a matrimoni infantili, il lavoro minorile incide per il 34%. Secondo lo studio ‘Eguaglianza e sviluppo ‘, curato dagli economisti della Banca Mondiale, la disuguaglianza sociale riduce la produttività e le potenzialità di crescita delle economie dei paesi Emergenti. Lo studio calcola che nei paesi in cui il reddito è ben distribuito, la crescita di un punto del Pil si traduce in una riduzione del 4% della povertà.
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