Coronavirus, la risposta sanitaria della UE
L’azione Europea per combattere il Coronavirus Covid19 segue due percorsi separati, l’aiuto economico (ne abbiamo parlato in un nostro articolo di ieri) e il contrasto sanitario. Dal punto di vista medico è competente l’Agenzia Europea “Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie”, che ha riportato la genesi della pandemia indicando l’inizio al il 31 dicembre 2019, data in cui un gruppo di casi di polmonite di eziologia sconosciuta è stato segnalato a Wuhan, nella provincia di Hubei, in Cina. Il 9 gennaio 2020, China CDC ha riportato un nuovo coronavirus come agente causale di questo focolaio, che è filogeneticamente nel clade SARS-CoV. La malattia ad essa associata è ora indicata come nuova coronavirus del 2019 (COVID-19, grave sindrome respiratoria acuta SARS-CoV-2).
Dal 31 dicembre 2019 e dal 14 marzo 2020 sono stati segnalati 143.247 casi di COVID-19 (in conformità con le definizioni dei casi applicati nei paesi interessati), inclusi 5.407 decessi. Le morti sono state riportate da China (3 194), Italy (1 268), Iran (514), Spain (121), France (79), South Korea (72), United States (47), Japan (21), United Kingdom (10), Iraq (9), International conveyance in Japan (7), Switzerland (7), Philippines (6), Germany (5), Netherlands (5), San Marino (5), Indonesia (4), Australia (3), Belgium (3), Algeria (2), Argentina (2), Egypt (2), India (2), Lebanon (2), Poland (2), Albania (1), Austria (1), Bulgaria (1), Canada (1), Ecuador (1), Greece (1), Guyana (1), Ireland (1), Luxembourg (1), Morocco (1), Norway (1), Panama (1), Sweden (1), Taiwan (1) and Thailand (1).
Si tratta di un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente identificato nell’uomo. I focolai di nuove infezioni virali tra le persone sono sempre fonte di preoccupazione per la salute pubblica, specialmente quando c’è poca conoscenza delle caratteristiche del virus, di come si diffonde tra le persone, di quanto gravi siano le infezioni risultanti e di come trattarle. La trasmissione da uomo a uomo è stata confermata, ma sono necessarie ulteriori informazioni per valutare la portata di questa modalità di trasmissione. La fonte dell’infezione non è nota e potrebbe essere ancora attiva. Vi è un numero crescente di casi in diversi paesi UE/SEE senza collegamenti epidemiologici per spiegare la fonte della trasmissione. In alcuni paesi, è stata segnalata una trasmissione all’interno degli ambienti sanitari che colpisce gli stessi operatori sanitari. La velocità con cui COVID-19 può causare epidemie nazionali invalidanti una volta stabilita la trasmissione all’interno della comunità indica che è probabile che in poche settimane o addirittura giorni, situazioni simili a quelle osservate in Cina e in Italia possano essere riscontrate in altri paesi UE/SEE paesi o nel Regno Unito, poiché un numero maggiore di paesi riporta prove di trasmissione della comunità.
L’evidenza dalle analisi dei casi fino ad oggi è che l’infezione da COVID-19 causa una malattia lieve (cioè non polmonite o polmonite lieve) in circa l’80% dei casi e nella maggior parte dei casi guarisce, il 14% sviluppa una malattia più grave e il 6% ha una malattia critica. Malattie gravi e decessi sono più comuni tra gli anziani e quelli con altre condizioni croniche sottostanti, con questi gruppi di rischio che rappresentano la maggior parte delle malattie gravi e dei decessi ad oggi. In caso di interruzione dei servizi sanitari, l’impatto potrebbe essere molto elevato. Oltre all’impatto sulla salute pubblica con esiti fatali sostanziali in gruppi ad alto rischio, i focolai di COVID-19 possono causare enormi perturbazioni economiche e sociali.
L’attenzione ai problemi economico-sociali generati dal Covid19 è massima presso la Commissione Europea, per supportare la politica sanitaria propone di estendere l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE includendo la crisi della sanità pubblica, al fine di mobilitarlo in caso di necessità per gli Stati membri più duramente colpiti. Nel 2020 sono disponibili fino a 800 milioni di EUR. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ha a disposizione fino a 175 milioni di EUR per mobilitare il sostegno a favore dei lavoratori licenziati e dei lavoratori autonomi. La Commissione propone di abbandonare quest’anno l’obbligo di chiedere agli Stati membri di rimborsare i prefinanziamenti non spesi per i fondi strutturali. Questo importo ammonta a circa 8 miliardi di EUR provenienti dal bilancio dell’UE, che gli Stati membri potranno utilizzare per integrare 29 miliardi di EUR di finanziamenti strutturali in tutta l’UE. Ciò aumenterà considerevolmente l’entità degli investimenti nel 2020 e contribuirà ad anticipare l’uso finora non assegnato di 40 miliardi di finanziamenti nell’ambito dei programmi della politica di coesione 2014-2020.
In aggiunta la Commissione propone di estendere l’ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell’UE includendo la crisi della sanità pubblica, al fine di mobilitarlo in caso di necessità per gli Stati membri più duramente colpiti. Nel 2020 sono disponibili fino a 800 milioni di EUR. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ha a disposizione fino a 175 milioni di EUR per mobilitare il sostegno a favore dei lavoratori licenziati e dei lavoratori autonomi.
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