Avvocati e Coronavirus, diritti in pericolo
La professione di Avvocato sembra da tempo non rientrare nel novero dei lavori autonomi degni di essere considerati tali, ed i giorni che stiamo vivendo lo hanno dimostrato in modo eclatante una volta di più nei provvedimenti emessi dal Governo, con conseguenze non solo per gli “Azzeccagarbugli”, ma anche dei cittadini. Nella prima fase nessuna considerazione o protezione nei nostri riguardi; adesso nessuna forma di tutela. Nelle more l’incertezza che si sarebbe riversata su tutti coloro che hanno in corso contenziosi, cause, processi. Le misure di cui si sta parlando e che potrebbero ancora essere varate, in assenza di ogni comunicazione ufficiale sul punto, appaiono del tutto inadeguate.
In un momento così straordinario, esistono ancora avvocati che devono recarsi in studio o in Tribunale, e lo fanno, oltre che per i loro onorari, per tutelare Diritti, e forse ciò a qualcuno sfugge o non lo vuole considerare.
Ma andiamo con ordine. Con l’emissione dei primi provvedimenti a seguito dell’emergenza, è emersa una assoluta noncuranza, in primis, del diritto alla salute nei nostri riguardi. Ogni decisione veniva rimessa al singolo Tribunale od al singolo Magistrato. E noi siamo stati trattati come “untori”. Abbiamo ancora negli occhi le scene di file e gruppi di avvocati in attesa del loro turno in udienza o cancelleria mentre giudici e cancellieri ci tenevano a debita distanza.
Ma se un atto lo può fare solo l’Ufficiale Giudiziario, come avremmo dovuto fare? Lasciarlo scadere o non andare in udienza e mettere in pericolo i diritti dei nostri assistiti? Che restano, tra l’altro, cittadini. Trattasi di un vulnus ad un diritto primario, se non fondamentale, di cui ora non si parla molto, poiché, medio tempore, veniva pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 8 marzo 2020 n. 11.
E qui, il secondo, annoso problema che affligge ancora tutta la categoria e i nostri clienti. Quando si applica la sospensione dei termini? Domanda che tutti credo ci siamo fatti almeno una volta al giorno e che ci poniamo tutt’ora. Credo che norma più oscura non sia mai stata emanata. Sospensione termini? Prescrizione? Rinvii? Comunicati e richieste di chiarimenti si susseguivano, lasciando noi nell’incertezza se si potevano fare o non fare determinate attività E null’altro mi permetto di dire, se non che il rispetto dei termini è, per noi, fondamentale.
Fioccano tutt’ora richieste in ogni dove di colleghi, cui la maggior parte risponde: “Nel dubbio, deposita, notifica, fai”. Ma è possibile farlo con uffici chiusi, assenza di personale, risposte via PEC che non giungono? Restiamo nel dubbio, ma dobbiamo fare di tutto affinché non venga avanzata, un domani, un’azione per responsabilità professionale nei nostri confronti. Perché l’assicurazione è obbligatoria e, di ovvietà, non di certo gratuita.
E circa la gratuità, si apre il terzo problema, forse il più sentito. La nostra Cassa ha rinviato tutti i pagamenti al 30 settembre, termine peraltro naturale per tutti gli adempimenti. E qui non aggiungo alcunché. Non tutelati neppure da chi per dovere istituzionale dovrebbe farlo. Vieppiù che la nostra Cassa è privata e sembra che nel decreto “Cura Italia” vengano erogati aiuti per tutti i lavoratori autonomi che versano soltanto all’INPS. Ancora una volta, mi chiedo il perché di tale discriminazione. Si torna, dunque, all’inizio, ove descrivevo la nostra Professione come non degna di essere considerata tale.
Ad abundantiam, ci chiediamo: se tutti gli adempimenti, i termini, le udienze, saranno davvero spostati, come potranno molti avvocati, e specialmente i più giovani, sopravvivere? Non sarà certo semplice in questo farsi pagare per le proprie prestazioni. Checché se ne dica nei luoghi comuni l’avvocato non lucra di più se la causa si allunga. Anzi.
Nel dubbio si vive, sempre in attesa delle istituzioni che sembrano sempre dimenticarsi di questa categoria e, più che altro, della funzione che svolge: tutelare diritti.
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