“Essere o non essere” per il dopo virus

“Essere o non essere” la domanda che Amleto pone all’inizio del celebre monologo, costellato di domande a sé stesso, che lo pongono di fronte a numerose alternative. Il Principe di Danimarca non riesce però a scegliere la risposta giusta, rimanendo nel dubbio e nell’indugio, con la sola certezza che il male sia una dimensione connaturata alla condizione umana. Questo era Shakespeare, di lui resta l’opera e, a noi, adesso resta la domanda a cui deve essere data una risposta. Una risposta che ognuno deve dare a sé stesso.

Nei giorni del Coronavirus possiamo cadere nei luoghi comuni, nella retorica e nel catastrofismo, nel prendersela con il destino piuttosto che con i cinesi o l’Europa o, come novelli Don Ferrante nei Promessi Sposi, con le stelle. Oppure potremmo usare questi giorni per qualcosa di positivo e propositivo per quando finirà un pessimo e inaspettato periodo che, inevitabilmente, segnerà tutti noi, come la società in cui dobbiamo continuare a vivere.

Tra le notizie e i numeri che si susseguono e rincorrono spiccano le fake news e i messaggi con toni allarmistici e speranzosi che, tutti, facciamo girare dai nostri cellulari e computer, riversandoli sulle pagine social. Leggerezza e irresponsabilità unite alla inevitabile noia possono causare danni talvolta irreparabili anche perché il vero problema non è quello, già grave, di chi le divulga, bensì quello di chi senza minimamente riflettere, le fa proprie e, di conseguenza si comporta in maniera ancora più irresponsabile. I divulgatori di fake dovrebbero essere sanzionati forse più di chi viola il divieto di uscire senza motivo dalla propria abitazione.

Ogni giorno i numeri sembrano un vero e proprio bollettino di guerra: attendiamo il numero dei nuovi contagiati, dei guariti e, purtroppo, quello di coloro che non ce l’hanno fatta, temendo sempre di trovarvi qualche nome conosciuto, come nella scena di Via col vento. E’ una guerra? Sì, lo ha detto anche Macron, ma già lo sapevamo. E’ una guerra contro un nemico invisibile, subdolo, misterioso che, però, sembra stia facendo una cosa strana: sta compattando un’alleanza trasversale di nemici. Per ora questa coalizione è formata sicuramente da medici, infermieri, operatori sanitari, ricercatori e volontari che si danno da fare per assistere i contagiati, cercare cure e un vaccino. Sembra che accanto a loro si stiano schierando anche alcuni politici. Sul punto aspettiamo nuovi sviluppi e notizie positive. Un’osservazione: è difficile che una guerra sia vinta da un unico esercito: sono necessarie le grandi coalizioni e, per questo tipo di guerre, le coalizioni devono essere organizzazione e strutture internazionali, trasversali, non litigiose. Forse l’occasione per riflettere sull’Europa e non solo; ma una riflessione che deve partire del presupposto che non ne possiamo fare a meno, e che l’epoca delle città stato e dei campanili deve essere definitivamente abbandonata. Isolarsi e costruire muri serve a proteggere, ma impedisce anche di portare all’interno quanto di positivo può esserci nel resto del mondo.

In guerra, però, accade anche una cosa strana su cui non sempre ci si sofferma, e questa è una statistica che dovrebbe far riflettere. In tempo di guerra cala drasticamente il tasso dei suicidi: in guerra ci si attacca ancora di più alla vita e, aggiungiamo, ci si deve preparare al dopoguerra, quel periodo che è sempre stato di crescita e positivo.

E allora che anche questo sia un momento per prepararci al dopo, iniziando ad essere positivi per noi stessi, e scegliere l’essere piuttosto che il non essere e, magari cominciare dalle piccole cose; come in quel libro di un generale dei marines che raccomandava di iniziare la giornata rifacendo il letto, per iniziare con un obiettivo da realizzare. Per parte nostra potremmo iniziare a non divulgare notizie senza averne accertata l’autenticità: a quanti sono arrivati messaggi o vocali che consigliano di usare solo un paio di scarpe, usare vitamina C invece che aspirina e viceversa, o mangiare arance. Le nostre nonne davano consigli migliori. Ma qualcosa possiamo provare a farlo, anche e, specialmente, se dobbiamo essere chiusi in casa. Gli uomini dovrebbero farsi la barba e le donne truccarsi. Sarà quello il modo di rispondere e prepararsi al dopoguerra.

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