ASEAN al tempo di Covid 19

Inizialmente lo scoppio della pandemia ha fatto emergere l’assenza di una risposta concertata da parte dell’ASEAN – Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico – che ha messo parzialmente in luce le falle degli stati membri verso l’integrazione e l’unità regionale.

A differenza che in Europa però l’ASEAN ha potuto attingere ad un serbatoio di meccanismi già esistenti e rodati dall’esperienza accumulata nella lotta alle epidemie precedenti, tra le quali la SARS. Nonostante ciò, la chiusura forzata delle frontiere, la limitazione dei viaggi e i lockdown hanno avuto luogo con tempistiche e modalità molto differenti tra i diversi paesi del Sudest asiatico.

Il Vietnam con un numero bassissimo di casi e di morti è considerato come il paese che ha risposto meglio all’emergenza virus. La strategia di contenimento adottata dal governo di Hanoi ha funzionato molto bene anche grazie al fatto che il paese si è da subito concentrato maggiormente, e celermente, sull’isolamento delle persone infette e sulla tracciabilità dei loro contatti. L’Indonesia, invece, è stata l’ultimo paese ad adottare misure più stringenti, in versione ‘soft’, limitandone l’applicazione più severa alla sola capitale Jakarta. La Thailandia, dal canto suo, ha reagito prontamente con la restrizione degli spostamenti interni e l’attuazione di un coprifuoco parziale, che a discapito delle critiche mosse contro il governo per le misure iniziali, hanno portato a risultati positivi rallentando efficacemente la diffusione del virus.

Anche dal punto di vista economico le risposte non sono state particolarmente omogenee. Singapore ha adottato un pacchetto economico di misure che equivale al 12% del PIL, la Thailandia intorno al 10%, mentre il governo malese ha optato per un pacchetto finanziario più vasto. I dati dell’Oms – Organizzazione mondiale della sanità – indicano di fatto che paesi con sistemi sanitari pubblici più forti, come Singapore e la Thailandia, hanno registrato una maggiore tenuta nella gestione dei casi necessitando di meno dispendio economico a supporto della sanità.

A livello regionale l’Asean ha poi approvato la creazione di un fondo regionale per rispondere alla crisi con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione trai i paesi e consolidare la coesione sociale interna. La paura di conseguenze economiche e sociali ancor più drammatiche ha portato tutta la regione verso una ritrovata spinta collaborativa, emersa in un Summit  Asean+3, con Cina, Corea del Sud e Giappone.

Infatti, secondo un rapporto di Oxfam, una perdita di reddito del 20% dettata dell’attuale crisi economica potrebbe spingere 60 milioni di persone in Asia in estrema povertà e altri 160 milioni a sopravvivere con meno di 3 dollari al giorno, vanificando così gli sforzi fatti negli ultimi anni, specialmente nel sud-est asiatico, per sollevare quante più persone possibili fuori dalla povertà.

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