Italia delle Regioni
Nella recente riunione della “cabina di regia Governo-Regioni-Enti locali” per l’emergenza Covid-19 “abbiamo posto al Governo alcune questioni relative alla ‘fase 2’, soprattutto perché riteniamo necessaria una condivisione fra l’esecutivo e le Regioni su come affrontare la fase della riapertura, in base ad indicazioni precise del comitato tecnico-scientifico e della task force diretta da Vittorio Colao”. Così Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha riassunto le conclusioni relative alla ripartenza dell’Italia dopo l’emergenza Coronavirus. Le questioni poste – ha precisato Bonaccini – riguardano essenzialmente 4 aree.
- Coordinamento delle fasi della “ripartenza” – Bisogna che siano adottate linee guida nazionali, previo accordo con le parti sociali, che fissino le regole di carattere generale per la riapertura secondo fasi ben precise e graduali, lasciando autonomia alle Regioni per contemplare le singole specificità regionali in ordine agli aspetti relativi ai dati geografici, economici e sociali. Definire modalità (dispositivi di protezione, test, app, ecc.) che devono essere omogenei su tutto il territorio nazionale per evitare confusione; valutare obbligo per tutta la popolazione dei dpi, anche prevedendone la diffusione presso la grande distribuzione organizzata, anche per calmierare i prezzi.
- Revisione dei tempi delle città – Bisogna graduare la riapertura delle attività lavorative e dei servizi delle città e riorganizzare la mobilità della popolazione, prevedendo l’adeguamento del trasporto pubblico locale per far fronte alle esigenze della riapertura. Occorre considerane – sottolinea il Presidente della Conferenza delle Regioni – la necessità di distanziamento, Dpi (dispostivi di protezione individuale), eventuale scaglionamento degli orari di lavoro, diversi flussi; da qui il maggiore costo economico a cui far fronte. E’ necessario posticipare, rispetto alla prima fase della riapertura, la mobilità extraregionale.
- Riavviare il motore economico del Paese – Si può prevedere a tale scopo – ha proseguito Bonaccini – la possibilità di riapertura, anche dal 27 aprile: – dei cantieri edili, in particolare quelli all’aperto; valutare una procedura semplificata per la ripresa immediata dei cantieri del terremoto attraverso norme in grado di far ripartire gli investimenti; – di alcune filiere produttive maggiormente esposte alla concorrenza internazionale, per evitare la sostituzione di tali quote di mercato a vantaggio dei competitor stranieri. Più in generale, bisogna poi superare la disciplina di apertura e chiusura delle attività produttive sulla base dei codici Ateco e del regime autorizzatorio delle prefetture; risulta preferibile prevedere una disciplina organizzata sulla pianificazione della riapertura di alcune filiere produttive – particolarmente rilevanti o maggiormente sicure – per il territorio e/o di settore, con la collaborazione di Regioni e Prefetture e la partecipazione delle rappresentanze delle parti sociali, delle Aziende Sanitarie e delle INAIL. Serviranno invece modalità omogenee, concordate e programmate, per una prossima e graduale riapertura degli esercizi di somministrazione al pubblico (bar e ristoranti). Così come emerge una necessità sempre più forte di programmare per le modalità e i tempi di riapertura delle attività turistiche. Infine, è necessario prevedere misure efficaci di sostegno allo smart working.
- Infanzia e scuola – Occorre affrontare le riaperture tenendo conto del sostegno all’infanzia, verificando soluzioni per la cura dei bambini in considerazione della chiusura di scuole, nidi e centri estivi. Possibilità di consentire, nel rispetto delle regole, una graduale ripresa della socialità dei bambini. C’è poi – ha concluso Bonaccini – la necessità di concordare col ministero dell’Istruzione progetti specifici per la riapertura delle scuole da definire in netto anticipo rispetto alle date che verranno fissate, per consentire appunto una adeguata programmazione di tutte le attività necessarie correlate”.
L’Associazione dei Comuni Italiani si e’ occupata di come far ripartire le iniziative culturali, nelle varie espressioni che vivono in maniera preponderante nelle nostre città, segnandone l’economia, alimentandone la vita e le relazioni sociali e naturalmente influenzandone la qualità della vita, l’attrattività per turisti, capitali e imprese.
Come riferito da Giuseppe Pellicano’ sul sito Anci, parte da questa considerazione l’appello firmato da 12 assessori alla Cultura di altrettante città italiane, che chiedono misure di sostegno al settore culturale provato dall’ emergenza coronavirus. A firmare l’appello, rilanciato dalle pagine del Corriere della Sera, sono gli assessori Luca Bergamo (Roma), Adham Darawsha (Palermo), Filippo Del Corno (Milano), Eleonora De Majo (Napoli), Barbara Grosso (Genova), Francesca Leon (Torino), Matteo Lepore (Bologna), Paola Mar (Venezia), Paolo Marasca (Ancona), Ines Pierucci (Bari), Paola Piroddi (Cagliari), Tommaso Sacchi (Firenze).
Il documento ricorda che l’offerta culturale nel nostro Paese si regge su 1,55 milioni di donne e uomini, che rappresentano oltre il 6 per cento del totale occupati: molti sono lavoratori con contratti atipici, partite Iva, freelance, prestatori d’ opera occasionale e a giornata. Sono stati loro i primi ad essere colpiti dalle misure di riduzione della socialità che si sono tradotti subito nell’azzeramento del reddito per centinaia di migliaia di persone.
Pertanto per salvaguardare il ruolo economico e sociale che la cultura svolge nelle città, soprattutto nei suoi territori più disagiati, occorre un forte intervento dello Stato, sia economico, sia normativo, a favore degli Enti locali. Il tutto partendo dal reintegro per un triennio della imposta di soggiorno, il cui utilizzo può essere destinato anche alle politiche culturali; così come dall’erogazione di un Fondo speciale da destinare ai Comuni su base triennale per la rinascita culturale; per finire con l’ampliamento dell’utilizzo di ArtBonus per sostenere anche le attività di produzione e diffusione culturale.
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