Turisti nei Villaggi globali

Non mentite a voi stessi. Qual è la prima cosa che fate, ogni mattino appena svegli? Qualcuno potrà provare a sostenere il contrario, ma anche se non fosse la prima, guardare il cellulare è una delle prime azioni quotidiane compiute dalla stragrande maggioranza dell’umanità. Chi lo fa per leggere le ultime notizie o verificare l’andamento delle borse, ma i più controllano le mail e i messaggi, se è cresciuto il numero dei like all’ultimo post o alla storia pubblicati; chi spia se il proprio fidanzato è rimasto sveglio tutta la notte o se i figli stanno bene.

Non dimentichiamo poi la schiera di chi manda il “buongiornissimo” a tutti i gruppi di cui fa parte: da quelli di Facebook alle chat di Whatsapp. Sembra siano pagati per partecipare ad una gara di velocità dove il premio è il kaffeissimo del mattino. E’ una nuova strana realtà nella quale ci siamo trovati catapultati quasi senza rendercene conto. Chi prima, a stento, dava il buongiorno a che gli era vicino, adesso non vede l’ora di darlo a milioni disconosciuti.

Sconosciuti. In molti di questi gruppi, magari anche di lavoro, si parla con non sappiamo chi: da qualcuno incontrato per caso una volta soltanto a un tifoso della nostra stessa squadra o un appassionato di auto d’epoca; chissà chi c’è realmente dall’altra parte dello schermo.

E’ un nuovo “non confine” della globalizzazione e di vivere in un mondo sempre più piccolo e a portata di mano; un mondo che, forse, era difficile da immaginare anche da Marshall McLuhan che, per primo, nel 1964 usò la locuzione “villaggio globale”. Voleva definire un nuovo mondo, già allora decentralizzato; più piccolo e a portata di mano rispetto a quello precedente in cui comunicazioni e informazione viaggiavano ad una velocità oggi inconcepibile per la lentezza. Era un mondo in cui si attendevano le notizie alla radio e alla TV, e si leggevano su giornali che uscivano anche in edizione pomeridiana. Oggi invece le notizie, magari anche fake, si susseguono a raffica nelle nostre tasche.

Era una dimensione locale, fatta di piccoli gesti quotidiani ma che venivano vissuti nella loro interezza. Una telefonata tra amici era un evento cercato e voluto. Oggi si lanciano messaggi in rete sperando che venga raccolto da qualche altro navigante. E’ pertanto normale che in un mondo sempre più interconnesso le persone abbiano mutato le dinamiche quotidiane, e non possiamo certo meravigliarcene o scandalizzarci: internet ed i cellulari hanno cambiato la nostra esistenza.

Quante aziende non comunicano turni su WhatsApp? Quante scuole non hanno la chat di classe, quella delle mamme, quella della gita e così via? E anche le famiglie che hanno la loro piccola chat.

Il mondo del lavoro è forse quello maggiormente toccato dal cambiamento: sono scomparse le segretarie che stenografavano e battevano a macchina e abbiamo segreterie virtuali ed è sufficiente sedersi al computer e, parlando in un microfono, vedere sullo schermo una mail che parte ed arriva in frazioni di secondo dall’altra parte dell’oceano. Il lavoro delle stenodattilografe non esiste più, così come la scuola dove imparavano a farlo, ma in compenso abbiamo creato figure quali l’influencer e del social media manager.

Prendiamone semplicemente atto, mentre leggiamo un articolo di giornale sul cellulare. Siamo in un nuovo villaggio globale e dobbiamo accettarne le regole: regole non scritte che possono cambiare quotidiano, alla stessa velocità a cui si evolvono tecnologie che non possiamo fare a meno di utilizzare. Non ne avremo altre se non le prossime. Tutto sta a non farsi travolgere e imparare a usarle, almeno per il poco che dureranno. A che velocità si evolvono i cellulari? Chi pensava che il floppy disk da 160 Kb fosse la soluzione ad ogni problema di spazio sui computer, quanto sarà rimasto sorpreso se avesse saputo che oggi può disporre di una pen drive da 64 Giga o un cloud infinito?

Ma in tutto ciò, probabilmente, l’unica riflessione su cui soffermarsi, è che per vivere in questo nuovo villaggio non abbiamo ricevuto le istruzioni per l’uso. Ci troviamo in un contesto forse inconcepibile anche nei romanzi di fantascienza ed il passato “vicino” sembra preistoria. I meno giovani sono probabilmente spaesati e cercano di adeguarsi al nuovo vivere senza subirlo; i più giovani, i nativi digitali sono sicuramente più a loro agio, ma non hanno la consapevolezza di come ci siamo arrivati. E questo può essere pericoloso, perché non si hanno memoria del passato. L’unica certezza è che questo luogo cambierà a breve, ma ci viviamo come turisti senza una guida e senza un manuale di istruzioni per l’uso; tutti in attesa del prossimo passo verso il futuro.

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