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L’OPERAZIONE #REVENGEGRAM DI ANONYMOUS ITALIA – L’annuncio è giunto attraverso un video lanciato in rete e piuttosto suggestivo, basato sulle immagini del celebre film “V per vendetta”. L’avviso che lanciava ai destinatari era chiaro: “Se non possiamo difendere le vittime di questi reati, state pur certi che le vendicheremo: stiamo venendo a prendervi!”.

La voce era dei membri di Anonymous Italia che, pochi giorni dopo aver promesso, come loro costume, hanno agito, mettendo in rete dati personali e screen di conversazioni di (presunti?) pedofili e navigatori che usano internet per cercare e scambiarsi materiale pedopornografico. Per precisione il reato genericamente definito pedopornografia, consiste nel produrre, divulgare, diffondere e pubblicizzare immagini o video con persone minorenni coinvolte in comportamenti sessualmente espliciti, concreti o simulati. Contando sulle possibilità di anonimato che ritenevano fossero garantite dalla rete, i soggetti che dagli screenshot e dalle immagini pubblicate sembrano veri e propri maniaci, agivano chiedendo esplicitamente scambi di foto; si fingevano altre persone per carpire la fiducia delle vittime o, ancora, pubblicavano foto di ex, nella ormai nota pratica del “revenge porn”

I membri di Anonymous e di LulzSec Italia, si definiscono “hacktivists”: termine che deriva dall’unione delle parole hacking e activism. Hanno un loro codice etico, volto a garantire la libertà di espressione e, pertanto, non sono soliti attaccare i mezzi di comunicazione. Le loro battaglie sono state spesso volte a sollevare le coscienze, sottolineando la mancanza di sicurezza in rete e, questa volta, nella loro prospettiva, hanno tutelato, vendicandole in anticipo tramite la diffusione dei dati dei loro aguzzini, le vittime di gravi reati che, quasi mai, possono difendersi.

Con questa operazione definita “Revenge Gram”, dopo alcune segnalazioni di utenti, Anonymous e LulzSec hanno pubblicato sui propri account Twitter nomi, cognomi, indirizzi, email, numeri di cellulare di chi partecipava attivamente alle chat. I commenti che si sono scatenati sono immaginabili.

La denuncia degli “hacktivists” rappresenterà sicuramente un punto di partenza per le indagini che sicuramente partiranno, al fine di individuare eventuali colpevoli; in ogni caso ciò che si legge in rete è a dir poco agghiacciante. Qualcuno vende foto di minori; c’è chi vuole “scambiare una tredicenne” e chi chiede “come posso stuprare mia figlia”. Qualcuno si trincera dietro falsi profili fingendosi un adolescente per adescarne di vere. Vi è persino un gruppo denominato “Stupriamo insieme”.

Di grande effetto i commenti di Anonymous che accompagnano i post: “Uhm… TIZIO, sicuro di avere 17 anni?” accompagnato dalla foto e telefono di chi si trincera dietro il profilo. E’ scattata anche la “caccia all’uomo”: c’è chi fa ricerche e aiuta e ringrazia Anomymous. I genitori sono, giustamente, impauriti ed allibiti; la maggior parte dei commenti e delle reazioni sono di plauso agli hacktivisti.

Sorge un interrogativo non solo sulla legittimità della diffusione in rete di questi dati, ma anche sulla possibilità che, all’esito di un processo, qualcuno dei soggetti sbattuti alla pubblica gogna risulti essere innocente. Dato atto che raramente questi gruppi hanno sbagliato, la presunzione di innocenza deve comunque prevalere e, non possiamo dimenticarlo, la pubblicazione di questi dati e foto potrebbe addirittura indurre qualcuno a farsi giustizia da solo. Non esiste una risposta, adesso, a queste domande. Tuttavia, è certo che già numerose vite sono state già rovinate; da entrambe le parti.

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

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