Addio memoria orale?
In Africa esiste ancora la figura del Griot. E’ uno storico, poeta e musicista il cui compito è quello di tenere viva la tradizione orale, quella di un popolo. Si trovano in Burkina Faso, Gambia, Costa d’Avorio e altri Stati dell’Africa Sub sahariana. Esistono almeno dal tredicesimo secolo e, da allora, narrano la storia di popoli e paesi, tramandando il passato. E’ merito del racconto di un griot che Halex Haley ha potuto ricostruire la storia del suo antenato, Kunta Kinte, deportato dall’Africa come schiavo negli Stati Uniti nel suo libro “Radici”.
E’ l’equivalente della figura del trovatore, che nel medioevo girava nelle città e nelle corti, raccontando le storie di Cavalieri e dame che, successivamente, sono entrate nelle pagine della Chanson de Geste. Sarebbero giunte a noi, e poi ad Ariosto per il suo Orlando Furioso, le storie di, Rinaldo, Angelica o di Carlo Magno e del Saracino, se non vi fosse stata una tradizione orale che, fuori dalle corti, narrava la storia? E’ vero, esistevano i libri, ma era un sapere limitato a pochissimi: basta pensare che lo stesso Carlo Magno era analfabeta come anche moltissimi nobili dei suoi tempi e non solo.
La stampa arrivò con Gutenberg nel 1455 e, fino a quando non divenne di uso comune, i libri erano ancora copiati a mano. Immaginabili errori di trascrizione, dimenticanze, correzioni, aggiunte. Inoltre i volumi che erano conservati solo in pochi luoghi eletti, non erano alla portata di tutti. Non era infatti necessario avere a disposizione il denaro per comprarli, ma saper leggere e scrivere. Privilegi di pochissimi all’epoca.
Ecco che era indispensabile l’attività di chi trasmetteva le notizie a voce: dai provvedimenti delle autorità alle notizie più importanti, come fece il greco Fidippide che corse da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria degli ateniesi sui persiani. Sempre in Grecia troviamo gli aedi, che narravano il passato e sono state probabilmente queste figure a mettere le basi perché Omero, o chi per lui, scrivesse l’Iliade e l’Odissea. A proposito: secondo la tradizione Omero era cieco, come venivano ritratti gli aedi, che vedevano attraverso gli occhi dell’anima.
La tradizione orale si era mantenuta anche in Italia, con i cantastorie che nelle piazze siciliane, mantenevano viva la memoria dei paladini con i loro cartelloni disegnati a mano dove, in ultimo, hanno narrato la storia di Salvatore Giuliano.
Questa figura non esiste più. Non è semplicemente anacronistica, ma molto peggio. E’ purtroppo diventata inutile e, insieme al cantastorie sembra sia morta la tradizione orale. E’ stata anche questa sostituita dalle macchine.
Quando è stata l’ultima volta che abbiamo sentito un nonno o una nonna dire al nipote piccolo “Se stai buono ti racconto una storia.” Adesso per far stare buono un bambino basta mettergli in mano un cellulare, un tablet, un telecomando. Era già finita con il diffondersi della TV la tradizione di raccontare storie. Qualcuno ricorda i volumi “Le novelle della Nonna” di Emma Perodi? Oggi invece abbiamo una bambina di due anni che con il cellulare della madre è stata in grado di acquistare un divano su Amazon.
La rete ha reso inutile e seppellita la tradizione orale e la memoria storica è ora affidata solo ed esclusivamente ai cloud e ai server. Probabilmente a chi ne ha il controllo. Non vogliamo arrivare, con questo, a pensare che sia divenuta realtà lo slogan del “Partito” che governava in 1984 di Orwell: “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato“. Ma la paura che sulla rete vi possano essere notizie controllate, è comunque reale. Ben lungi, però, da cedere a idee complottistiche. Oggi in rete, almeno questo, riusciamo a trovare di tutto: anche il falso più eclatante.
E tra notizie vere, fake clamorose e memoria storica, possiamo iniziare le nostre navigazioni alla ricerca di sapere qualcosa che, in passato, forse avremmo saputo solo attendendo il prossimo araldo o cantastorie sulla piazza del paese.
Ma tutto ciò porta anche alla certezza che niente potrà essere dimenticato dalla rete. Tutto ciò che noi, digitatori seriali, inseriamo su internet, vi resterà per sempre. Sicuramente già adesso sui social abbiamo veri e propri cimiteri di profili morti e siti abbandonati, come rovine di templi o case diroccate. La rete viene usata da troppi pochi anni e i suoi utilizzatori sono ancora quasi tutti vivi, ma tra qualche anno al posto della tradizione orale, avremo molta archeologia giuridica su cui riflettere.
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