Libertà di stampa in tempi di Covid 19
La Giornata internazionale per la libertà di stampa fu proclamata il 3 maggio del 1993 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dietro raccomandazione della Conferenza Generale dell’UNESCO. Il giorno fu scelto per ricordare il seminario dell’UNESCO per promuovere l’indipendenza e il pluralismo della stampa africana (Promoting an Independent and Pluralistic African Press) tenutosi dal 29 aprile al 3 maggio del 1991 a Windhoek (Namibia). Questo incontro portò alla redazione della Dichiarazione di Windhoek. Il documento è un’affermazione dei principi in difesa della libertà di stampa, del pluralismo e dell’indipendenza dei media come elementi fondamentali per la difesa della democrazia e il rispetto dei diritti umani. La Dichiarazione fa un richiamo esplicito all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo il quale stabilisce che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, tale diritto include la libertà di opinione senza interferenze e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza frontiere”. L’enunciato dell’ONU rispetto la libertà di stampa è uno splendido manifesto, ma abbiamo già visto come i diritti in generale siano stati compressi dall’emergenza Covid-19. La crisi del Coronavirus non ha risparmiato nessuno e gli effetti economici che ha prodotto nel tessuto sociale hanno acceso un campanello di allarme presso il Parlamento Europeo per i riflessi che può avere avverso la libertà di stampa.
Nella risoluzione del 17 aprile scorso del PE (Parlamento Europeo), approvata con 395 voti a favore, 171 contrari e 128 astensioni, fra i punti relativi all’emergenza pandemica, il PE ha sottolineato come la disinformazione su COVID-19 rappresenti un ulteriore problema. L’UE dovrebbe quindi istituire un canale di informazione europea per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso a informazioni accurate e verificate. I deputati hanno chiesto ai social media di adottare in modo proattivo le misure necessarie per fermare la disinformazione e i discorsi di odio legati al coronavirus.
Il crollo degli investimenti pubblicitari taglia le risorse agli organi d’informazione per combattere la diffusione di fake-news e dare un’informazione corretta e accurata, inoltre le testate potrebbero vedere la loro indipendenza messa a rischio causa della necessità economica. Il PE chiede dunque contributi e sostegno economico per garantire l’indipendenza e l’autorevolezza degli organi d’informazione e delle agenzie di comunicazione. Per far fronte alla situazione critica in cui versano i mezzi d’informazione, gli eurodeputati della Commissione per la cultura e l’istruzione hanno chiesto alla Commissione europea di valutare l’istituzione di un fondo di emergenza per i media e la stampa. A marzo 2020 l’Unione europea ha messo a disposizione 5,1 milioni di euro per finanziare progetti mirati a identificare e prevenire violazioni alla libertà di stampa, individuare rischi al pluralismo e sostenere inchieste transfrontaliere.
Secondo la classifica RSF (Reporters Sans Frontières) del 2020, l’Europa rimane il continente che meglio tutela la libertà di stampa, anche se si verificano casi come l’Ungheria, dove il primo ministro Viktor Orbán (il suo Paese è sceso al 89° posto), non solo ha ottenuto i pieni poteri per gestire l’emergenza, ma ha anche fatto approvare una legge, legata alle notizie diffuse in tema di coronavirus, con pene detentive fino a cinque anni per chi diffonde quelle che le autorità ritengono essere false informazioni. Nei paesi dell’UE la libertà di stampa è considerata per lo più “positiva” o “soddisfacente” dal rapporto, Finlandia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi continuano a registrare i punteggi migliori. Ma non bisogna scordare casi come Malta, dove Daphne Caruana Galizia è stata uccisa per aver descritto un sistema di riciclaggio di denaro sporco. Grave si è rivelato anche il caso della Slovacchia (nonostante il 33° posto), qui Ján Kuciak è stato assassinato per le sue inchieste che hanno fatto emergere sia le infiltrazioni della ‘ndrangheta che gli interessi criminali legati ai fondi europei per l’agricoltura. Non particolarmente positiva la posizione dell’Italia, che pur rimanendo nella zona ‘soddisfacente’ all’interno della classifica stilata da RSF, si ferma al 41° posto nel mondo (in calo del 1,29% rispetto il 2019), Ghana, Sud Africa, Burkina Faso, Botswana, sono solo alcuni dei paesi dove vi è una maggiore libertà di stampa rispetto all’Italia.
Rimane critica la situazione a livello mondiale, dopo le 80 vittime del 2018, sono stati 49 i giornalisti uccisi in tutto il mondo nel 2019, 14 solamente in America Latina, il numero più basso degli ultimi 16 anni. Aumentano invece i giornalisti in carcere: 389, il 12% in più rispetto allo scorso anno. Altri 57 sono tenuti in ostaggio. Il Messico è il Paese più pericoloso, con 10 giornalisti scomparsi in un anno. Le misure di emergenza prese da alcuni governi in risposta alla pandemia di COVID-19 hanno influenzato la posizione in classifica di certi paesi come Cina (confermata al 177° posto), Iran (sceso di 3 posizioni, al 173° posto) e Iraq (sceso di 6 posizioni al 162° posto), qui le autorità di Baghdad hanno revocato la licenza a Reuters per tre mesi dopo che ha pubblicato una storia in cui si analizzavano i dati ufficiali del coronavirus. Il Medio Oriente e il Nord Africa continuano ad essere le regioni del mondo più pericolose per i giornalisti, mentre la regione Asia-Pacifico ha registrato il più grande aumento di violazioni alla libertà di stampa con un incremento dei casi pari all’1,7%. Al momento RSF riporta l’uccisione di 11 giornalisti dall’inizio del 2020.
RSF pone l’accento sui cinque temi fondamentali per il futuro giornalistico dei prossimi 10 anni, dalla crisi politica dovuta alla sempre maggiore aggressività dei regimi autoritari; una crisi tecnologica causata dalla mancanza di garanzie democratiche; i problemi dati dalla caduta dell’indice di democrazia; la crisi di fiducia dovuta alle crescenti accuse verso i giornalisti da parte di partiti e movimenti che giocano sui sentimenti della gente e i bisogni economici che rendono più fragile l’indipendenza economica dell’informazione. Per venire all’Italia, l’Indice segnala circa 20 giornalisti italiani sotto protezione della polizia 24 ore su 24 a causa di gravi minacce o tentativi di omicidio da parte della mafia. Il livello di violenza contro i giornalisti continua a crescere, soprattutto a Roma e nella regione circostante, e nel sud.
Il peggior trattamento è riservato ai disegnatori satirici come sempre, l’Iran ha messo in carcere Masoud Heyraru e Hamid Haghjoo della Ilna Agency, colpevoli di avere diffuso sul canale di messaggistica Telegram, una serie di vignette satiriche, critiche nei confronti dell’establishment governativo e della discutibile gestione della crisi sanitaria. Stessa sorte è accaduta a Ismaeel el Bozor, arrestato a Gaza dall’autorità di Hamas per avere ironizzato nei confronti del tema isolamento/pandemia e delle blande modalità con cui il governo di Hamas aveva reagito al problema.
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