Lorenzo Balbi (MAMbo): un nuovo modello di museo
È direttore artistico del MAMbo-Museo d’Arte Moderna di Bologna dal 2017, data in cui ha assunto il ruolo di Responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei, alla quale afferiscono, oltre al MAMbo, Villa delle Rose, Museo Morandi, Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica e Residenza per artisti Sandra Natali.
Parliamo di Lorenzo Balbi (Torino, classe 1982, vive e lavora a Bologna) che dopo gli studi in Conservazione dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si specializza in Arte Contemporanea all’Università degli Studi di Torino. Dal 2006 al 2017 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, ha insegnato Metodologia della Curatela a Campo, corso per curatori, e si è occupato dell’organizzazione e dello sviluppo di progetti espositivi negli spazi dell’istituzione a Torino e a Guarene d’Alba, oltre alle rassegne espositive della Collezione Sandretto Re Rebaudengo all’estero.
È stato curatore e responsabile della Residenza per Giovani Curatori Stranieri per tre edizioni dal 2015 al 2017. Dal 2018 ha assunto la direzione artistica di ART CITY Bologna, rassegna di eventi espositivi in città promossa in occasione di Arte Fiera; è membro del consiglio direttivo di AMACI-Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e del coordinamento del Forum dell’Arte Contemporanea Italiana.
Tra le mostre recentemente curate: That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine (22 giugno 2018 – 6 gennaio 2019); Mika Rottenberg (31 gennaio – 19 maggio 2019); Julian Charrière. All we Ever Wanted Was Everything and Everywhere (9 giugno – 8 settembre 2019); Cesare Pietroiusti. Un certo numero di cose / A Certain Number of Things (4 ottobre 2019 – 6 gennaio 2020); AGAINandAGAINandAGAINand con opere di Ed Atkins, Luca Francesconi, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansson, Susan Philipsz, Cally Spooner, Apichatpong Weerasethakul (23 gennaio – 3 maggio 2020).
Il Forno del Pane perde il prefisso ‘Ex’, con questa scelta possiamo dire che volete soddisfare la fame di cultura dell’Italia e del mondo, per quanto possibile?
Il MAMbo rimane MAMbo, ma abbiamo deciso di sperimentare un nuovo modello di museo, elaborare una forma di risposta al desiderio di ripartire, anche per andare incontro alle richieste e alle urgenze riportate dalla comunità degli artisti e dei creativi. Si tratta di una categoria che al momento non è oggetto di aiuti o forme di salvaguardia e questa considerazione si è unita alla necessità di ripensare la programmazione ideata prima dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Avevamo in calendario attività e iniziative che, rispetto alle attuali condizioni, non potrebbero più essere organizzate nelle precedenti modalità né trovare compatibilità in termini di sostegno economico. A questo stato di necessità abbiamo pensato di reagire con la creazione di un’attività produttiva che è intrinseca alla stessa sede museale in cui verrà effettuata. I bolognesi conoscono questa struttura come ‘Forno del Pane’ poiché si tratta dell’edificio costruito tra il 1915 e il 1917, per volontà dell’allora sindaco Francesco Zanardi, come forno pubblico per la vendita di pane a prezzo calmierato durante la Prima Guerra Mondiale. Era un simbolo della volontà di resistere e ripartire e rifacendoci a questa sua anima originaria abbiamo inteso ridare vita alle ciminiere, che sono un tratto distintivo del profilo architettonico dell’edificio, sospendendo temporaneamente la programmazione espositiva per offrire uno spazio a sostegno della ricerca e della produzione da parte di artisti e creativi.
Come prenderà il via questo nuovo format al Forno del Pane?
Abbiamo appena lanciato una open call riservata ad artisti e creativi domiciliati a Bologna, non necessariamente nati qui o italiani, l’unico requisito richiesto è di essere basati sul territorio. Ne verranno selezionati 12 che avranno la possibilità di usufruire di uno spazio all’interno della Sala delle Ciminiere del MAMbo fino alla fine del 2020. Oltre a questa open call, abbiamo intenzione di attivare in altri spazi attigui dei laboratori che saranno fruibili da tutti coloro che hanno necessità di avvalersi di competenze e attrezzature adeguate per portare avanti la propria opera di ricerca o produzione artistica. Un altro aspetto fondamentale di questo progetto che vorrei evidenziare è la volontà di posizionare il museo come punto di incontro e raccordo tra la comunità creativa che si rivolge ad esso come punto di riferimento e le competenze presenti sul nostro territorio. Mi riferisco alle numerose istituzioni e associazioni che operano nel sistema culturale bolognese e che intendiamo coinvolgere nella realizzazione delle attività laboratoriali.
Ovviamente siete riusciti a coniugare tutte queste nuove attività con le stringenti norme introdotte per contrastare il Covid-19?
Non è stato semplice intervenire nella gestione della fruizione degli spazi espositivi con l’obbligo di allinearsi alle nuove misure organizzative che impongono ingressi contingentati nei musei. Stiamo peraltro ragionando su come rendere accessibile le iniziative che verranno svolta nei laboratori aperti alla partecipazione del pubblico e su come comunicarla attraverso il nostro sito web e i canali social. Abbiamo preso contatto con un’emittente radio di Bologna per confrontarci sulla possibilità di realizzare una trasmissione direttamente dall’interno del Forno del Pane per raccontare l’attività svolta. In sintesi, stiamo cercando di sviluppare il progetto utilizzando mezzi che non prevedano un contatto fisico, almeno fino a quando proseguirà questo stato emergenziale. Una volta che si dovessero allentare queste misure restrittive e sarà nuovamente possibile partecipare e vivere il museo in presenza, stiamo pensando a come attivare degli open studio con giornate dedicate alla presentazione al pubblico dei lavori prodotti.
Nel comunicato avete richiamato la riattivazione del Forno del Pane alla ricostruzione di Berlino dopo la caduta del muro, io che ricordo com’era l’edificio prima dell’intervento del Comune di Bologna trovo molto centrato questo parallelo.
Berlino dedicò degli spazi industriali agli artisti, e malgrado la differenza a livello di popolazione e contesto geografico rispetto alla città di Bologna, abbiamo trovato in comune la voglia di una città di ripartire creando opportunità per la propria comunità creativa. In questo modo si ridà centralità agli artisti e ai creativi del territorio.
Quindi per ora gli spazi espositivi rimangono interdetti al pubblico?
A partire dal 19 maggio le collezioni permanenti di MAMbo e Museo Morandi, situate al primo piano dell’edificio, sono tornate nuovamente visitabili, ovviamente nel rispetto delle misure di sicurezza predisposte per garantire la tutela della salute del pubblico. Gli spazi per le mostre estemporanee al piano terra verranno invece dedicate a questo nuovo progetto almeno fino al 2021, ma mi piace pensare al museo come un organismo vivo che reagisce e dimostra resilienza in un momento di emergenza. Per ora ci appare opportuno sospendere l’organizzazione di mostre temporanee e concentrarci su una forma di ingaggio più diretta con la comunità degli artisti. Vedremo in corso d’opera se e quando riprendere la programmazione espositiva, oppure affiancare le due attività spostando i laboratori in altri spazi. È sempre stata una mia idea ricorrente quella di progettare laboratori creativi in sede.
Il MAMbo è dotato anche di un Dipartimento educativo molto importante.
Il Dipartimento educativo è nato nel 1997 all’interno dell’ex Istituzione Galleria d’Arte Moderna di Bologna, quindi dieci anni prima della nascita del MAMbo, e da subito si è distinto come un’esperienza di eccellenza per la qualità dei servizi offerti nell’ambito dell’attività di educazione e mediazione culturale. Ancora oggi costituisce un fiore all’occhiello di cui siamo molto orgogliosi e il nuovo formato che abbiamo pensato per il museo avrà implicazioni dirette anche rispetto al suo ruolo. Pensiamo infatti a una proposta didattica non più incentrata sulle opere esposte, sulle mostre e sulla mediazione dei contenuti mostrati ma piuttosto orientata verso il processo di creazione e realizzazione delle opere artistiche. Quando potranno tornare fisicamente al museo, vorremmo offrire alle classi la possibilità di utilizzare i laboratori che stiamo preparando oppure organizzare iniziative con gli artisti presso gli istituti scolastici.
A supporto delle attività di allestimento, gestione e acquisizione di opere, oltre i contributi pubblici avete anche supporto da parte di privati, sponsor, fondazioni e Fondi Culturali Europei come il Creative?
Il MAMbo afferisce all’Istituzione Bologna Musei, il cui bilancio viene coperto per il 50% da finanziamenti del Comune di Bologna, mentre il restante 50% viene sostenuto attraverso varie linee di finanziamento, come sponsor e bandi europei e istituzionali. Inoltre si aggiungono le voci di entrata come l’affitto di spazi e la vendita dei biglietti, anche se quest’ultima voce, almeno per il 2020, prevedibilmente conoscerà una forte sofferenza. Durante l’ultima edizione di Arte Fiera, nel gennaio di quest’anno, è stato annunciato un ulteriore strumento di finanziamento specificamente rivolto al MAMbo, un Trust dedicato all’arte contemporanea a cui partecipano numerosi donatori, soprattutto privati, che si impegnano a fornire contributi annuali a sostegno delle attività del museo.
Chiedere dei vostri progetti futuri in questo momento di poche certezze è strano, ma avete in cantiere delle idee comunque per quando sarà possibile?
A gennaio avevamo presentato il programma espositivo annuale che l’emergenza Covid 19 pochi mesi dopo ci ha poi imposto di ripensare. Sono convinto che in questo momento non abbia senso ricominciare dallo stesso punto rimasto interrotto, piuttosto abbiamo in mente di recuperare le mostre previste nei tempi e modi che saranno possibile in base all’aggiornamento delle normative in materia. Si tratta di progetti a cui stavamo lavorando da molto tempo e che mi stanno molto a cuore dal punto di vista curatoriale.
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