Storia e Memoria, una convivenza complessa
Durante un convegno in Francia sulla Resistenza, dopo i relatori, prese la parola un anziano partigiano che disse “Io la resistenza l’ho fatta e non era così complicata come la raccontate voi”. E’ la non sottile differenza tra storia e memoria. Il partigiano, quasi certamente, aveva imbracciato un fucile per difendere sé stesso, la sua famiglia, forse anche la Patria. Lui è la Memoria, ma i relatori dovevano raccontare la Storia, qualcosa che esula dalla comprensione che ne possono avere i singoli che vivono, sulla loro pelle, i momenti ed il quotidiano. Omero non aveva certo assistito all’assedio di Troia, né Virgilio aveva navigato con Enea. Ma questa è letteratura. Dovremmo quindi muovere da Tucidide che, almeno lui, visse la Guerra del Peloponneso di cui scrisse la storia. Forse più un cronista si potrebbe obiettare, ma viene dato atto che fu uno dei primi autori a narrare oggettivamente e analizzare gli eventi senza riferimento a interventi divini.
Ed è questo il compito dello storico, quello della narrazione e dell’analisi del passato, prescindendo da valutazioni e interpretazioni che si lascino condizionare dalle memorie dei singoli e dalle emotività individuali. La storia è oggettiva, la memoria è soggettiva; diverso tuttavia quel concetto che fa riferimento alla memoria storica di eventi da ricordare quali possano essere, ad esempio, l’olocausto o lo sterminio dei nativi americani.
Ma, purtroppo, Storia e Memoria, per qualcuno dovrebbero essere concetti che muovono insieme e la seconda, sempre per qualcuno, dovrebbe addirittura essere a base della prima e se così non dovesse essere ecco pronte le accuse di revisionismo. Una prassi purtroppo nota specialmente a chi non riesce a tollerare idee opposte o analisi che muovono da un presupposto diverso dal loro. Tuttavia il revisionismo, non dovrebbe essere considerato una parolaccia quando si rivelasse un’accurata analisi della storia, mossa magari da nuove rivelazioni, scoperte di documenti o testimonianze oggettive.
Diverso ed aberrante il concetto di negazionismo, quando si giunge per ragioni addirittura demagogiche a negare gli eventi storici. E non parliamo solo nel non credere allo sbarco sulla luna. Abbiamo assistito addirittura in Francia a tentativi da parte di movimenti politici di chiedere correzioni nei libri di storia al parlamento. Ciò può accadere solo nelle peggiori dittature, dove si vieta la libertà di pensiero e il negazionismo può essere uno strumento in mano ai regimi per rafforzarsi. Saremmo in molti curiosi di leggere i testi di storia di una scuola elementare della Korea del Nord.
L’accusa di revisionismo è comunque spesso usata in maniera strumentale per sostenere oltre ogni ragionevolezza posizioni e idee. E’ quanto avvenuto nel caso di Giampaolo Pansa, il cui lavoro di storico è stato oggetto di critiche anche violente e quasi mai motivate se non su una base ideologica e faziosa.
Non è semplice per alcuni confrontarsi con la storia, specialmente quando si ritiene che sia sbagliata, ma se ne deve prendere atto e conoscerla, ripercorrere le vicende e gli episodi. Non conoscerla espone a rischi gravi: sembrano profetiche le parole di Indro Montanelli che avvertiva di come un paese che ignora il proprio ieri di cui non sa nulla, e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani. Perdere la memoria di ieri, sempre per seguire Montanelli e Ugo Ojetti, vuol dire non avere un domani. E far conoscere è compito della storia, che deve essere però compresa, magari contestualizzata prima di giudicarla. Paradossale anche solo pensare di dire “Se fossi vissuto in quell’epoca avrei scelto la parte opposta”. Dirlo oggi è facile a parole; decenni se non secoli dopo un evento. Ma aver vissuto quel momento particolare avrebbe condotto alle stesse scelte?
In questo senso lo storico ha il compito non proprio semplice di non farsi sopraffare da una memoria che si muova a senso unico, impedendo quell’analisi critica e le conseguenti valutazioni che possono portare ad un insegnamento distorto della storia specialmente alle giovani generazioni.
Le conseguenze? Probabilmente le abbiamo viste all’epoca di Weimar, quando venne facilmente diffusa dal movimento di Hitler una storia scritta nella prospettiva dei vinti alla ricerca di un colpevole della loro sconfitta. Venne creata una falsa memoria su cui far leva. Ed è un bene conoscere le vicende storiche perché quanto accaduto non si ripeta.
Ma allo stesso modo non si deve permettere alla Storia di essere limitata dal voler mantenere, o peggio ancora far prevalere, una determinata Memoria. E allora ben venga addirittura il revisionismo, quando è corretto e permette di meglio comprendere la Storia.
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