Senza rimpianti
Finalmente ci lasciamo dietro le spalle il 2013. E lo facciamo senza rimpianti. È stato un anno difficile, controverso, caratterizzato da alti e bassi, cose negative e positive, comunque connotato da una profonda incertezza da parte dei cittadini e da avvenimenti politici non indifferenti.
Elezioni anticipate, che hanno dato vita a un sistema sostanzialmente tripolare – Pd, Pdl, Movimento 5 Stelle – senza esprimere reali vincitori e vinti a causa del porcellum, costringendo il Parlamento a dare vita a una maggioranza Pd-Pdl assolutamente inimmaginabile nel corso della campagna elettorale. Riconferma, per la seconda volta, di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica, poiché le forze politiche in campo non hanno avuto alcuna capacità di esprimere altre candidature vincenti. Divaricazione della lista Monti, con l’uscita dei Popolari di Mario Mauro che con l’Udc hanno costituito gruppi autonomi al Senato e alla Camera che si riconoscono nel popolarismo europeo e quindi nel PPE. Rottura del Pdl, con la rievocazione di Forza Italia guidata da Berlusconi fuori dal Governo; la creazione di un nuovo partito, Nuovo Centrodestra, a sostegno del presidente del Consiglio Letta, facente capo ad Alfano e assolutamente antitetico a quello del Cavaliere. Tentativo, al momento fallito, della ricostruzione di un’unitaria destra italiana nella riscoperta del simbolo dell’ex Alleanza Nazionale senza Gianfranco Fini. Primarie e congresso del Pd, con l’elezione di Matteo Renzi a segretario del partito, in piena discontinuità con il passato comunista e post-comunista. Una saldatura populista in corso fra Forza Italia, Lega, Movimento 5 Stelle, per cavalcare le reazioni alla politica di rigore imposta dall’Ue. Il passaggio da un Governo tecnico a uno politico, con il consolidamento di una nuova generazione di personaggi che ha raggiunto la guida del Paese.
Le dimissioni di Papa Ratzinger e la conseguente elezione di un gesuita al seggio pontificio, Papa Francesco, sono stati un avvenimento inedito nella millenaria storia del Vaticano. Un Papa, quest’ultimo, che nella sua semplicità, ha iniziato un coraggioso processo di rivoluzione epocale della Chiesa, diventando un esempio di umiltà e concretezza che dovrebbe indicare la strada ai potenti della Terra e a tutti noi. La sentenza della Consulta, con la quale, definendo incostituzionale l’attuale legge elettorale, ha posto problemi di legittimità di tutto l’attuale Parlamento. Il crescente susseguirsi di manifestazioni di protesta che, sebbene non violente, indicano un diffuso malcontento dei cittadini ormai esasperati dalla crisi economica che li attanaglia. Il 2013, insomma, è stato un susseguirsi di avvenimenti che avrebbero destabilizzato qualsiasi altro Paese e che invece noi abbiamo saputo metabolizzare senza particolari traumi. Certo, ora toccherà al 2014 razionalizzare questo epocale mutamento del quadro politico italiano con atti di Governo, riforme istituzionali, ricomposizione di forze politiche al momento disarticolate, al fine di indicare una strada di ripresa al Paese.
A tutto ciò si aggiunga che il nuovo anno sarà denso di avvenimenti che riguarderanno l’Europa, il Nord dell’Africa e tutti i Paesi emergenti quali la Cina, l’India e il Brasile. L’Africa del Nord dovrà necessariamente portare a termine quel processo di democratizzazione avviatosi con le varie Primavere arabe, ma interrottosi a causa di scontri di potere tra le varie fazioni presenti sui singoli territori. Scontri, peraltro, spesso supportati da cinici interventi internazionali esterni a tutela d’interessi strategici a volte inconfessabili. Gli stessi interventi che si muovono anche nell’Ue sostenendo, sotto traccia, ogni forma di antieuropeismo di stampo populista per mettere in ginocchio il Vecchio Continente, pericoloso e temibile avversario nei cambiamenti geopolitici in atto, in favore di quei poteri che hanno dato vita al prevalere dell’economia, dei mercati, sulla politica.
Le elezioni europee saranno un indicatore inconfutabile per un percorso diverso dell’Unione e dei singoli Paesi che la compongono, pena la dissoluzione di quel sogno portato avanti dai Padri Fondatori De Gasperi, Schuman e Adenauer, che per decenni ha garantito stabilità, pace e benessere a tutti i cittadini del continente.
In Italia la possibilità di ripresa è invece legata a due fattori principali: un Governo forte, che abbia il coraggio di rompere schemi e abbattere rendite di posizione del tessuto corporativo che caratterizza la nostra società; un salto culturale dei cittadini che consenta loro di giudicare con obiettività, senza pregiudizi ideologici, la classe politica tramite i suoi atti. Quest’ultima, in particolare, deve dimostrare a breve la propria legittimità portando avanti valori, programmi, iniziative diverse dal recente passato. La mia generazione ha vissuto con entusiasmo un periodo della nostra storia caratterizzato dalla difesa della democrazia contro il totalitarismo comunista che aveva da noi il più forte e radicato partito. Con fatica, ma con determinazione, abbiamo vinto la battaglia dando vita a un Paese di democrazia occidentale che ha conosciuto anni di miracolo economico invidiatoci all’estero da tutti. Ciò grazie alle capacità dei nostri connazionali e a una classe dirigente più che autorevole.
La Seconda Repubblica, di stampo berlusconiano, ha lentamente disastrato il Paese ponendolo in una conflittualità permanente dentro, fuori e tra le istituzioni. Il tutto sottovalutando l’epocale crisi economica che, partita dagli Stati Uniti, si stava sviluppando in Europa e dunque da noi con le inevitabili conseguenze che tutti abbiamo conosciuto sulla nostra pelle. Sconfitto il berlusconismo, più che Berlusconi, a tutti noi spetta riprendere un cammino contraddistinto da certezze e idealità unendo nuove e vecchie generazioni con l’unico obiettivo di ridare autorevolezza all’Italia nel contesto europeo, di restituire fiducia ai cittadini verso la politica, di rilanciare l’economia quale presupposto per adeguate politiche del lavoro. Non dimenticando mai che è lo Stato a dover difendere i più deboli con interventi equilibrati tra pubblico e privato.
La presidenza italiana dell’Ue sarà la grande occasione che non potremo perdere. La Merkel incomincia a capire che il fallimento dell’Europa trascinerebbe nel baratro anche la stessa Germania; la Francia non nasconde più le sue difficoltà interne; altri Paesi lentamente prendono coscienza dei rischi insiti nell’immobilismo attuale delle istituzioni comunitarie. In questo quadro noi potremo giocare un ruolo trainante di rilancio complessivo dell’Ue. Spetterà agli elettori affidare tale compito a questa irripetibile opportunità.
Ci auguriamo peraltro che i nostri organi di informazione la smettano per un attimo di porre in rilievo solo le cose che non vanno, esasperandole per qualche percentuale di audience o di copie vendute in più. La carta stampata, in particolare, continui la sua insostituibile attività con maggiore obiettività, minimizzando le interpretazioni di fatti oggettivi secondo le collocazioni politiche delle singole testate. Giudizi antitetici su ogni questione hanno come conseguenza quella di non consentire a nessun cittadino di poter dire cosa ha capito degli atti compiuti dal Governo, quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi. Questo non fa bene a un Paese come il nostro che ha ancora voglia di riprendersi, di vincere quest’ennesima difficile battaglia impostaci dalla storia. Auguriamoci che tale volontà prevalga sul facile disfattismo. Anzi, impegniamoci perché sia così.
©Futuro Europa®
[NdR – L’autore dell’articolo è eurodeputato del PPE e vicepresidente della delegazione Popolari per l’Europa al Parlamento europeo]