Io sono Tempesta (Film, 2018)
Io sono Tempesta di Daniele Luchetti me l’ero perso al cinema, l’ho recuperato su Rai Movie, programmato grazie a un magazine settimanale dedicato al cinema italiano curato con competenza cinefila da Alberto Farina.
Il film racconta le vicissitudini dell’imprenditore privo di scrupoli Numa Tempesta (Giallini), diventato ricchissimo a suon di truffe e investimenti azzardati, che un giorno viene condannato a un anno di servizi sociali per frode fiscale. Tra le mura decrepite di una sorta di comune di poveri cristi si scontra con la dirigente Angela (Danco), integerrima quanto invasata, stringe amicizia con Bruno (Germano) e con il figlio Nicola (Gheghi), a suo modo riesce a interagire con gli altri assistiti, comprandoli con elargizioni di denaro, impartendo lezioni di finanza e coinvolgendoli in una serie di truffe. Inutile raccontare altro, perché il film vive di colpi di scena e di situazioni umoristiche, per fortuna frequenti, vista la natura grottesca di certe situazioni.
Se cercate la commedia all’italiana in questo Io sono Tempesta non la troverete, così come resterete delusi se avete appena visto una serie di garbate commedie francesi o di pellicole nordamericane indipendenti. Se, invece, vi accontentate di novanta minuti di spensieratezza e di risate a base di situazioni eccessive e improbabili, è il prodotto che fa per voi. Giallini e Germano sono due attori bravissimi, il primo istintivo e sempre uguale a sé stesso ma efficace, il secondo duttile e versatile, perfetto sia quando si cala nei panni di un giovane Leopardi come di un coatto romano. Bravo il giovanissimo Francesco Gheghi (figlio molto intelligente), convince meno la troppo impostata Eleonora Danco nei panni d’una direttrice tutta d’un pezzo che finisce per denunciare le tresche di Tempesta.
Ho cercato un significato, un messaggio sotteso al film, visto che stimo Luchetti – regista di scuola morettiana – e che reputo molti suoi lavori eccellenti (La scuola, Il portaborse, …). Non sono riuscito a trovarlo. Forse il regista ha voluto dipingere un quadro della società italiana contemporanea dove albergano corruzione e arrivismo, dove gli uomini d’affari privi di scrupoli la fanno sempre franca. Tra le righe intuiamo anche un abbozzo di rapporto padre-figlio, troppo caricaturale per essere credibile. Ho apprezzato la citazione di Shining nelle stanze del grande albergo-dimora di Tempesta, quando il bambino vaga per i corridoi guidando un’automobile giocattolo. Poco altro, a dire il vero, forse il riferimento al Quarto stato di Pellizza Da Volpedo e a Novecento di Bertoluccci in un ispirato ralenti dei diseredati. L’analogia Tempesta-Berlusconi fa sorridere per un attimo, poi basta, davvero non se ne può più di film che citano i guai giudiziari del Cavaliere.
Fotografia anonima di Luca Bigazzi, priva di uno stile, identica a quella vista troppe volte nei film italiani contemporanei. Sigla di testa imperdibile: Ho visto un re di Dario Fo, cantata da Enzo Jannacci. La colonna sonora di Crivelli è ottima. Un film da vedere, comunque, senza pretendere troppo. È cinema italiano, bellezza!
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Regia: Daniele Luchetti. Soggetto e Sceneggiatura: Daniele Luchetti, Sandro Petraglia, Giulia Calenda. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Mirco Garrone. Effetti Speciali: Fabio Traversari, Stefano Marinoni. Musiche: Carlo Crivelli. Scenografia: Paola Comencini. Costumi: Maria Rita Barbera. Produttori: Marco Chimenz, Giovanni Stabilini, Riccardo Tozzi. Produttore esecutivo: Massimo Di Rocco. Case di Produzione: Cattleya, Rai Cinema. Distribuzione: 01 Distribution. Durata: 97’. Genere: Commedia (?). Interpreti: Marco Giallini (Numa Tempesta), Elio Germano (Bruno), Francesco Gheghi (Nicola, il figlio di Bruno), Eleonora Danco (Angela), Jo Sung (Dimitri), Francesco Gheghi (Nicola), Carlo Bigini (padre di Numa), Marcello Fonte (Il Greco).
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]