Camera di Consiglio
DISINTERESSE VERSO I FIGLI? SI POSSONO CHIEDERE I DANNI AI GENITORI – Sembrerebbe il programma tv Forum, ma è giunta fino alla Corte di Cassazione la vicenda di un uomo, oramai quarantenne, che ha citato in giudizio il padre che aveva sempre rifiutato di avere rapporti con lui, per ottenere il risarcimento di tutti i danni sofferti durante tutta la sua esistenza, poiché il padre avrebbe violato gli obblighi genitoriali.
Pur infatti avendo sempre il padre versato il mantenimento, tra i doveri dei genitori verso i figli vi sono anche quelli di educarli, di essere presenti nello sviluppo della vita intima ed affettiva. La partecipazione alla vita dei figli rappresenta fattore di primario rilievo per la costituzione e lo sviluppo dell’equilibrio psicofisico dei medesimi. E tale diritto è considerato inviolabile, riconosciuto a livello costituzionale e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Nel caso in esame, il figlio aveva citato in giudizio il padre, ma sia in primo grado, che in appello, la sua richiesta non veniva accolta dai Giudici di merito. Se da un lato il danno patrimoniale veniva “coperto” dal mantenimento i danni non patrimoniali rivendicati dal figlio, quali quello esistenziale, morale e biologico, venivano esclusi poiché l’illecito non veniva ritenuto di carattere permanente, ed ogni diritto eventualmente tutelabile veniva considerato ormai prescritto, alla luce dell’età matura del figlio.
La Corte di Cassazione, invece, con una lunga motivazione, ha evidenziato come negli ultimi anni il concetto di famiglia si sia del tutto modificato: essa non è più un istituto pubblicistico, che non può essere oggetto di tutela risarcitoria, bensì il contrario. E’ oramai considerata un ambito in cui possono sussistere condotte contrarie alla legge, anche di rango costituzionale o sovranazionale e, dunque, suscettibili di risarcimento del danno.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il protratto abbandono dei figli da parte dei genitori andrebbe ad integrare un illecito endofamiliare di natura permanente: in altri termini la violazione dell’obbligo di assistenza genitoriale non ha investito un periodo limitato del tempo della vita del figlio, non un unico episodio, ma si è protratto per tutta la sua vita. Tale violazione ha inciso su un diritto costituzionalmente tutelato con conseguenze quindi anche sulla prescrizione del diritto medesimo.
Particolare aspetto della sentenza, la considerazione secondo cui il momento dal quale si possa far valere il proprio diritto è quello in cui il figlio vittima di abbandono, comprende di non aver più l’istintivo desiderio di avere un rapporto positivo con il genitore. Quando è capace di percepire la propria reale situazione, di fatto accettando l’abbandono come condotta illecita.
Dunque, ciò potrebbe accadere in ogni momento della vita del figlio abbandonato, anche in età matura: si dovrà, in ogni caso, provare l’esistenza di tali condizioni, ma questa sentenza potrebbe aprire spazi a contenziosi che fino ad ora inimmaginabili.
Ora, la Corte d’Appello competente dovrà decidere sulla quantificazione del danno.
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