ICOM, nuova visione e governance
Com’era prevedibile il Covid 19 – nel suo impatto sanitario, socioeconomico, produttivo, psicologico, che ha stravolto ogni aspetto della nostra vita e dei nostri sistemi organizzati – non poteva non avere conseguenze anche nel mondo della cultura, della comunicazione, dei Musei.
L’emergenza sanitaria diventa emergenza anche culturale che richiede di essere fronteggiata ma anche richiede che si trovino chiavi di volta per assicurare la ripartenza e la ripresa scongiurando un nuovo lockdown, ma non solo, che la cultura e i Musei diventano essi stessi veicolo di una ripresa della virulenza della diffusione epidemiologica. Problemi comunque annosi, che si trascinano da anni, ma con i quali, il Covid 19 ci ha costretto a confrontarci nostro malgrado.
Cosi come numerose sono le misure pianificate, ora suggerite, ora imposte dal Governo e dai soggetti competenti per prevenire una nuova ripresa dell’epidemia da Covid 19 e arginarla, cercando di sconfiggerla e consegnate a tutti i settori produttivi e a tutti i comparti sociali nelle settimane passate, abbiamo sentito parlare da varie parti e da vari interlocutori: ministri, critici d’arte, pensatori, sociologi, politici della possibilità di trasformare “l’esperienza del Covid ” il disastro e i danni che ci ha arrecato a livello nazionale e globale in un fattore di “scatto morale” che possa in qualche misura essere il propellente di una rivoluzione virtuosa che in qualche misura sconvolga una situazione cronicizzata in negativo a cui guardiamo con rassegnazione, invertendo l’andamento delle cose.
Abbiamo letto e ascoltato varie riflessioni in merito, alcune valide, ma alle quali dovrebbe far seguito una concretezza e concretizzazione, interventi che fino ad oggi sono mancati, restando, in genere, nel limbo delle buone intenzioni, nella “sfera del dover essere anziché in quella dell’essere”.
Dovremmo fare in modo che la situazione di grave emergenza e di crisi economica, politica e sociale che il Covid 19 ha causato e con cui siamo alle prese, diventi, a maggior ragione per i settori della cultura, dei Musei l’occasione, per una ripresa non solo economica nel nostro Paese. E, considerando la ricchezza di monumenti, opere d’arte, bellezze e ricchezze naturali e paesaggistiche di pregio riconosciutoci in tutto il mondo sarebbe un peccato farla andare sprecata, non coglierla, soprattutto in questa situazione di grave emergenza e crisi economica che stiamo vivendo. Una rivoluzione virtuosa dicevamo che implica una nuova “Visione” del Museo come quella proposta da ICOM, che sta vivendo un periodo di dimissioni a catena a causa delle divisioni interne che questa sta provocando.
ICOM (International Council of Museums – Organizzazione internazionale rappresentativa del settore dei Musei e dei suoi professionisti) passando dalla definizione attuale, che esso stesso stabilì nel 2007, nel corso della ventiduesima Assemblea generale e ha reso parte del proprio Statuto: “Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto” ha proposto nel corso dell’ultima Assemblea generale che si passi a un Museo che come dice lo stesso ICOM sia “uno spazio democratizzante, inclusivo e polifonico per il dialogo critico sul passato e sul futuro. Riconoscendo e affrontando i conflitti e le sfide del presente, conserva reperti ed esemplari in custodia per la società, salvaguardia ricordi diversi per le generazioni future e garantisce pari diritti e pari accesso al patrimonio per tutte le persone. I musei non sono a scopo di lucro. Sono partecipativi e trasparenti e lavorano in partnership attiva con e per le diverse comunità al fine di raccogliere, ricercare, interpretare, esporre e migliorare la comprensione del mondo, con l’obiettivo di contribuire alla dignità umana e alla giustizia sociale, all’uguaglianza globale e al benessere planetario”.
Si tratta di una trasformazione culturale e di approccio al Museo di portata rivoluzionaria e forse possiamo anche comprendere la bufera che si è scatenata all’interno dell’ICOM con le dimissioni della Presidente, Suay Aksoy, sostituita da Alberto Garlandini. Dimissione motivate da cause ignote ma da molti attribuite proprio al dibattito suscitato proprio dal mutamento di “Visione” del Museo approvata da ICOM. Dimissioni a cui sono seguite quelli di componenti del Comitato Esecutivo – Leontine Meijer van Mensche e Hilde Abreu de Utermohlen – e del presidente del Comitato Permanente per la definizione, le prospettive e i potenziali del Museo, Jette Sandahl e di numerosi membri sempre di quest’ultimo Comitato.
Visione ritenuta inadatta a definire il Museo. Iniziò, in questo modo, un dibattito interno all’ICOM nel corso dell’ultima Assemblea generale dell’Organizzazione, nello scorso settembre, in cui si optò di procrastinare la votazione definitiva consentendo alla “comunità museale di riflettere, discutere e confrontarsi” e sarà Alberto Garlandini che sarà chiamato a mediare tra le differenti posizioni nella sua Organizzazione.
L’intenzione è quella di avviare un dialogo costruttivo per “garantire un lavoro efficace”. L’Organizzazione ha espresso la volontà di “valutare se stessa, esaminando la propria storia nei processi decisionali e di metodo di lavoro con l’intenzione di attuare miglioramenti immediati”, coinvolgendo tutte le componenti dell’ICOM in una “discussione costruttiva per risolvere le questioni in corso”. Le decisioni prese saranno rese diffuse, stando a quando ha espressamente reso noto la stessa Organizzazione, nel corso di questo mese di luglio.
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