Le Olimpiadi del boicottaggio
Esattamente quaranta anni fa, il 19 luglio 1980, si inaugurarono le Olimpiadi di Mosca; molti le ricordano per l’oro di Mennea nei duecento metri e quello di Sara Simeoni nel salto in alto, ma l’Italia non partecipò con il tricolore né con l’inno nazionale, bensì sotto le insegne del CIO, come del resto altre nazioni. Accodandosi agli Stati Uniti, che alcuni mesi prima avevano deciso di non partecipare ai giochi se l’Unione Sovietica non avesse ritirato le proprie truppe dall’Afghanistan, altre 64 nazioni decisero di non partecipare.
Non erano le prime Olimpiadi boicottate: l’edizione precedente a Montreal 1976 aveva visto la mancata partecipazione di 27 nazioni africane, oltre all’Iran e alla Guyana a causa degli All Blacks, la squadra di rugby della Nuova Zelanda che aveva violato il boicottaggio sportivo totale decretato nei confronti del Sud Africa. Il mondo sportivo aveva infatti deciso di isolare la nazione in cui, all’epoca, vigeva l’apartheid, ma gli All Blacks aveva deciso di giocare contro alcune squadre formate esclusivamente da bianchi. Da questa vicenda la decisione di non partecipare ai Giochi di Montreal che vedevano tra le nazioni presenti proprio la Nuova Zelanda.
Ma quelle definite Olimpiadi del Boicottaggio furono quelle della successiva edizione di Mosca, La decisione degli Stati Uniti venne seguita da 64 paesi tra cui Canada, Germania Ovest, Norvegia, Giappone, Corea del Sud, Cile, Argentina, Israele e Cina. Boicottò le Olimpiadi anche il blocco delle nazioni arabe – tra cui l’Iran, nonostante le tensioni con gli Stati Uniti – in seguito alla condanna dell’invasione sovietica da parte dell’Organizzazione della cooperazione islamica e delle Nazioni Unite. Si aggiunse all’ultimo anche un 65esimo paese, la Liberia, che decise per il boicottaggio solo dopo aver partecipato alla cerimonia di apertura. Altre nazioni, tra cui Francia e Gran Bretagna, decisero come l’Italia di partecipare semplicemente sotto la bandiera olimpica. Anche questo può essere considerato una forma di protesta nei confronti dei padroni di casa per la loro aggressione all’Afghanistan. La decisione di Mosca di invadere il vicino nel giorno di Natale del 1979 era verosimilmente dovuta al timore di una forte espansione islamica verso i propri confini, ma la condanna mondiale fu unanime.
Chi ne fece le spese maggiori furono le Olimpiadi di Mosca che videro l’assenza di atleti prestigiosi come, ad esempio Edwin Moses, che aveva vinto la gara dei 400 ostacoli quattro anni prima a Montreal e si ripeté nell’edizione successiva di Los Angeles 1984. Difficile anche solo ipotizzare che avesse potuto perdere quella gara.
Il medagliere fu un trionfo, come era giusto aspettarsi, dell’URSS e della Germania dell’Est paesi in cui, peraltro, i gossip del doping di Stato mettevano in forte dubbio la veridicità delle prestazioni, così come in altri paesi dell’allora blocco sovietico. Ma se per l’URSS le dimensioni e la popolazione lasciavano almeno il beneficio del dubbio, per la Germania Est e altre nazioni come, ad esempio, la Cecoslovacchia, vi erano maggiori certezze dell’uso di sostanze dopanti per i propri atleti. Si trattava di una delle battaglie combattute nel più ampio scacchiere della Guerra Fredda, in cui anche i risultati individuali erano importanti. Tuttavia ne fecero le spese proprio alcuni atleti. E’ possibile citare il caso della allora discobola tedesca dell’est Heidi Krieger che oggi si chiama Andreas: a causa dell’uso di sostanze dopanti si è sottoposta all’operazione per il cambio sesso.
Il boicottaggio di Mosca 1980 venne seguito da quello di Los Angeles 1984 da parte di sedici nazioni, ad iniziare proprio dall’Unione Sovietica per presunti problemi di sicurezza dei propri atleti; in questa decisione Mosca venne seguita da quasi tutte le nazioni del proprio blocco; solo la Romania partecipò.
Mosca 1980 restano in ogni caso tra le olimpiadi più costose della storia. Immaginabile l’investimento che a livello anche di immagine e propaganda venne realizzato. Il ritorno a causa del boicottaggio, viceversa, le ha rese nel rapporto costi benefici, le più devastanti per un’economia nazionale.
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