La democrazia ferita
Il mondo libero assiste con impotente angoscia al dramma sanguinoso che viene svolgendosi in Bielorussia dove le ultime elezioni presidenziali hanno dato un risultato incredibile: l’80% dei voti all’autoritario Lukascenko, in carica da 26 anni, e meno del 20% alla candidata dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, che si presentava su una piattaforma liberale.
Il risultato, assurdo, è stato subito contestato da una gran parte della popolazione, che ha organizzato grandi manifestazioni di protesta nella capitale, Minsk, e in altri centri del paese. La protesta si spiega, non solo per l’arbitrario prolungamento di un governo corrotto e incompetente, che ha causato crisi economiche e pessima gestione della pandemia. Queste manifestazioni sono state represse dalla polizia di regime con sanguinaria brutalità, che a sua volta ha dato alimento alla protesta. Sono ancora previste altre nuove, grandi manifestazioni, accompagnate da scioperi di varie categorie di lavoratori. Ma Lukascenko non dà segno di cedere, minaccia di fare dei dimostranti “carne da cannone”, accusa misteriose cospirazioni straniere e ora, di fronte all’ampiezza della crisi, ha chiesto l’aiuto di Putin.
È presto per dire come risponderà il padrone della Russia, ma ci sono poche illusioni da farsi: Russia e Bielorussia hanno un’alleanza strategica e, anche se ha avuto difficoltà con Lukascenko che resiste a una maggiore integrazione tra i due paesi, ha la sua stessa insensibilità di fronte ai valori della democrazia, lo stesso disprezzo per l’opinione pubblica, la stessa tenace volontà di perpetuarsi nel potere, e non è affatto escluso che dia una mano anche militare all’amico (tra l’altro, senza dover temere serie conseguenze internazionali, data la profonda crisi americana).
Siamo purtroppo di fronte a un altro caso (come nel Venezuela) di una democrazia formale, violata nei suoi principi di base – alternanza nel potere e rispetto dell’opinione pubblica – da parte di veri dittatori che sono, in realtà, dietro al loro populismo, nemici dei propri popoli.
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