Empowerment donna

Il 1995 è stato un anno importante per le donne di tutto il mondo. A Pechino si svolse una Conferenza a dir poco epica durante la quale organizzazioni non governative, Chiese di vari credo insieme a molti capi di Stato si riunirono con lo scopo di far cadere muri, a volte cementati da diffidenza e anche da ostilità, che da sempre circondavano il mondo femminile. Questo evento fu fondamentale per portare alla luce e nella giusta dimensione gli aspetti della vita delle donne come la maternità, la conciliazione lavoro e famiglia e l’impegno sociale. E sicuramente sottolineò l’importanza di un dialogo continuo tra istituzioni, organizzazioni non governative e social.

Molto è cambiato da allora; intanto si è capito quanto fosse importante l’adozione di un nuovo linguaggio, della lotta a barriere stratificate come i pregiudizi e gli stereotipi. Quest’ultimi duri a morire, poiché ancora fanno parte di certi linguaggi convenzionali; mi viene in mente per esempio come spesso vengano presentate donne che ricoprono cariche importanti, partendo dal loro abito o dalla loro situazione coniugale.

Il risultato di questa Conferenza è che la Piattaforma d’Azione approvata durante i lavori è ancora il testo politico più rilevante e tuttora più consultato dalle donne di tutto il mondo. Dopo Pechino si cominciò ad avere una visione femminile della vita, furono analizzati i vari aspetti della vita quotidiana e lavorativa con prospettive diverse e questo ha generato l’uso di parole che sono entrate nel nostro vocabolario comune come “empowerment  femminile” e “prospettiva di genere”.

Alla Conferenza parteciparono 5.307 delegate e delegati ufficiali, oltre a 3.824 rappresentanti delle ONG. Erano inoltre presenti 3.200 operatori dei media e 4.041 giornalisti provenienti da 124 paesi. Di questi, 841 erano cinesi, 1.468 provenivano da 18 paesi asiatici, 1.210 dall’Europa e dall’Australia, 268 dall’Africa, 134 dai paesi del Medio Oriente e 829 dagli Stati Uniti e dal Canada. Contemporaneamente, al Forum delle ONG di Huairou partecipavano 31.000 donne, rappresentanti di più di 2.000 organizzazioni di 200 diversi paesi.

Adesso, guardandoci indietro ma con un occhio al futuro, credo si possa dire che molto si è fatto, che quello discusso a Pechino non è rimasto tutto sulla carta, anzi. Molto ancora da fare, molte ancora le difficoltà che le donne incontrano nella conciliazione famiglia-lavoro e nel fare carriera; per fortuna esistono organizzazioni della società civile che, sempre sul pezzo, portano avanti istanze per migliorare le condizioni e fanno monitoraggio che queste vengano accolte dalle istituzioni.

Il W20 Women 20, engagement group del G20 è una di queste; donne preparate che si riuniscono periodicamente, rappresentanti di 20 Paesi industrializzati che analizzano e propongono soluzioni per migliorare sempre di più la condizione femminile.

Importante il lavoro delle donne del W20, tutte appartenenti alla società civile, attrici di un monitoraggio continuo sull’evoluzione delle proposte in atto, dei disegni di legge e su tutto quanto interessi la condizione femminile. Più che mai in questo periodo di Covid che ha visto emergere prepotentemente le difficoltà della conciliazione e il ruolo fondamentale delle donne nella gestione della famiglia e delle persone più deboli, per non parlare del fatto che la maggioranza dei paramedici è donna.

In conclusione, il W20 è sempre attento e ricopre il fondamentale ruolo di raccordo tra la società civile e le istituzioni; i risultati si vedranno in un prossimo futuro, ma senza dubbio in questi ultimi 25 anni dopo Pechino si è arrivati a un dato di fatto incontestabile: tutti hanno capito quanto sia importante il ruolo della donna nella società intera; quanto sia importante che la donna possa lavorare in serenità e gestire una famiglia in contemporanea; quanto le donne, quelle davvero in gamba e ce ne sono tantissime, possano fare davvero la differenza.

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