Cronache dai Palazzi
Sono stati confermati per almeno altri tre anni, fino al 2024, il super-ecobonus e il super sismabonus, in pratica gli incentivi fiscali al 110 per cento che consentirebbero, di fatto, di ristrutturare la propria casa a costo zero, in particolare se si realizzano miglioramenti di efficienza energetica o di sicurezza antisismica. Attualmente le due misure introdotte dal governo con il decreto Rilancio scadono alla fine del 2021 ma “potrebbero essere estese per il periodo 2022-2024, con riserva di ulteriore proroga”. Tale estensione sarebbe possibile grazie al Recovery fund, il piano europeo di aiuti che per le suddette voci metterebbe a disposizione circa 30 miliardi di euro, anche se per ora si tratta solo di una proposta del ministero dello Sviluppo economico. A gennaio inoltre il governo presenterà a Bruxelles i progetti da finanziare con i 209 miliardi di euro messi a bilancio dalla Commissione europea e prima di allora alcune carte in tavola potrebbero cambiare. Ma i due maxi bonus suddetti sembrano essere dei punti fermi per il Ministero guidato da Stefano Patuanelli. Come si legge in una scheda di progetto “il periodo più ampio darebbe più stabilità ed efficacia anche alla misura già vigente e incoraggerebbe nuovi investimenti da parte degli operatori di mercato”. Si ipotizza anche una stima sugli effetti “con un tasso di intervento di circa l’1% l’anno della superficie complessivamente occupata”.
Nel medesimo documento vi è anche un capitolo dedicato alla “decarbonizzazione, al rilancio produttivo, sociale e territoriale” di Taranto, con “l’utilizzo dell’idrogeno in una prospettiva di medio-lungo termine” per le acciaierie ex Ilva. Decarbonizzazione e idrogeno non riguardano comunque solo la città pugliese in quanto il ministero prevede altri progetti per un valore di circa 4,5 miliardi di euro.
È inoltre previsto un piano sull’intelligenza artificiale nella produzione industriale e un progetto per stabilizzare l’utilizzo del blockchain, il regime digitale non modificabile, per registrare la tracciabilità dei prodotti made in Italy. Circa 350 milioni di euro dovrebbero invece servire per realizzare il deposito unico per i rifiuti radioattivi, un progetto indigesto a molti Comuni. Ed ancora incentivi per il reshoring, il ritorno in Italia delle aziende che hanno scelto di delocalizzare la produzione trasferendo le loro sedi all’estero, e anche nuove risorse per la liquidità delle imprese grazie alla creazione di una banca pubblica degli investimenti. Si tratta di riforme per ora solo sulla carta ma, se attuate, garantiranno di certo un aumento del Prodotto interno lordo. Secondo la Banca d’Italia, se l’intero Recovery fund venisse attuato senza inefficienze si potrebbe prevedere un “aumento cumulato del livello del Pil di circa 3 punti percentuali entro il 2025”.
Per la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, il futuro dipende dalla rete unica e dal cloud. “L’infrastruttura a sostegno dell’innovazione però non riguarda solo la connettività”, precisa Pisano, nonostante la connettività rappresenti una risorsa fondamentale per rendere più attrattive le imprese italiane. La partita della competitività si gioca prima di tutto con le “competenze” e poi vi sono “tecnologie alla base dello sviluppo dei servizi digitali: il cloud computing (la nuvola nella quale vengono conservati e analizzati i dati), e le altre tecnologie utili per aumentare la capacità di calcolo e ridurre il tempo di latenza delle risposte, come high performance computing, il 5G, l’edge computing, l’hyper-scale computing. Su queste tecnologie, che già esistono, ci giochiamo la partita”, afferma la ministra Pisano intervistata dal Corriere della Sera.
“Nel nostro Paese esiste un’economia di mercato e i privati hanno un ruolo essenziale. In un campo strategico come quello della rete la funzione di indirizzo dello Stato non richiede certo di fare a meno di privati”, puntualizza la ministra dell’Innovazione. Per di più “lo Stato dovrà assicurare che il complesso dell’operazione sia nell’interesse della collettività e della competitività dell’intero Paese”.
Sono quattro i campi strategici del Dipartimento per l’Innovazione: 1) infrastrutture e sicurezza; 2) dati e interoperabilità; 3) servizi digitali e piattaforma; 4) competenze digitali e innovazione. Tutto ciò è contenuto nel decreto “Semplificazione e Innovazione digitale” approvato da Palazzo Madama e passato poi a Montecitorio per essere convertito in legge.
Nel frattempo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato il Dl semplificazioni mettendo in risalto alcune osservazioni in una lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio. Nella missiva il capo dello Stato sottolinea come “diverse disposizioni” non siano riconducibili alle finalità originarie, ad esempio la modifica di quindici articoli del Codice della strada. Pertanto invita Palazzo Chigi “a vigilare affinché nel corso dell’esame parlamentare dei decreti legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all’oggetto e alle finalità dei provvedimenti d’urgenza”. Infine espone “al Parlamento l’esigenza di operare in modo che l’attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale”. Il presidente Mattarella ha comunque ribadito che “il decreto-legge intende corrispondere alla duplice esigenza di agevolare gli investimenti e la realizzazione delle infrastrutture attraverso una serie di semplificazioni procedurali”.
Per quanto riguarda la riapertura delle scuole siamo ormai agli sgoccioli. Il tanto atteso 14 settembre è alle porte. Il presidente dell’associazione presidi, Antonello Giannelli, ha sollevato però diverse criticità tra cui la carenza di aule, “mancano 5 mila aule” – afferma Giannelli – e “almeno 2,2 milioni di banchi”. È evidente che “il 14 settembre non è una data che tutti potranno rispettare”, ha ammonito Giannelli.
Dei 2,4 milioni di banchi previsti dalla gara europea sarebbero giunti a destinazione poco più di 100 mila e il commissario Arcuri assicura che i banchi mancanti arriveranno entro la fine di ottobre, penalizzando però il rientro a scuola di molti studenti. Mancano anche i professori, tantoché i supplenti potrebbero arrivare a quota 200 mila. Sarebbero inoltre circa 60 mila le cattedre non assegnate sulle 84 mila previste.
Migliaia di studenti rischiano di non avere docenti in cattedra anche perché dei circa 500 mila tra docenti e non docenti che hanno svolto il test sierologico il 2,6 % (circa 13 mila) è risultato positivo e non potrà tornare sul posto di lavoro fino a quando il tampone non risulterà negativo. I genitori che avranno figli in quarantena, invece, potranno lavorare in modalità smart working o richiedere il congedo parentale: “Lo abbiamo previsto nell’ultimo decreto che a breve verrà pubblicato in Gazzetta ufficiale”, ha spiegato il premier Conte in conferenza stampa.
Per quanto riguarda le mascherine sono esentati i bambini fino a sei anni ma gli altri dovranno indossarle anche in classe, soprattutto nel caso in cui non sia garantita la distanza di sicurezza. Fino ad ora le scuole sembrano aver ricevuto circa 41 milioni di mascherine e entro lunedì 14 settembre ne verranno consegnati altri 77 milioni. Dal 14 in poi ne verranno fornite circa 11 milioni al giorno. Come verranno distribuite dipende però dalle regole e dall’organizzazione di ogni singolo istituto, tra l’altro non potranno di certo essere distribuite all’ingresso per evitare eventuali assembramenti. Gli studenti dovranno quindi avere necessariamente una mascherina personale per entrare in classe.
©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione